giovedì 29 settembre 2022

Dylan Dog #104 - Notte senza fine

 

Angeli e presenze infernali, un assassino prigioniero dell'insonnia e Dylan Dog chiuso in una oscurità eterna. Il tempo si è fermato come si ferma nell'immobile fluire del coma e tutto il mondo pare rapito da un sonno interminabile. Un nuovo enigma che l'Indagatore deve sciogliere nella solitudine notturna, perché soltanto sul fondo della notte scoprirà che "siam fatti della materia di cui son fatti i sogni"...

Dopo il deprecabile esordio di Sinfonia Mortale, La Neve si riscatta con questa sua seconda e ultima storia apparsa sulla serie regolare di Dylan Dog.  Dovrebbe, in realtà, averne scritto un altro paio che però fanno parte di quelle famose “ergastolane” (finora) mai pubblicate. Lasciata di lì a poco la SBE, La Neve, purtroppo scomparso nel gennaio di quest’anno, si dedicherà poi al bellissimo "ESP", progetto tutto suo, nato dalla costola di un suo precedente lavoro (Dipartimento ESP) uscito su “L’intrepido”. Oltre a fumetti (tornerà ancora in Bonelli per Martin Mystere), scriverà in seguito anche sceneggiature per cinema e TV collaborando con i Manetti Bros. In questo n. 104 riesce a dare libero spazio alla sua fantasia, al grottesco e al non sense, mantenendo comunque una certa credibilità nonostante l’assenza di un vero e proprio impianto narrativo. L'elemento onirico è utilizzato ad oltranza, ma con equilibrio, senza strafare e pazienza se non viene pienamente giustificato nel finale. La causa di ciò che accade appare subito intuibile, mentre il perché rimane senza risposta certa. In ogni caso importa poco, è più coinvolgente farsi trascinare dalla sarabanda di situazioni surreali rese molto bene dai disegni del duo Montanari&Grassani, qui forse alla loro ultima buona prova per la serie regolare. Qualche vignetta tirata via c’è, ma ce ne sono altre notevoli come il circo a pag. 52 o gli angeli in volo su Piccadilly Circus (intera pagina 37). Gran personaggio l'assassino insonne, io l’avrei tenuto in ballo sino alla fine. Sorprendente, invece, rivedere Morgana, dopo il n. 100, presente nella carrellata degli amori dylaniati. Probabilmente la storia era già pronta prima del fatidico numero tondo e non c’era più tempo/modo di correggere, a meno che non si volesse far riferimento anche all’amore materno! Nelle ultime pagine, ahimè, si mette il piede in fallo nella retorica, un passo falso perdonabile che però inficia in parte la riuscita di un albo che ai tempi dell’adolescenza consideravo un capolavoro.  Sul Club dell’Orrore (inedito) viene introdotto come divisivo, ovvero, uno di quelli che “solitamente scatenano grandi entusiasmi e altrettanto feroci critiche”. Non mi pare, però, che il tema dell’indifferenza, che avvicina concettualmente il Dylan di La Neve a quello di Chiaverotti, declinato in questo modo potesse prestarsi a polemiche (infatti non mi pare ve ne siano state) come altri argomenti più “caldi” dal punto di vista socio-politico. Infatti ricordo solo lodi e apprezzamenti per l'idea della perdita dei sogni. La copertina di Stano, con quello sfondo nero come la pece, che vede Dylan lottare per salvare una povera Mary Jane senza veli, in una reinterpretazione della 4° vignetta di pag. 92, è semplicemente magnifica.

Curiosità: (1)A pag. 18 scopriamo che sulla parete della sua camera da letto Groucho tiene appesi i poster di alcune discinte donnine. (2)A pag. 20 (ultima vignetta) citazione del mitico cortometraggio Le voyage dans la lune (1902) di Georges Méliés.

BODYCOUNT: 7

TIMBRATURA: Sì (1, Diane)

CITAZIONE: “Sono qui… sola in questo mondo buio…persa in una notte senza fine… il mio cuore è morto… e la colpa è sua… La colpa è di Dylan Dog!”

