venerdì 31 gennaio 2025

Maxi Dylan Dog n. 4 - Il cristallo arcobaleno

 

Il miliardario William Woods, la curatrice fallimentare Stella Jones, il pittore Kean... tutti perseguitati da una sfortuna cosmica non appena hanno messo le mani sul cristallo Arcobaleno. Ma se la pietra è così letale, perché frotte di indù sono alla sua ricerca? E per chi lavora il cinico detective Nash, incaricato anche lui del recupero del misterioso oggetto? A Dylan tocca, naturalmente, il compito di far luce sui molti "perché" di quello che sembra un noir d'annata…

Mignacco frulla spy story, commedia, hard boiled, Kipling e chi più ne ha più ne metta, in una sceneggiatura forse concepita per un altro eroe bonelliano (un Martin Mystère a caso) ma a mio avviso totalmente inadatta a Dylan Dog. Non basta certo il ritorno del Sig. Shing, apparso per la prima volta nel ben più riuscito Il sogno della tigre (sempre firmato Mignacco), a riportarci alle atmosfere tipiche della serie dell’indagatore dell’incubo. L’idea dell’oggetto porta jella, o forse no, a chi lo possiede, passando di mano in mano, non brilla certo per originalità, ma se la racconti bene, in salsa horror e con la giusta ironia, funziona sempre. Qui difetta, anzi è totalmente assente, il primo componente. L’ironia invece c’è, a cominciare dai personaggi volutamente stereotipati (Emmet Nash su tutti, che lo stesso Dylan definisce “un concentrato di luoghi comuni”), ed è chiaro l'intento dell'autore di strappare qualche risata. E’ però un’ironia “forzata”, che forse avrebbe potuto funzionare su un Grouchino, ma non in albo di Dylan Dog. A proposito di Dylan, in questa storia è mostrato come un “provolone” inarrestabile, ci prova con tutte senza ritegno e senza pudore (vedasi la battuta sui sedili ribaltabili a pag. 12 o 24° tavola). Disegni del dinamico duo M&G poco incisivi, tranne quando devono raffigurare le strabordanti forme delle procaci Geena e Lady Astor. Un plauso al lettering della sempre bravissima Diana Rocchi costretta a disimpegnarsi anche con il sanscrito!

Un lettore occasionale, che poi era il target di riferimento del Maxi estivo nella sua versione originaria, potrà anche trovarla divertente, non ne dubito. Io l’ho trovata un pasticcio ben poco riuscito.

Curiosità: Viene citato Il Falcone Maltese (The Maltese Falcon, 1941), film di John Huston con Humphrey Bogart e Peter Lorre.

BODYCOUNT: 3

TIMBRATURA: Geena, ma fuoricampo, quindi non conta.

CITAZIONE: “Voi non ne sapevate nulla, eppure il cristallo ha cambiato la vostra vita”.

VOTO: 4

Soggetto: Mignacco (13)

Sceneggiatura: Mignacco (15)

Disegni: Montanari & Grassani (39)


giovedì 30 gennaio 2025

Maxi Dylan Dog n. 4 - L'esodo

 

Un tempo, Al Jone è stato famoso. In fondo, chi viene colpito da un fulmine, nella maggior parte dei casi, si limita a restare carbonizzato, ma lui no: si è trasformato in una sorta di accumulatore vivente, una curiosità scientifica, un eroe da luna-park. Ora Al Jone ha cominciato a captare, tra le tante forme di energia, anche le voci dei morti… e altre, dalle profondità siderali, che lo stanno chiamando. Deve recarsi nel luogo prescelto per l'appuntamento, ma non è l'unico ad aver ricevuto la "chiamata"… Un gruppo di sconfitti dalla vita, un'umanità marginale, si mette in cammino verso la sua stessa meta, e al loro fianco marcia Dylan Dog, per proteggerli da chi non vuole che l'Esodo si compia…

Quando su Dylan Dog si parla di alieni e incontri ravvicinati non si può fare a meno di tirare in ballo la “trilogia ufologica” che lo stesso Sclavi aveva da poco citato nel n. 176, Il Progetto. Non si esime neppure Paola Barbato che richiama espressamente i nn. 131 e 136, nominando il generale Scott e riportando in scena l’odioso personaggio del colonnello Blackett. Questa si rivela però presto una delle storie meno riuscite dell’autrice, solitamente bravissima a intessere trame complesse. L’esodo ha invece un plot fin troppo lineare, a tratti semplicistico per come vengono delineati i buoni e i cattivi della situazione, in particolare i militari che non brillano né per intelligenza né per discrezione. Dylan, oltre che clamorosamente ignorante in geografia, appare come un personaggio quasi secondario rispetto alla gesta di Al Jones il "cavaliere elettrico", che prende il soprannome (e nient’altro, anche se pure lì i protagonisti cercano di sfuggire a posti di blocco) dal film del 1979 di Sidney Pollack. La presenza dell’indagatore dell’incubo in quest'avventura on the road è giustificata solo dal motto (non viene pronunciato ma il succo è quello) "I want to believe" di sclaviana memoria, mutuato ovviamente da X-Files. Non è scritta male, ma non prende. Colpa mia forse, eppure un soggetto così, un po’ in stile Stephen King, aveva delle potenzialità che restano inespresse. Non aiutano a entrate in sintonia con la storia neppure i disegni di Montanari & Grassani, sicuramente funzionali, ma poco adatti a conferire quell’epicità che la migrazione dei “chiamati” avrebbe meritato. Ci riesce almeno la bella copertina di Stano, dedicata alla scena dell’apertura delle acque che rende giustizia anche al titolo “biblico”.

Curiosità: (1) Se non sbaglio non si era mai vista prima la cantina di casa Dog. (2) Il galeone va in pezzi per l’ennesima volta. Capitava spesso, anche di recente (vedasi Il seme della follia). (3) Tra gli albi del passato citati in questa storia c’è anche il n. 106 Larivolta delle macchine.

BODYCOUNT: 1

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “I cavalieri non hanno paura dei fulmini”.

VOTO: 5

Soggetto: Barbato (9)

Sceneggiatura: Barbato (8)

Disegni: Montanari & Grassani (38)


mercoledì 29 gennaio 2025

Dylan Dog #177 - Il discepolo

 

Non sempre è consigliabile rimettersi alla saggezza dei vecchi. Se non ci credete, provate a chiederlo a Dave Nolan. Sua madre, Helena, fa da governante a un anziano signore, Conrad Rathbone, solo e malato. Ma che sia anche indifeso, beh, questo è tutto da vedere! Dave da un lato, Dylan dall'altro, non tarderanno a scoprire come il vecchio Rathbone sia un'autentica miniera di sorprese.

