lunedì 16 ottobre 2023

Dylan Dog #136 - Lassù qualcuno ci chiama

 

Una voce è venuta dal fondo dell'universo e ha colpito un radiotelescopio. Tendendo l'orecchio si può sentirla. Dice, chissà perché, di andare a Llangwntffrwd, un piccolo villaggio gallese dal nome impossibile. Laggiù è la chiave del messaggio. Intelligenze aliene? Parole da un passato remoto o divine forze cosmiche? Forse soltanto una piccola anima smarrita nel cosmo, che canta per tutti la sua canzone d'addio...

L’annata 1998 si apre con il capitolo conclusivo della “trilogia ufologica” realizzato dalla stessa coppia di autori, Sclavi e Brindisi, delle due precedenti. Il tema degli alieni viene declinato ancora una volta in maniera diversa, toccando argomenti più “alti” e complessi rispetto a quelli affrontati nei nn. 61 e 131, costringendo Sclavi a un grande lavoro di documentazione. Il più lungo e difficile, stando a quanto scritto nella Post (inedito), svolto nella serie, sia per le lingue, che per la radioastronomia e la “glottologia primordiale”, nonché per gli usi e costumi del Galles, mettendo le mani sugli inevitabili errori. Il risultato è una storia scritta benissimo e disegnata ancora meglio, che stimola alla riflessione, sfodera citazione colte e meno colte, crea un simpatico personaggio ad immagine e somiglianza di Umberto Eco (anch’egli fonte citata peraltro), il simpatico professor Humbert Coe, ma... Sì c’è un grosso ma. L’inizio è verbosissimo. Ci ho messo più tempo a leggere da pag. 17 a 24 che tutto il n. 100, ad esempio. Quando entra in scena Dylan (solo a pag. 26!) va un filo meglio, ma neanche dopo si scherza con “fiumi di parole” che manco i Jalisse. Mai visto uno Sclavi così prolisso. Intendiamoci, è una lettura comunque piacevole, Sclavi sa rendere leggeri e divertenti anche discorsi complessi, ma resta impegnativa per un fumetto. La cosa paradossale è che nonostante le vignette siano spesso invase dai balloon, il lavoro di Brindisi è egregio, senza dubbio il suo migliore per la trilogia. Tornando alle citazioni, tralasciando quelle scientifiche, non mancano quelle interne alla serie: Il picco della strega e Aracne/La profezia. Quest’ultimo è tirato in ballo per l’ambientazione gallese, mentre il primo per la misteriosa scomparsa di giovani su una collina/montagna. Proprio la disputa sulla qualifica di Anam Fìor, ritenuta una montagna dagli abitanti di Llangwntffrwd, in cui questo n. 136 è ambientato, rappresenta un’altra citazione, questa volta cinematografica: L’inglese che salì la collina e scese da una montagna (The Englishman Who Went Up a Hill But Came Down a Mountain, 1995) film diretto da Christopher Mongen con protagonista Hugh Grant e sempre ambientato in un piccolo villaggio del Galles. Il secondo omaggio cinematografico è per Romuald & Juliette (1989), commedia francese diretta da Coline Serreau, ispiratrice del personaggio di Juliet, la donna delle pulizie di colore con cui Dylan finisce (tanto per cambiare) a letto. Scena questa molto divisiva tra i fan dylaniati. Juliet infatti non è né giovane, né avvenente (Dylan stesso la definisce leggermente somigliante a Louis Armstrong!!), una donna normale, con un lavoro normale, alle prese con problemi “terreni” (è una madre single, immigrata dal Senegal). Le critiche puntano su improbabilità, ipocrisia e buonismo. In un’epoca in cui il politically correct (quello sì ipocrita!) non era così esasperato come oggi, per me è una trovata che ci sta tutta in quanto in linea con i messaggi della storia (la sostanza che trascende forma e materia, il linguaggio universale). L’albo ha inoltre qualche involontario punto in contatto con il film Contact (perdonatemi l’orribile gioco di parole) di Zemeckis, all’epoca appena uscito nelle sale, sia nostrane che statunitensi, per cui non poteva certo rappresentare fonte di ispirazione per Sclavi. Infine, parliamo della copertina di Stano, la prima (e finora unica, se non mi sbaglio) “a fumetti” della serie. Occasione per una sfida ai lettori, lanciata sul Club dell’Orrore (inedito), su quali delle lingue che vi appaiono fossero vere o inventate; lingue che devono aver rappresentato un incubo, ma anche una soddisfazione, per la letterista Diana Rocchi. Nella cover Dylan, con i capelli un po’ più lunghi del solito, si trova ai piedi della torre di Babele, una presenza ricorrente anche all’interno dell’albo, omaggio alle opere di Pieter Bruegel il Vecchio.

La prima volta che lo lessi, anche se mi piacque, mi spinse a chiedermi se l'albo che avevo tra le mani fosse lo stesso Dylan Dog che avevo iniziato ad acquistare oltre dieci anni prima. Chi non viene infastidito dall’eccessiva verbosità concluderà la lettura probabilmente gratificato, ma in ogni caso lo trovo il meno riuscito della trilogia ufologica.

Curiosità: (1) Il titolo dell’albo è un chiaro omaggio a quello del film Lassù qualcuno mi ama (Somebody Up There Likes Me, 1956) diretto da Robert Wise. (2) A pag. 26 Dylan afferma di non bere caffè. Affermazione che non trova alcun tipo di riscontro nella serie, né in passato né successivamente.

BODYCOUNT: 0

TIMBRATURA: Sì (1, Juliet)

CITAZIONE: “E chissà che la morte, anziché implosione, sia esplosione… e stampo, da qualche parte, tra i vortici dell’universo, del software (che altri chiamano anima) che noi abbiamo elaborato vivendo, fatto anche di ricordi e rimorsi personali… e dunque sofferenza insanabile… o senso di pace e amore…

VOTO:  8

Soggetto: Sclavi (106)

Sceneggiatura: Sclavi (111)

Disegni: Brindisi (16)

2 commenti:

  1. Anch'io non amo la verbosità nei fumetti (infatti associo l'inizio del calo di "Dyd" con le prime storie della Barbato), ma in tutta sincerità qui non ci ho fatto caso. La trovo una storia stupenda e da amante delle quarantenni (quarantenni battono ventenni 3-0) approvo la scelta di Dylan di andare con Juliet :D !

    P. s. Viva i Jalisse! Da quando hanno iniziato a scartarli da Sanremo, ho smesso di guardarlo (e non mi perdevo un'edizione dal 1951).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non avevo dubbi che a te la storia piacesse (e pure i Jalisse). Ma a me non è che non piace, altrimenti non gli avrei dato un voto così. Ne preferisco altre, ma è di gran qualità. Nelle mie recensioni cerco di mettere sempre in luce pregi e difetti di ogni storia, indipendentemente dal gradimento che ne ho tratto durante la lettura.

      Elimina