VOTO:  8,5

Soggetto: La Neve (2)

Sceneggiatura: La Neve (2)

Disegni: Montanari&Grassani (23)

martedì 27 settembre 2022

Dylan Dog #103 - I demoni

 

Una sete terribile e un deserto infuocato. Solitudini infinite e presagi di morte imminente. È in questa terra di orrori che vivono gli incubi. Nelle vene di Dylan Dog, scorre un veleno di cui nessuno conosce l'antidoto. Ventiquattr'ore di vita per scoprire chi è l'assassino, un giorno (o poco meno) per decifrare un'antica alchimia e sfuggire all'abbraccio dei Demoni!

Albo questo generalmente non molto amato dai fan chiaverottiani. Per me, invece, è un autentico gioiellino. All'epoca della sua uscita rimasi sconcertato dinanzi ai prodromi dell’evoluzione stilistica di Casertano, mentre rileggendola oggi mi pare un cambiamento perfettamente naturale e neppure così netto. Bravo il Giampo a mutare rimanendo uguale a sé stesso, ovvero, per i miei gusti, il migliore. Qui il suo tratto sembra balzare, avanti e indietro, da quello “vecchio” a quello evoluto da una tavola all’altra o, addirittura, da una vignetta all’altra. Non so se ciò sia dipeso da una scelta voluta o magari (è una supposizione) da tempi di lavorazione dilatati, fatto sta che quest’alternanza produce un ulteriore effetto straniante nel lettore, contribuendo alla riuscita dell’albo. La storia apparentemente non è che l'ennesima rivisitazione de L'invasione degli ultracorpi (lo pensa anche Dylan a pag. 82), ma la questione dei replicanti resta sullo sfondo e rimane poco approfondita per usare un eufemismo. Il vero focus è infatti la folle corsa contro il tempo di Dylan. Chiaverotti, partendo da un angosciante prologo che sembra preludere a un’indagine tradizionale, sforna una sceneggiatura costellata da momenti genuinamente e potentemente horror (le allucinazioni, i mostri nella serra) e che pigia in maniera decisa sull'acceleratore dal momento in cui Dylan scopre di essere stato avvelenato. Tra pag. 70 e pag. 74 c’è una carrellata di vecchie conoscenze: l’Uomo invisibile, Mana Cerace, i “vampiri”, “Lama di rasoio”, Jekyll, la Morte, Bree Daniels, e tanti altri personaggi e citazioni di albi passati una volta tanto non rispolverati a caso, anzi... Se non fossimo consapevoli che il protagonista di una serie a fumetti potenzialmente infinita non può morire, sembrerebbe davvero di essere al cospetto di un addio. E questo rende più credibile la forsennata corsa per la vita del nostro che trascina vorticosamente anche noi insieme a lui. Bloch, meraviglioso, mostra teneramente il suo lato paterno quando teme di aver perso Dylan, come già avvenuto in Oltre la morte. Groucho resta ai margini, ma trova il modo di farci ridere anche solo comparendo nell’ incubo di pag. 75. Totentanz finale a chiudere degnamente l'albo. La vera chicca è rappresentata però dalla scena del rituale della strega (pagg. 56-60) con sacrificio, invocazione e successivo amplesso mostruoso.

Difetti ne ha a iosa questo n. 103: dalle motivazioni contraddittorie dei “vegetali” alle incongruenze temporali riscontrabili nel corso della narrazione. E sicuramente ve ne sono altri, ma le suggestioni e le emozioni che sprigionano le singole sequenze riescono a farli dimenticare. I disegni di Casertano sono fondamentali a creare l'atmosfera di delirio, malattia e disperazione che eleva l'albo ben al di sopra della media. La copertina di Stano, invece, l’avrei preferita più cupa e scura; inoltre il mostro che minaccia Dylan è molto meno ripugnante, in viso, di quelli che appaiono nella storia.

Curiosità: (1)A pag. 62 si intravede un poster raffigurante la copertina dell’album Ritmo e dolore dei Timoria. (2)A pag. 74 il mostruoso feto (lo stesso del n. 30 La casa infestata) dice a Dylan “anche tu da giovane ti sei ribellato a tuo padre!”. Chiaro riferimento a Xabaras.