Dopo l’esordio a fari spenti avvenuto un paio di anni prima con Sotto il vestito troppo, l’ultimo Grouchino allegato agli speciali, arriva il momento per Tito Faraci di debuttare anche sulla serie regolare.  Lo fa con una storia discreta che prende dichiaratamente spunto dal bellissimo racconto Apt Pupil (tradotto da noi come Un ragazzo sveglio) di Stephen King e dalla sua omonima trasposizione cinematografica firmata nel 1998 da Bryan Singer, da noi intitolata L'Allievo, con l'ottimo Ian McKellen nei panni dell'ex criminale nazista. L’idea del serial killer che asporta arti dalle proprie vittime per assemblare un corpo fatto con pezzi di cadaveri, peraltro poco significativa nell’economia dell’albo se non per la testa che l’assassino vorrebbe prelevare, deriva probabilmente dal thriller Resurrection (1999, Russel Mulcahy). La storia funziona perché Faraci sceglie toni faceti, mantenendo una certa ironia di fondo, senza prendersi mai davvero sul serio neanche nelle sequenze più “nere”. In tal senso corretta si rivela la scelta di Saudelli come disegnatore il cui inconfondibile stile si sposa perfettamente con l’atmosfera che permea la vicenda. I suoi disegni risultano un po’ più spigolosi e meno accattivanti rispetto alle sue prove precedenti, ma restano indubbiamente un bel vedere. A proposito di ironia, ritroviamo qui un Groucho in forma smagliante. D’altronde a livello di humour, Faraci si è sempre difeso alla grande. Dove la storia difetta è nell’assenza quasi totale di splatter, ormai quasi divenuta cronica ai tempi esclusa la libertà concessa a Sclavi in Per un pugno di sterline. Gli omicidi avvengono praticamente tutti fuori campo, le amputazioni dei cadaveri (di quelli che si vedono almeno) risultano un po’ nascoste e a parte i cimeli del killer a pag. 83 resta davvero poca roba. Peccato perché la sceneggiatura era perfettamente apparecchiata per un festival di gore e smembramenti assortiti (magari in salsa ludica come ai vecchi tempi) che però restano lettera morta, non trovando espressione materiale nelle tavole. Almeno si rialzano gli scudi contro chi pensa che fumetti e film horror travino le menti dei giovani. E si vede un po' di nudo. Molto bella la copertina di Stano, colorazione compresa.

Curiosità: Ritroviamo ancora Dylan alle prese con un PC.

BODYCOUNT: 13 (compresi gli omicidi in flashback)

TIMBRATURA: Sì (1, Helena)

CITAZIONE: “Che strane donne! Un minuto prima ti guardano con odio e quello dopo perdono la testa per te!

VOTO: 7

Soggetto: Faraci (2)

Sceneggiatura: Faraci (2)

Disegni: Saudelli (5)


martedì 28 gennaio 2025

Dylan Dog #176 - Il "progetto"

 

Alden Clay non esiste. Ma non è il solo. Anzi, sono tanti quelli come lui, che lavorano, hanno una casa, una famigliaeppure non esistono. Sono i cittadini ideali di un mondo ideale. Sono le avanguardie del "Progetto", una misteriosa cospirazione su scala mondiale, che mira al controllo totale delle anime. Certo, qualche incidente di percorso di tanto in tanto accade; come quello che costa a Dylan un'accusa di omicidio. Per fortuna, patrocina la sua causa la giovanissima Lee Riker, animosa e innamorata. Ma forse anche Lee sta cambiando, sta cominciando a non esistere

Ultima storia di Sclavi prima di una lunga pausa che sarebbe durata qualche anno. Le idee per il Tiz scarseggiavano già da tempo, in quel periodo si era dedicato a sceneggiare soggetti scritti da altri e quando invece il canovaccio era suo, come avevamo notato commentando Per un pugno di sterline, spesso si trattava di un rimescolamento, con “taglia e cuci”, di spunti e situazioni di albi del passato. Ma il papà di Dylan ha sempre saputo insaporire gustosamente anche le minestre riscaldate e questa non fa difetto. Vengono esplicitamente tirati in ballo gli alieni, presenti anche nella “furbetta” copertina di Stano, con la citazione diretta degli albi (nn. 61, 131 e 136) che compongono la cosiddetta trilogia ufologica. Abbiamo il classico ometto qualunque, un signor “nessuno”, ad aprire la storia, vittima e allo stesso tempo carnefice. Abbiamo la grande cospirazione che trascende addirittura la politica, il “contagio”, Dylan accusato di omicidio, l’indagine in provincia e pure una vecchia fiamma (l’avvocato in miniatura Lee Riker, apparsa in CattiviPensieri e qui ri-timbrata per l’occasione). Tutte cose già viste e lette, eppure Sclavi scrive una sceneggiatura divertente, frizzante, che non vuole prendersi sul serio, ma senza rinunciare a momenti assolutamente inquietanti, lanciando un’invettiva ingenua, ma anche in qualche modo profetica, contro l’uso dei telefoni cellulari. Anche l’impianto del microchip nel cervello sembra premonitore di certe teorie complottiste, anche se probabilmente il Tiz aveva in mente il romanzo Il Terminale Uomo (The Therminal Man) di Michael Crichton. Memorabile l'antagonista di turno che crede ciecamente nel progetto e fa di tutto per portarlo avanti, pur non sapendo minimamente in cosa consista né a cosa serva. Pregevole il finale aperto. Casertano, che festeggiava in quei giorni il suo 40° compleanno, qui spinge ancor di più il suo stile verso il grottesco, avvicinandosi per certi versi a Bacilieri, sposando alla perfezione sia il lato umoristico della storia, sia quello orrorifico (vedasi la sequenza della testa che esplode, pagg. 42-43). Apprezzabili anche le sue sperimentazioni in mezza tinta.

Curiosità: (1) Casualmente Dylan si trova ad avere problemi con la giustizia (2 volte accusato di omicidio e 1 di rapimento) in ben 3 albi consecutivi (comprendendo la storia dell'Almanacco) in soli due mesi! (2) Per la prima volta il titolo di un albo dylaniato è “virgolettato”.

BODYCOUNT: 6

TIMBRATURA: Sì (1, Lee, ritimbrata)

CITAZIONE: “Non esistere è bello. Se uno non esiste, non gli può capitare niente di male. Non deve più avere paura”.

VOTO: 8

Soggetto: Sclavi (121)

Sceneggiatura: Sclavi (129)

Disegni: Casertano (23)


lunedì 27 gennaio 2025

Dylan Dog #175 - Il seme della follia

 

Chi ha preso la vita di Amber? E chi ha ucciso gli altri tre ragazzi? Dietro i delitti, un solo burattinaio, un cattivo maestro, un idolo della folla: il suo nome è Bloody Murray. Lui ha guidato la mano dell'assassino, scatenando la vendetta di Dylan, la cui mente è divorata dalla furia vendicatrice!

Apro l’albo ieri per rileggerlo e a pagina 3, sotto il classico frontespizio, ci trovo l’autografo di Luigi Piccatto. Lo sapevo che era lì ad aspettarmi, mi ha fatto piacere rivederlo. Manca a tutti noi dylaniati della prima (e della seconda) ora il buon Luigi, ci siamo cresciuti. Ricordo che scelsi proprio Il seme della follia tra tutti gli albi disegnati da lui perché rappresentava una sorta di sua rinascita artistica, dopo una serie di prove sfornate con il pilota automatico se non addirittura deludenti (come Il padrone della luce). Il sodalizio con Paola Barbato, che non ha mai nascosto che Piccatto fosse il disegnatore con cui si trovava più in sintonia a lavorare, si rivelò molto fortunato e ce lo restituì in forma come agli esordi. In questo n. 175 trovo notevoli in particolare tutti i flashback, con inedito bordo nero che contribuisce a rendere ancor più cupo e orribile quello che ci viene raccontato, insieme all’inchiostrazione decisamente più marcata rispetto ai suoi lavori precedenti. L’artista piemontese pone molta cura sulle espressioni del viso di Dylan, riuscendo ad esprimere al meglio tutta la gamma di emozioni che attraversano il nostro. Dal canto suo Barbato scrive un’ottima storia, tra le sue migliori indubbiamente. Come ci ricorda lo stesso Dylan, di snuff movie si era già occupato in passato (vedasi il n. 127 Il ritorno di Killex), ma qui la faccenda va decisamente sul personale. L'angoscia e la disperazione dell’indagatore dell’incubo raggiungono vette poche volte viste prima (bisogna forse risalire a Oltre la Morte), un Dylan che nella sua dolorosa ricerca di un senso per continuare a vivere, poi trovato nella vendetta, arriva a scivolare pericolosamente verso la follia. In questo senso funziona alla grande il depistaggio soprannaturale, tanto da garantire la sospensione dell'incredulità del lettore di fronte all'improbabile problema ottico post traumatico diagnosticato al nostro. Splendidamente caratterizzati sono i coprotagonisti della vicenda: Bloody Murray, sorta di alter ego di Marylin Manson, e soprattutto Amber, forse la partner dylaniata più pazza e spietata di sempre. Resta impressa indelebilmente nella mente del lettore la scena della sua (per modo di dire) crudelissima esecuzione “a fuoco”, riproposta più volte nel corso dell’albo anche sotto forma di allucinazione. La copertina di Stano invece non mi ha mai trasmesso nulla, senza infamia e senza lode.