BODYCOUNT: 4

TIMBRATURA: Sì (1, Whitney)

CITAZIONE: “Qualcuno forse direbbe che cerco di dare un estremo senso alla vita o alla morte… ma la verità è molto meno retorica… la paura… è lei la nemica più bastarda

VOTO: 8

Soggetto: Chiaverotti (35)

Sceneggiatura: (36)

Disegni: Casertano (11)

lunedì 26 settembre 2022

Almanacco della Paura 1995 - L'uccisore di mostri

 

Scendere all'Inferno per pochi giorni, vedere cosa accade laggiù tra i tormenti più atroci… È successo a lui, l'assassino dello stiletto. Per questo, è tornato dal coma pronto a uccidere; ha visto la vera natura dei mostri, quelli che camminano tra gli umani. E deve distruggerli! Ma la sua mente si è misteriosamente legata a quella di Marianne e ora lei vive il suo stesso incubo, ora lei è una pericolosa testimone…

All’epoca rimasi deluso nel non trovare una storia che, come di consuetudine, affrontasse l’argomento del dossier principale dell’almanacco, dedicato stavolta ai beneamati zombi. Fui comunque parzialmente ricompensato da una lettura gradevole e, tutto sommato, senza pretese. Con L’uccisore di mostri Chiaverotti riporta in auge uno dei temi preferiti di Sclavi, quello dei mostri della società (non a caso viene citato il n. 63 I vampiri), mischiandolo ad un suo classico: l’inversione tra bellezza esteriore e interiore. L'intreccio non è sempre credibilissimo nel suo dipanarsi, ma mantiene una sorta di coerenza di fondo. C’è da scontare però qualche volo pindarico di troppo (il destino del direttore-squalo, la partita dei mostri) e soprattutto alcune leggerezze nella sceneggiatura: debole appare la motivazione dell'omicidio dello psicologo, così come il legame tra Marianne e l’assassino; ancor meno credibile che nel giro di un mese quest’ultimo si sia ripreso completamente da un incidente come quello che ci viene raccontato (con tanto di volto tutto fasciato). Il finale è amarissimo e spiazzante, tra i più duri della serie, e anche da solo varrebbe tutto. Meritevole pure la scena delle torture infernali. Viene riproposta anche la figura del tizio qualunque che a momenti riesce a beccare il cattivone di turno, già sperimentata dal Claudione ne I killer venuti dal buio. Dylan procede nell’indagine tra cazzeggio e colpi di cu.. ehm.. fortuna come da consuetudine chiaverottiana e si mostra irreprensibile nel suo approccio con la cliente. Groucho, invece, insiste un po’ troppo con le sue battute sul sovrappeso, fino a diventare davvero irritante. Altra buonissima prova ai disegni per Siniscalchi, che si dimostra in gran forma come ne I giorni dell’incubo: stavolta si distingue per tavole molto ricche di particolari. Nulla di che, invece, la copertina di Stano; meglio la versione di Villa (che riporto in calce) apparsa sul Super Book n. 20 che ospitava la ristampa della storia. In breve sull’Almanacco 1995: super lavoro per Colombo e Marzorati che si sobbarcano tutte le rubriche e i dossier, ben fatti, soprattutto quello già menzionato sugli zombi. Sparisce definitivamente il riepilogo dell’annata musicale, ma c’è ancora spazio per l’horror cantato grazie all’articolo su Alice Cooper.

Curiosità: (1)Come il secondo almanacco, anche questo ospita una sola storia. Da questo numero in poi diverrà una tradizione per anni, almeno finché la testata manterrà la denominazione “Almanacco della Paura”. (2)A pag. 68 (36° tavola) a casa dell’assassino intravediamo (5° vignetta) una videocassetta di Fa’ la cosa giusta (Do the right thing, 1989) di Spike Lee. (3)A pag. 83 (51° tavolta) Marianne ascolta La donna cannone di De Gregori. (3)

BODYCOUNT: 9

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “La morte non separerà… quello che la vita ha unito…”

VOTO: 7

Soggetto: Chiaverotti (34)

Sceneggiatura: Chiaverotti (35)

Disegni: Siniscalchi (4)