Curiosità: (1) Torna a farsi vedere Madame Trelkovski dopo parecchio tempo. (2) Occhio al particolare che Piccatto inserisce nella vignetta grande di pag. 73. (3) Il titolo dell’albo non ha nulla a che vedere con l’omonimo, grandissimo, film di John Carpenter. (4) Nell'Horror Club (inedito) viene precisato che la storia era stata scritta più un anno prima e che quindi non era "ispirata dall'attualità". Forse il riferimento era all'omicidio di una suora ad opera di tre adolescenti minorenni, avvenuto nel giugno del 2000. (5) La musica della canzone "Fire in your hands" di Bloody Murray a pag. 51 è in realtà quella della "Canzone del Sole" di Lucio Battisti.

BODYCOUNT: 4

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Burn the doll, to make her shut up! Burn the doll, to make her stay quiet!”

VOTO: 9

Soggetto: Barbato (8)

Sceneggiatura: Barbato (7)

Disegni: Piccatto (33)


domenica 26 gennaio 2025

Almanacco della Paura 2001 - Qualcuno nell'ombra

 

Alcune letture conciliano il sonno, altre non fanno dormire… Di sicuro, l'Almanacco della Paura appartiene alla seconda categoria. Nella storia a fumetti presentata sulle sue pagine, Dylan viene accusato di essere un pluriomicida. E, purtroppo per lui, le prove sembrano essere schiaccianti.

Dopo qualche anno di storie non proprio memorabili, per usare un eufemismo, l’Almanacco della Paura torna ad ospitare una buona storia, che porta la firma di Paola Barbato per la prima e unica volta su questa testata. Prima volta (stranamente vista la sua prolificità) ai disegni dell’Almanacco anche per Giovanni Freghieri che in quel periodo era inarrestabile. Il soggetto prende le mosse da qualcosa di già visto nella serie (Dylan accusato di omicidio), ma Barbato sceglie volutamente di interessarsi poco alla costruzione della trama gialla dando invece spazio ai sentimenti e ai dubbi. Dylan torna a farsi domande, ma il suo comportamento risulta anomalo, poco reattivo per buona parte della sceneggiatura, quasi ai limiti del vittimismo. Giganteggia invece Bloch, da sempre il personaggio più amato da Paola, soprattutto nel finale dove arriva ad esporsi testimoniando a favore dell’amico semplicemente solo sulla fiducia che nutre per lui. Un rapporto, quello tra l’ispettore di Scotland Yard e Dylan, che rivediamo sovrapporsi al rapporto padre-figlio, senza necessità di consanguineità e di “papà” di matrice recchioniana. Però la testimonianza di Bloch continua a risultarmi come l’espediente più forzato dell'albo perché l’ispettore non era più ritenuto attendibile da Scotland Yard (che lo faceva pure pedinare) essendo amico di Dylan. C’è da dire che anche il piano orchestrato dal colpevole non era esattamente a prova di bomba: pianifica tutto nei minimi dettagli per mesi e poi dimentica in casa le prove che lo incastrano? Tra alti e bassi, pregi e difetti, la trovo una storia molto interessante soprattutto per quel dubbio amletico che attanaglia Dylan nell'ultima pagina, quasi a sottolineare con l'evidenziatore le differenze caratteriali tra lui e Bloch. Peccato per il titolo piuttosto anonimo; ci sono continui riferimenti alla tela del ragno (compresa una canzone cantata dallo stesso assassino) disseminati lungo le tavole e mi sarei aspettato qualcosa di più a tema, tipo “Nella stretta morsa del ragno” che avrebbe rappresentato anche una citazione all’omonimo film di Antonio Margheriti. Dal punto di vista storico/statistico è da segnalare come per la prima volta Barbato conceda una scena di sesso al buon Dylan. L’ispettore Marcus Walker invece sembra il prototipo del poliziotto che vuole rendere dura la vita al nostro che verrà successivamente incarnato prima (occasionalmente) da Gorman e poi da Carpenter. Freghieri se la cava ancora una volta a colpi di primi piani (quelli di Estella lasciano senza fiato), ma trovo suggestive anche gli incubi a pag. 44 (12° tavola) e 60 (28° tavola) e la lavagna dell’assassino a pag. 67 (35° tavola, con tanto di citazione a Dopo Mezzanotte); ordinaria amministrazione per il resto. Della copertina di Stano mi piace più il retro, con l’assassino in penombra che si confonde bene con lo sfondo, a parte i minacciosi occhi ben illuminati.

 Dei dossier dell’Almanacco consiglio quello dedicato a William Hope Hodgson a firma del compianto Giuseppe Lippi.  Quello sui “Quattro cavalieri dell’apocalisse” ad opera di Maurizio Colombo avrebbe meritato più pagine e oggi dovrebbe essere aggiornato visto che le filmografie dei 4 sono proseguite negli anni successivi, soprattutto quella di Halloween. Quello sul Golem è troppo corto, mentre quello intitolato “Contagio!” è il più corposo, ma dopo la pandemia è quello che ho meno voglia di rileggere.

Curiosità: (1) Si rivede Quasimodo, il custode del cimitero dei Freak già incontrato nel n. 127 Il cuore di Johnny. Lo rivedremo ancora. (2) Bloch dimostra di avere ancor meno dimestichezza di Dylan con la tecnologia, visto che deve leggere i suoi appunti anche solo per accendere il PC! (3) Freghieri taglia il traguardo delle 30 storie disegnate per Dylan Dog!

BODYCOUNT: 5

TIMBRATURA: Sì, 1 (Estella)

CITAZIONE: “Il ragno sa aspettare il momento giusto. Il ragno aspetta anche tutta una vita”.

VOTO: 7

Soggetto: Barbato (7)

Sceneggiatura: Barbato (6)

Disegni: Freghieri (30)



sabato 25 gennaio 2025

Dylan Dog #174 - Un colpo di sfortuna

 

Tenta la sorte e si aggiudica il primo premio: cinque milioni di sterline! Eh sì, è davvero un uomo fortunato, Clarence Clough. Se non fosse che un cancro gli sta consumando lo stomaco, naturalmente. Cosa farsene di una fortuna così? Non c'è più tempo per niente, né per riconquistare Brittany, né per scoprire chi è che uccide con un coltellaccio tutti i suoi amici. Anche se Brittany ha un sospetto, e per chiarirlo suona alla porta di Dylan Dog.

Storia ben scritta ma non pienamente riuscita. Ruju è bravo nel raccontarci la vita di Clarence e Brittany, a creare quel piccolo microcosmo di quartiere in cui un gruppo di amici si incontra quotidianamente al bar per combattere la solitudine e i cattivi pensieri. Un microcosmo i cui equilibri sono destinati a spezzarsi per colpa dei soldi e dell’invidia per la felicità altrui, una visione tanto orribile quanto realistica. Il presagio di quel che avverrà è ben suggerito nella scena in cui la Morte che si aggira tra gli avventori del bar senza essere vista e poi costruisce il castello di carte nella suggestiva sequenza onirica alle pagg. 43-44. Mi piace anche come Dylan entri in punta di piedi in questa storia, una comparsa seduta a un tavolo insieme a Bloch in uno dei tanti loro incontri al pub, nell’ultima vignetta di pag. 14. Il problema è che Dylan resterà poco più di una comparsa per tutto il resto della storia. La sua presenza è del tutto marginale nella vicenda, nonché del tutto ininfluente visto che nel finale non solo non risolve il caso (glielo raccontano come sono andate davvero le cose) ma decide di lavarsene completamente le mani, lasciando che i panni sporchi si lavino in famiglia (come dice il proverbio, “tra moglie e marito...”). Nonostante il destino ineluttabile che attende l'assassino, proprio non mi va giù l’atteggiamento rinunciatario di Dylan, considerando poi che c'era stata anche un'infatuazione di mezzo. Ruju caratterizza bene i protagonisti e i drammi che li vedono protagonisti, ma si prende fin troppo tempo. Il primo omicidio arriva solo a pag. 64, i successivi avvengono troppo in fretta, Dylan inizia l’indagine a pag. 80 (!!!) e le visioni dei fantasmi delle vittime si rivelano pure un depistaggio un po’ troppo furbo visto che le ha anche chi non dovrebbe averlo. Apprezzabile invece l’idea del libro che conferisce alla sceneggiatura una spolverata “argentiana” (vedasi anche il guanto dell’acquirente del tomo a pag. 9). Freghieri inizia un nuovo anno caratterizzato dall’iperproduttività con una prova discreta, aggrappandosi ai primi piani. Scelta giusta perché gli sguardi dei personaggi sembrano sempre suggerire qualcosa di non detto anche quando tacciono. Il suo tratto elegante rende sempre efficaci le scene oniriche (vedasi il già citato castello di carte), per il resto il buon Giovanni va un po’ troppo di fretta. Bella la copertina di Stano con la dea bandata e Dylan legato alla ruota in posizione da “uomo vitruviano”.

Curiosità: (1) Nell’Horror Club (inedito) troviamo un commosso saluto al mitico Gian Luigi Bonelli, scomparso il 12 gennaio 2001, omaggiato da un bel disegno di Villa. (2) A pag. 23 Clarence afferma che un suo cliente, vicino di casa di Dylan, non lo sopporta. Chissà se il riferimento è a quel Vicino di casa, scritta sempre da Ruju. A me piace pensare di sì. (3)Una piccola incongruenza: a pag. 23 Clarence sembra accorgersi di Dylan al bar per la prima volta, affermando di conoscerlo solo “di fama”. A pag. 42 però Dylan parla di lui come si conoscessero.

BODYCOUNT: 5

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “La Morte… La morte non è la fine di tutto. Non bisogna mai pensare che lo sia. Ci sono cose che succedono, dopo.”

VOTO: 7

Soggetto: Ruju (34)

Sceneggiatura: Ruju (34)

Disegni: Freghieri (29)


venerdì 24 gennaio 2025

Se ne va Gianfranco Manfredi

 


Se ne va dopo una lunga malattia un altro pezzo di storia del fumetto italiano. Un grande artista che è stato cantautore, scrittore, sceneggiatore per cinema e TV, persino attore, nonché creatore di una delle serie bonelliane che più mi ha saputo coinvolgere dopo Dylan Dog, ovvero Magico Vento.

Proprio oggi avevo letto le news sulla nuova annata dylaniata pubblicate sul sito della SBE e avevo appreso con gioia e curiosità la notizia che Manfredi era tornato a scrivere anche per Dylan una storia che purtroppo ora sarà l'ultima. 

Ciao Gianfranco.

Dylan Dog #173 - Per un pugno di sterline

 

Una pioggia di soldi maledetti semina la follia nelle strade di Londra. La gente impazzisce ed è disposta a tutto, anche a dannarsi l’anima, pur di mettere le mani su un bel mucchietto di sterline. Ma chi tira i fili di tutta la faccenda? Chi è il sinistro figuro che, con i suoi doni, spande furia omicida a piene mani? Dev’essere un tipo davvero insidioso, se anche Dylan soggiace per un istante al fascino maledetto del suo denaro…

Questo è uno degli albi che, rilettura dopo rilettura, mi piace ogni volta un po’ meno. Sarà che all’epoca in cui uscì Sclavi stava diradando così tanto le sue apparizioni sulla serie che ogni storia che portava la sua firma mi pareva oro colato, come potesse essere l’ultima. Oggi che ho ormai fatto pace da tempo con il pensionamento anticipato del Tiziano riesco ad essere un filo più obiettivo e trovo questo n. 173 invecchiato un po’ male. Nell’Horror Post (inedito) si parla della fatica che è costata quest’albo al creatore di Dylan, che evidentemente aveva già staccato la spina e forse già non ne voleva più sapere di scrivere. E si vede perché la trama è una sorta di, comunque riuscita, fusione di tre degli albi più celebrati della serie regolare: Gli Uccisori (gli oggetti che trasformano in assassini chi li tocca), Golconda (per il clamoroso ritorno allo splatter come non si vedeva da anni, l’uomo con la bombetta e la citazione esplicita) e Inferni (vedasi prologo e parte finale). Un’avventura che (come evidenziato nella Post) si inserisce nel filone di storie “happening”, in stile Tre per zero. Fin qui nulla di male: su Dylan Dog era già successo altre volte di veder riciclate e rimescolate idee o situazioni del passato e tante altre volte sarebbe accaduto. Ma la morale sui “soldi rovina dell'umanità” la trovo ora un po’ troppo facilona, stucchevole. Il mestiere però Sclavi non l’ha perso e confeziona comunque una sceneggiatura dinamica e divertente, quasi vecchio stile. Simpatico il personaggio di Sir Goodman e spassosa la coppia di improbabili rapinatori; meno caratterizzata invece l'avvenente avvocatessa del diavolo. Commovente (per me che sono un suo fan) l'omaggio a Inferno di Dario Argento, cui il Tiz dedica un’intera pagina (la 38), con tanto di riflessione in tema di Dylan sulla scena esplicitamente citata, che si concilia perfettamente con quanto appena accaduto a pag. 37 (che di Inferno è un’altra citazione implicita). Brindisi tanto splatter così non lo disegnava dai tempi del suo esordio con Il male e non si scompone davanti a schizzi di sangue, frattaglie e arti mozzati (anzi secondo me si è divertito un mondo), fornendo l'ennesima impeccabile prova. La scena del massacro al bar è strepitosa! Sorprendenti e gradite le trasformazioni “indiavolate” di Dylan e Groucho. La copertina, al netto di alcune stonature (non mi convincono nè la banconota, da 20 sterline poi invece che da 50 come nella storia, nè le nuvole), ha l'indubbio pregio di farsi ricordare ed essere immediatamente riconoscibile.

Curiosità: (1) A pag. 59 (vignetta centrale) cameo di Valentino Rossi! (2) Gli omaggi ad Argento non si esauriscono ad Inferno. Il carcere di massima sicurezza in cui è detenuto il misterioso Berlick si chiama “DEEPRED” (ovvero Profondo Rosso). (3) Il titolo è un ovvio omaggio al film di Sergio Leone Per un pugno di dollari, con cui l’albo non divide altro.

BODYCOUNT: almeno 18

TIMBRATURA: Sì, 1 (Hazrel)

CITAZIONE: “Anima? Non risulta sul computer. E’ un bene di qualche valore commerciale?”

VOTO: 7,5

Soggetto: Sclavi (120)

Sceneggiatura: Sclavi (128)

Disegni: Brindisi (23)


giovedì 23 gennaio 2025

Dylan Dog #172 - Memorie dal sottosuolo

 

Una famiglia decisamente particolare, quella dei Pennycoat di Downcourt. Una famiglia di sanguinari assassini. Ma una maledizione, scaturita dalla terribile condanna a morte pronunciata contro l'innocente Hezel, li sta sterminando. E per Dylan inizia una corsa contro il tempo. Bisogna trovare l'ultimo dei Pennycoat: colui che custodisce le "memorie del sottosuolo"!

Inizia la rilettura dell’annata 2001, anche se la storia è uscita nel dicembre del 2000 e quindi, come giustamente leggiamo nell’Horror Post, chiudeva l’anno. Io mi sono sempre basato e continuerò a farlo, su quello che attesta il tamburino, quindi questo n. 172 è l’albo della serie regolare del GENNAIO 2001, anche se uscito in edicola qualche giorno prima. Finite le precisazioni (non inutili, vedasi la pagina degli “albi di Dylan Dog” su Wikipedia il cui elenco, a un certo punto, si incasina), parliamo di questo Memorie dal sottosuolo, che nessun debito nutre con l’omonimo romanzo di Dostoevskij, a parte il titolo. Paola Barbato sforna un soggetto di altissima qualità, originale e avvincente. L’originalità è una dote che a Paola non ha mai difettato e che differenzia in maniera peculiare i suoi lavori da quelli di altri colleghi bonelliani (Sclavi compreso) che spesso partono da spunti romanzeschi o cinematografici, arricchendoli con citazioni a tema o anche non, per costruirci sopra una sceneggiatura adatta a Dylan Dog. Qui troviamo mistero, soprannaturale, giallo, orrore, omicidi in una storia ancora (mi verrebbe da aggiungere “ahimè”) perfettamente attuale e per questo, forse, addirittura in anticipo sui tempi. Perché il vero mostro qui non si cela tra i Pennycoat ma dietro a un volto rassicurante, insospettabile, che rende così ancora più sordida, turpe, terribile e assurda la violenza perpetrata. Un lupo travestito da agnello, una figura che ritroveremo in altri albi barbatiani (penso a Nebbia). Gli ingranaggi della narrazione si incagliano però nel difetto tipico dei primi lavori dell’autrice: spiegoni su spiegoni e qui non li abbiamo solo alla fine ma anche all'inizio, finendo con il consumare la maggior parte del tempo dell'azione. Ai disegni ritroviamo un sontuoso Casertano, che qui spinge ancor più il suo tratto verso il grottesco, senza però rinunciare alle sue consuete pennellate orrorifiche e alla cura per le emozioni e per gli sguardi allucinati dei personaggi. Ammirando le sue tavole pare quasi di sentire l’umidità della pioggia incessante e l’odore della terra smossa. Strepitosa l'ultima pagina. Inquietante la copertina di Stano che richiama alla mente i “ritornanti” di sclaviana memoria.

Forse meriterebbe un voto anche più alto. Ci penserò su.

BODYCOUNT: 8

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Che brutto modo di morire… ma forse non ne esistono di migliori o di peggiori, la morte è sempre la morte”

VOTO: 8,5

Soggetto: Barbato (6)

Sceneggiatura: Barbato (5)

Disegni: Casertano (22)


mercoledì 22 gennaio 2025

Dyd Awards 2000 - Il meglio dell'annata dylaniata

 

Cari amici,

ci ho messo un anno ma sono riuscito a completare finalmente la rilettura dell'annata 2000 e a commentare tutte le storie uscite. Il sogno di riuscire ad arrivare con le schede fino ai giorni nostri sembra sempre più irraggiungibile, ma finché voglia e tempo ci sono andiamo avanti. Nel frattempo ho abbandonato l'idea di commentare anche le ultime uscite; preferisco continuare a seguire l'ordine cronologico senza "salti". Torniamo però a un quarto di secolo fa. Dylan Dog ha inaugurato il nuovo millennio con un'annata superiore alla precedente, impreziosita da due capolavori e un paio di buonissime, se non ottime, storie. Nelle mie valutazioni sono però cresciute le non sufficienze rispetto agli anni precedenti. Se avete letto i miei commenti senza fermarvi ai freddi numeri, avrete però notato che questo è dipeso non tanto da un calo qualitativo ma dal fatto che l'ingresso di nuovi autori nello staff dylaniato, con sensibilità e stili diversi rispetto a Sclavi e Chiaverotti, che spesso hanno innestato tematiche e atmosfere, soprattutto fantasy (un innesto poco riuscito a mio parere), prima estranee alla serie, ha avuto come conseguenza di ridimensionare la componente orrorifica che ha sempre caratterizzato Dylan Dog.  L'aumento delle pubblicazioni e lo spazio sempre più ristretto concesso a sesso e splatter hanno poi avuto l'ulteriore effetto di standardizzare e in alcuni casi di banalizzare le storie di "routine", abbassandone il livello medio.

Chiacchere finite. L'attesa pure. Partiamo con le statistiche dell'annata!

***

Sceneggiatore più prolifico: Per il terzo anno consecutivo lo stacanovista è Pasquale Ruju con 8 storie. Lo tallona ancora, anche se ben distanziato, Tiziano Sclavi con 3 (di cui però una è una breve "fuoriserie" e l'altra è su soggetto di Barbato). Con due storie all'attivo chiudono il podio Paolo Barbato (che oltre a due sceneggiatore vanta però anche il soggetto del n. 163) e il rientrante, anche se per poco, Claudio Chiaverotti.

Disegnatore più prolifico: Giovanni Freghieri si conferma l'unico vero antagonista di Montanari & Grassani, riuscendo a batterli in un'annata in cui tutti e tre gli artisti si sono superati, numericamente parlando. Il "dinamico duo" realizza ben 4 storie per un totale di 376 tavole, ma Freghieri (sempre 4 storie) li surclassa con 440 tavole, grazie alle 236 pagine disegnate per il solo "dylandogone". Roi e Mari completano il podio ex aequo con 188 tavole.

Timbrature: Dimezzate rispetto all'anno precedente. Solo 7 momenti di passione per il nostro.

Bodycount complessivo: Qui il calo è lieve rispetto al 1999: 120 contro 125, cui sarebbero da aggiungere i soliti morti ammazzati non quantificabili.

***

E passiamo ai premi, che non contano nulla perché li decido arbitrariamente io, ma adoro lo stesso consegnarli idealmente:

MIGLIOR COPERTINA Nomination (tutte di Stano): Il sorriso dell'oscura signora, Lo specchio dell'anima, Possessione diabolica

...and the winner is: Angelo Stano per Il sorriso dell'oscura signora


Poco da aggiungere. La mia preferita in assoluto del maestro Stano. Ma le altre due non sono da meno!

MIGLIORI DISEGNI Nomination: Nicola Mari (Il sorriso dell'oscura signora), Nicola Mari (Lo specchio dell'anima), Maurizio Di Vincenzo (Il fiume dell'oblio)

...and the winner is: Nicola Mari per Lo specchio dell'anima

Mari torna a trionfare vincendo in pratica contro sé stesso. Difficile scegliere tra le sue due prove dell'annata, gli preferisco questa solo per un battito di ciglia.

MIGLIOR STORIA Nomination: Il sorriso dell'oscura signora, Lo specchio dell'anima, La vita rubata

...and the winner is: Lo specchio dell'anima (Barbato-Mari)

Insomma, senza andare a riesumare i voti che ho dato, si è capito anche solo dalle nomination quali sono i due albi che hanno primeggiato sopra tutti gli altri. Due storie diverse, accumunate dagli splendidi disegni di Mari, due capolavori. Scegliere era quasi impossibile, ho optato per quella che mi ha emotivamente più coinvolto. Piazza d'onore per il debuttante Accatino.


E questa è la mia personale classifica finale dell'annata 2000:

1.       Lo specchio dell'anima

2.       Il sorriso dell'oscura signora

3.       La vita rubata

4.       Il mondo perfetto

5.       Il fiume dell'oblio

6.       Il druido

7.       L'isola dei cani

8.       Beffa alla morte

9.       La radio fantasma

10.   Possessione diabolica

11.   L'esercito del male

12.   Medusa

13.   La piccola morte

14.   Il dio prigioniero

15.   La donna urlante

16.   Cavie umane

17.   Il violinista

18.   Sopravvivere all'Eden

19.   Il padrone della luce


Senza voto Il paradiso dei turisti.

martedì 21 gennaio 2025

Dylan Dog # 171 - Possessione diabolica

 

Viveva nell'oscurità dello spazio profondo, e quando Kay Harrison l'astronauta ha violato il suo mondo ha deciso di seguirla. Anzi, di più: ha deciso di prendere la sua anima. Ora la “cosa” è giunta fino a noi e qualcuno la dovrà fermare. Qualcuno dovrà uccidere quella donna vittima di una "possessione diabolica" e il folle giustiziere Valus Grant vorrebbe che a farlo fosse proprio Dylan!

Chiaverotti torna dopo oltre due anni di assenza sulla serie regolare ma non lo fa in pompa magna, bensì con una storia piuttosto derivativa. Il soggetto, che ha qualche somiglianza con il ben più riuscito La porta dell'Inferno di Manfredi (stesso disegnatore tra l'altro), è davvero poca cosa: in pratica una rilettura al contrario di The Astronaut's wife-La moglie dell’Astronuta, film di Rand Ravich (chi??) con protagonisti Johnny Depp e Charlize Theron uscito appena l’anno prima. Il Chiave ricicla anche qualche idea sua (come la strage a casa del procuratore che rimanda a Il bosco degli assassini) ma a deludere davvero è il finale dove la storia si rivela essere ATTENZIONE SPOILER DA QUI IN AVANTI nient'altro che uno scialbo giallo. L’autore avrebbe dovuto instillare maggiormente nel lettore il dubbio che il diavolo ci avesse messo sul serio lo zampino, invece rimane solo una piccola sfumatura demoniaca che purtroppo si perde negli occhi di Kay nell’ultima vignetta. Non mancano alcune ingenuità, come quando Dylan scopre in maniera assolutamente fortuita l'identità del maniaco leggendo una rivista in sala d'aspetto. Però rileggendo quest'albo ho avvertito una sensazione di freschezza nei dialoghi, una padronanza nella gestione del personaggio di Dylan e delle sue interazioni con Bloch e Groucho e quell’atmosfera horror che tanto mancavano alle storie di quel periodo. La copertina di Stano è poi assolutamente sublime (mezzo punto in più solo per quella). Nonostante il superlavoro a cui Freghieri è stato chiamato in quel periodo (quasi 450 tavole realizzate in un anno), i suoi disegni soffrono meno l'impressione del "tirato via" rispetto alle altre storie e, favoriti anche dai tanti primi piani, riescono a farsi apprezzare. Bella la sequenza splatter delle pagg. 82-83 e suggestive le vignette in penombra, ma a piacermi più di tutto è quando il diavolo mette il suo zampino nei dettagli (vedasi ad es. pagg. 27, 39 e 85).

In sintesi, un’avventura di routine per il nostro indagatore dell’incubo, impreziosita dalla superba cover del maestro Stano.

Curiosità: Da questo numero scompare l'editoriale "Il Club dell'Orrore" in seconda di copertina, rimpiazzato dall'elenco arretrati. L'Horror Post diventa così "Dylan Dog Horror Club", fondendo le due rubriche.

BODYCOUNT: 8

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Lui si annida nel tuo corpo, Kay, lo so… E sono venuto a liberarti!”

VOTO: 6,5

Soggetto: Chiaverotti (51)

Sceneggiatura: Chiaverotti (52)

Disegni: Freghieri (28)


lunedì 20 gennaio 2025

Dylan Dog Gigante n. 9 - L'esercito del male

 

Fluttuano nell'aria, sono globi leggeri e luminosi… ma attenzione, perché sono venuti per prendervi il corpo e l'anima. Tre morti inspiegabili a Londra, e, altrettanto inspiegabili, tre resurrezioni. Ma quelli che sembravano essere il nemico non sono, in realtà, il pericolo maggiore. Anzi, sono l'unico baluardo che potrà arrestare il dilagare sulla Terra delle legioni infernali di Alhambra, e Dylan si troverà a combattere al fianco di un angelo caduto e di questi inquietanti alleati per la salvezza di tutti!

Il nono gigante inaugura la non fortunatissima formula dei “dylandogoni” a storia unica che si protrarrà per sette anni, fino al 2006. Per l’occasione, ai testi troviamo una “guest star”, un gigante (giusto per restare in tema) del fumetto: Robin Wood, purtroppo scomparso nell’ottobre 2021. Paraguayano di nascita e argentino di adozione (nonché in seguito cittadino danese) Wood nell’Horror Post del n. 170 (inedito) venne presentato ai lettori dylaniati come “uno dei più grandi sceneggiatori al mondo”. E in effetti nel 2000 la sua produzione era già praticamente sterminata e il suo nome era molto noto anche in Italia grazie ai periodici dell’editoriale Eura (Skorpyo e Lanciostori) su cui erano state pubblicate le storie di diversi dei suoi personaggi più famosi come Dago, Savarese, Amanda e Martin Hel, tanto per citarne alcuni. Nonostante le premesse, devo ammettere che questo primo gigante a storia unica mi lasciò con l'amaro in bocca. Con le successive riletture l’ho parzialmente rivalutato: ci sono indubbiamente delle parti piuttosto ben riuscite, come il prologo,  qualche pregevole scena splatter (su tutte il cuore estirpato a mani nude al poliziotto) e le suggestive sequenze oniriche con protagonista Alhambra. Il problema è che le atmosfere pendono troppo verso il fantasy e in generale sono poco dylandoghiane. Anche il nostro Dylan è stato parzialmente reinterpretato da Wood che ne ha evidenziato a dismisura la figura di bel tenebroso. Non a caso l'addio finale è quasi in stile Casablanca. Mai visto poi un Dylan così depresso (altra caratteristica latente, qui amplificata al massimo). in confronto quello del prologo di Ti ho visto morire è un buontempone. Forse Wood non conosceva appieno il personaggio e la serie oppure li ha voluti rimodellare secondo la sua sensibilità di autore, ipotesi che troverebbe conferma anche nelle successive due sceneggiature scritte per l’indagatore dell’incubo. I disegni di Freghieri non riescono a tenere lo stesso livello per tutte le tavole, ma ci sono vignette davvero molto suggestive che il grande formato del Gigante (quanto mi manca!) contribuisce ad esaltare. I suoi personaggi femminili poi hanno una sensualità che pochissimi altri disegnatori dylaniati riescono ad emulare. La copertina ad acquerello di Stano rispetta il titolo ma promette di più di quello che poi la storia mantiene. Non brutta, ma troppo distante dallo spirito della serie per piacermi davvero.

Curiosità: (1) Ai tempi della sua prima uscita, L’esercito del male con le sue 236 tavole di lunghezza segnò il record di storia dylaniata più lunga fino ad allora pubblicata. (2) Wood scrisse altre due storie per Dylan Dog: Il grande Marinelli (pubblicato su Almanacco della Paura 2002) e La donna venuta dal nulla (uscito sul Maxi n. 6 del 2003).

BODYCOUNT: 8

TIMBRATURA: Sì (1, Vanessa)

CITAZIONE: “Neanche nei film di Bruce Willis l’eroe è costretto a sbattersi come me. E quelli sono personaggi di fantasia”

VOTO: 6

Soggetto: Wood (1)

Sceneggiatura: Wood (1)

Disegni: Freghieri (27)


domenica 19 gennaio 2025

Dylan Dog #170 - La piccola morte

 

Vi ricordate di Pearl Dee e del suo pupazzo Byron? Beh, sarebbe preferibile, perché state per incontrarli di nuovo. A complicare le cose, però, stavolta interviene un uomo fuggito da una base militare nascosta da qualche parte nella steppa della Russia settentrionale. Sacha Dagerov è uno scanner, può uccidere con il potere della sua mente. E vuole incontrare Pearl, l'ultima rimasta di quelli come lui

Il morbo della “sequelite” torna a colpire imperterrito Dylan Dog. Stavolta tocca al buon Scanner, avere un seguito di cui non si sentiva il bisogno. Riproposto lo stesso team al motto di “squadra che vince non si cambia”, con Ruju ai testi e Roi ai disegni, il risultato purtroppo è di gran lunga inferiore al predecessore. La storia si perde via tra flashback del #135 e drammi socio-familiari-esistenziali in cui Dylan più che da indagatore sembra essere coinvolto nella vicenda come assistente sociale. L'incontro-scontro tra il figliastro di Dagherov e la sorellina, unico vero motivo di interesse dell'albo, arriva troppo tardi e si conclude frettolosamente, in maniera piuttosto scialba. Peccato, ci sarebbe stata la possibilità di narrare in maniera diversa e più coinvolgente il loro dualismo forse. Tra l’altro, com’è che Pearl cresce, diventa maggiorenne e tutti gli altri (non solo Dylan, ma anche Madeleine) restano uguali? Da salvare però l'ultima pagina. Roi un po’ penalizzato dall’ambientazione per lo più diurna, ma i suoi disegni si attestano comunque su buoni livelli e riescono a infondere quella componente horror (vedasi gli occhi dei due scanner e i loro attacchi psicocinetici) che nella storia altrimenti latiterebbe. Il “suo” Byron, poi, è sempre inquietante. Della copertina di Stano mi piace moltissimo lo sfondo con il volto di Pearl, rovinato però dall’aggressione di Sasha a Dylan che trovo mal concepita.

BODYCOUNT: 13

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “La libertà è un piccolo passero che vola e salta e vola, e salta e vola. E passa tra le sbarre del mondo come una carezza dolce come un colpo di pistola”.(sì, lo so, è la stessa citazione che ho scelto per Scanner, ma qui ritorna e piace ancora)

VOTO: 5

Soggetto: Ruju (33)

Sceneggiatura: Ruju (33)

Disegni: Roi (35)


sabato 18 gennaio 2025

Dylan Dog Fuoriserie - Beffa alla morte

 

Nel Libro del Destino è scritto che Eleanor morirà. Forse Dylan può salvarla sostituendosi a lei, ma la Morte non si lascia beffare tanto facilmente. O forse sì?

Decimo appuntamento con gli inediti a colori pubblicati in coda alle ristampe degli Speciali su cartonato gigante Mondadori. Si rivede Chiaverotti dopo due anni di assenza e prestissimo sarebbe tornato a farsi vivo anche sulla serie regolare. Fa coppia con lui, come nello Special cui questa storia si accompagna, il prolificissimo Freghieri. Beffa alla morte è a tutti gli effetti il seguito diretto, anzi direttissimo, de Il Monastero. Nel finale di quest’ultimo, che secondo me era perfetto nel suo rimanere aperto, avevamo lasciato un Dylan pieno di dubbi sull’opportunità (e sulla possibilità) di cambiare il destino in viaggio verso Rorrim, nel disperato tentativo di salvare la vita all’amata Eleanor Drew. E qui nella prima vignetta lo ritroviamo esattamente allo stesso punto, in una notte piovosa a bordo del fido maggiolone. Nel commentare Il Monastero avevo già notato come, oltre all’ovvio legame con La piccola biblioteca di Babele, vi fossero punti di contatto anche con lo speciale n. 7, Sogni. Punti di contatto che in questa breve storia si fanno decisamente più stringenti, dal momento che Chiaverotti rispolvera il personaggio del “Matto” e qui viene davvero il dubbio che Rorrim e Nowhere siano in realtà lo stesso posto. Cameo per la Morte. Tutto sommato non mi dispiace l’idea che il destino non sia immutabile, anche se il lieto fine manca un po’ di pathos, forse dovuto alle poche pagine a disposizione (le canoniche 16). Disegni di Freghieri di mestiere, senza particolari guizzi.

Curiosità: Oltre che su Super Book n. 35, la storia è stata ristampata nell’agosto del 2016 nella collana “Il nero della paura”, pubblicata in collaborazione con la Gazzetta dello Sport.

BODYCOUNT: 0

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Ma qualche volta, anche il destino si può riscrivere…”

VOTO: 6,5

Soggetto: Chiaverotti (50)

Sceneggiatura: Chiaverotti (51)

Disegni: Freghieri (26)


martedì 14 gennaio 2025

Dylan Dog #169 - Lo specchio dell'anima

 

Brighton Whitaker era un grande scrittore, o forse soltanto il cronista nell'ombra delle efferatezze di un serial killer. Comunque sia, la sua morte costringe Dylan a uno strano e inquietante gioco: scrutare nella mente del mostro, calarsi nei suoi panni, assorbirne la personalità. Ma ora contro chi dovrà combattere Dylan Dog, se l'assassino altro non è che un riflesso nello "specchio dell'anima"?

Il capolavoro di Paola Barbato, nonché uno dei migliori albi in assoluto pubblicati dopo i primi mitici cento numeri. Lo metto tranquillamente in una mia ideale top3-post 100 accanto a Phoenix di Sclavi e Mater Morbi di Recchioni. La sceneggiatura è una macchina perfetta che amalgama allucinazioni polanskiane con echi di giallo hitchcockiano, inseguendo un gioco orrorifico di sdoppiamento di personalità che in prima battuta strizza l'occhio alla Metà Oscura di King per poi andare a parare da tutt’altra parte. La perdita di identità diventa una disperata e drammatica ricerca dell'affermazione del proprio essere tanto per Whitaker quanto per Dylan. Un Dylan mai così stranito, alienato, in bilico sulla via del male, ma capace di mantenere quel minimo di lucidità necessaria a salvarsi. Un piacere vedere un Bloch, co-protagonista a tutti gli effetti della vicenda, lanciarsi in forma smagliante nell'indagine in prima persona, anche in azione vera e propria, tanto da far dimenticare il “sacrificio” di Groucho, qui in effetti un po' trascurato e serioso. E poi c'è lui… Joe Montero! Un killer ultracarismatico e implacabile che esiste prepotentemente e uccide per il puro piacere di farlo, senza avere neppure un'autentica identità fisica. Un personaggio divenuto istantaneamente uno dei villain più amati di sempre dal popolo dylandoghiano. Lo spiegone finale, molto contenuto invero rispetto alle prime uscite barbatiane, è stavolta pienamente giustificato e funzionale al meccanismo giallo che traina la soluzione del caso. Paola non sbaglia praticamente nulla riuscendo a coinvolgere emotivamente il lettore sino alle ultime pagine. Disegni di Mari sublimi, eccellenti nel raccontare il cambiamento di Dylan come una progressiva discesa versa la follia. Tutte le vignette in cui appare Montero sono piccole gemme da rimirare affascinati in continuazione. Ottima anche la copertina in penombra di Stano.

Imperdibile.

BODYCOUNT: non quantificabile con esattezza

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Sono un uomo fortunato… Mi chiamo Joe Montero… e sono un assassino.”

VOTO: 10

Soggetto: Barbato (5)

Sceneggiatura: Barbato (4)

Disegni: Mari (7)


lunedì 13 gennaio 2025

Dylan Dog Special #14 - Il padrone della luce

 

Un esperimento dagli effetti imprevedibili, una formula che fa gola ai servizi segreti di mezzo mondo e una nuova, straordinaria fonte di energia. Per neutralizzare quella che, nelle mani sbagliate, potrebbe divenire un'arma di inimmaginabile potenza distruttrice, Dylan Dog dovrà affrontare misteriose creature fatte di sola luce...

I primi cinque speciali dylaniati avevano ospitato i volumetti dell’Enciclopedia della Paura, quelli dal sesto al tredicesimo invece erano accompagnati dai “Grouchini”. Questo 14° inaugura invece la lunga stagione degli Special senza allegati che perdura sino ad oggi. Vengono in compenso aumentate le pagine dell’albo, che passa da 128 a 160 e la Bonelli indora la pillola non aumentando il prezzo di copertina come stava avvenendo per tutte le altre pubblicazioni in quel periodo (ma rimedierà con lo speciale successivo). Rinnovata anche la grafica di copertina, meno “invasiva” di quelle precedenti. Peccato però che Stano confezioni una copertina bruttarella ed insipida che non avrebbe meritato tutto quello spazio. La storia all’interno purtroppo è anche peggio. Parlando prima dei disegni, troviamo qui un Piccatto ai minimi storici, che sembra ritrovare ispirazione solo nelle vignette in cui compare la stupenda Sherazade che evidentemente anche su di lui riusciva ad esercitare il suo fascino. L’artista piemontese riesce a infondere con il suo tratto la carica erotica e la sensualità che il personaggio poi emana ogni volta che compare. Per il resto le sue tavole sembrano “tirate via”. Deludono soprattutto quelle delle uccisioni ad opera delle creature di luce (terribile la rana alle pagg. 14-15). Passando ai testi, Ruju elabora una storia assolutamente antidylandoghiana che si dipana per 160 interminabili pagini tra intrighi internazionali e cospirazioni politico-militari-scientifiche che fanno incetta di luoghi comuni e con protagonista un insopportabile Dylan “Bond”, che tutto sembra fuorché l’indagatore dell’incubo che tutti conosciamo. E il tutto da sciropparsi per 160 interminabili pagine. La vignetta del tizio sgamato dalla moglie mentre fa apprezzamenti su Sherazade non è nemmeno degna delle barzellette della settimana enigmistica. Fosse stato ideato come parodia consapevole, anzi meglio, fosse stato concepito come soggetto di un Grouchino con battute a raffica e interazione con le 3 improbabili spie avrebbe potuto avere anche un senso e risultare magari divertente. Invece, il risultato finale è la più grossa delusione dei miei primi 14 anni da lettore dylaniato e ad oggi non ho motivi di ripensamento.

BODYCOUNT: 9

TIMBRATURA: Sì (1, Frances)

CITAZIONE: “La luce… la luce ha divorato il mondo… diffidate della luce…”

VOTO: 4

Soggetto: Ruju (32)

Sceneggiatura: Ruju (32)

Disegni: Piccatto (32)


domenica 12 gennaio 2025

Dylan Dog n. 168 - Il fiume dell'oblio

 

Seymour Zaplowsky ha un nome decisamente fuori dell'ordinario, ma se le sue stranezze si limitassero a questo, non sarebbe una cosa tanto grave. In realtà, il povero Seymour è tormentato da visioni improvvise e molto realistiche. Visioni di morte che portano alla luce il cadavere mutilato dell'ultima vittima del Tagliatore di Teste. E Dylan può così alzare il velo su un segreto custodito per vent'anni dalle torbide acque del Fiume dell'Oblio!

Finalmente una buona storia ad accompagnare i disegni di Di Vincenzo, che qui riversa tonnellate di inchiostro nelle sue vignette. Il risultato è assolutamente convincente, perché da una parte riesce ad ammantare la storia della giusta cupezza nei suoi momenti più tesi e dall’altra riesce a rendere più marcate le espressioni dei personaggi. Dal canto suo Medda parte da un soggetto tutto sommato povero, ma la differenza la fa il modo in cui gestisce la sceneggiatura. Tra flashback e visioni dal passato, la narrazione viene infatti affidata dalla metà in avanti a diario e penna di Dylan. Una scelta insolita che rende piacevole la lettura, così come inusuale è il personaggio di Seymour-Simon, una volta tanto un cliente "normale", senza traumi nel passato o verità da nascondere nel presente (oltre al fatto che statisticamente i clienti maschi per Dylan sono sempre stati una netta minoranza). Insolita anche la scelta di inserire il titolo a fondo pagina a conclusione del prologo. Insomma, tanti piccoli piccoli particolari che sollevano l'albo dalla media. Il finale sembra quasi avulso rispetto al resto, ma in realtà fornisce al lettore la chiave di interpretazione di quanto è successo (e poi si è ripetuto) a Fairwater Creek, oltre a giustificare il titolo. Restano però un paio di difetti che minano la credibilità del racconto, come la parte in cui Dylan ipnotizza Simon in carcere (bastano due consigli per imparare i fondamenti dell’ipnosi?) e quella della “materializzazione” delle chiavi. Avrei dato un volto più alto altrimenti. La copertina di Stano si fa apprezzare per le scelte cromatiche di cielo e acqua e per la raffigurazione di Dylan dal basso.

Curiosità: A pag. 26 Simon chiede a Dylan se conosce uno psicanalista e il nostro risponde che ne conosceva uno che “adesso non esercita più”. Anche se non viene espressamente citato, il riferimento è evidentemente al Dott. Bronski (apparso nei nn. 461, 113, oltre a qualche cameo e citazione in altri albi) che era solito usare l’ipnosi nelle sue sedute.

BODYCOUNT: 5

TIMBRATURA: Sì (1, Robyn)

CITAZIONE: “Non so se fu quello l’inizio di tutto, o se è stato solo un frammento di memoria che ha attraversato i millenni… Un ricordo smarrito, uno dei tanti che fluttuano nella corrente del tempo… una goccia nel fiume dell’oblio…

VOTO: 7

Soggetto: Medda (7)

Sceneggiatura: Medda (7)

Disegni: Di Vincenzo (4)