martedì 16 novembre 2021

Dylan Dog Gigante n. 2 - Margherite

 

C'è un luogo che tutti occupiamo nello spazio e nel tempo, c'è un'identità unica che ci dice chi siamo. Ma è così facile smarrirla. In un solo volto, mille volti, in un solo amore, mille amori. Chi è Margherita? Un sogno che vive nel cuore di Dylan, l'ombra di una possibilità impossibile…

Alert: spoiler a go go su tutto il Gigante

Se mi chiedessero di  trovare un filo conduttore tra le quattro storie di questo secondo dylandogone, risponderei “identità”. Perdita d’identità tanto per cominciare. Ne L’inquilino del terzo piano, Dylan inizia progressivamente ad assimilarsi a Kaminski, per poi sdoppiarsi e scontrarsi con il suo stesso doppelgänger. Chi è il vero Dylan? Chi alla fine è davvero sopravvissuto? In Angoscia Shannon è la cliente di Dylan, ma è anche il personaggio di un film forse uscito dallo schermo ed infine si scopre essere la reincarnazione dell’attrice che interpretava quello stesso personaggio. La vera Shannon esiste veramente? Più forzato, lo ammetto, ricondurre Taxi! al tema dell’identità. Ma se vogliamo anche Nathan Jervis non è chi crede di essere. O meglio è lui, ma non è più un vivo,è un fantasma inconsapevole. In Margherite il tema viene invece declinato alla maniera pirandelliana. Uno, nessuno, centomila. Chi siamo noi? Ciò che crediamo di essere o ciò che vedono gli altri? Nella sceneggiatura di Sclavi i differenti aspetti sotto cui si può vedere una persona diventano addirittura tangibili e i punti di vista sono solo due,  reciproci, quelli di Dylan e Margherita. Come in un gioco crudele, ognuno appare all’altro in maniera sempre differente. In questo senso la storia si riallaccia anche al tema del “diverso”, cavallo di battaglia dylandoghiano. Un diverso che si può amare, anche se la realtà è estremamente dolorosa da accettare. E’ la storia d’amore  più sofferta e difficile per Dylan, con un finale crudele e amaro, ma forse, per certi versi, anche la più bella. Ambrosini, autore anche del soggetto, è qui chiamato a realizzare, con successo, disegni commoventi ed intensi come quelli de Il Lungo Addio, con imprevisti momenti horror tipo quello a pag. 201 (19° tavola).

Trentadue pagine capaci di regalare emozioni fortissime. Poesia allo stato puro per la storia breve migliore della serie. Capolavoro.

Curiosità: Primo soggetto dylaniato per Carlo Ambrosini, che di lì a poco avrebbe esordito anche come sceneggiatore.

BODYCOUNT: 1

TIMBRATURA: Sì (1, Margherita)

CITAZIONE: “Siamo solo visioni riflesse, che hanno perso.. in questo labirintico gioco di specchi che è la vita.. la capacità di ritrovare la propria vera immagine”.

VOTO: 10

Soggetto: Ambrosini (1)                             

Sceneggiatura: Sclavi (86)

Disegni: Ambrosini (8)

lunedì 15 novembre 2021

Dylan Dog Gigante n. 2 - Angoscia

 

"L'angoscia", un bel film… Lo danno stasera al cinema Fairy. Andate a vederlo, ma state attenti a non farvi coinvolgere troppo dalla trama, potrebbe essere pericoloso! La storia di Ollie e di sua madre, il loro morboso rapporto omicida, potrebbe entrarvi fin nelle ossa. Potrebbe rapirvi in un mondo di incubi infiniti e trasformare la vostra vita in una folle pellicola!

Altro grandissimo tassello di questo Gigante n. 3. Nel corso della storia, composta da 62 pagine, vengono citati due film con il titolo italiano Angoscia: uno vero (Gaslight di George Cuckor, 1944) e uno di fantasia (quello “del 1968” la cui proiezione, passata e presente, occupa gran parte della sceneggiatura). Viene però taciuto il terzo che è, invece, il vero modello di riferimento per il soggetto: L’Angoscia di Bigas Luna, interessante regista spagnolo (deceduto nel 2013), che in seguito avrebbe distrutto la sua carriera dirigendo l'insostenibile Bambola con Valeria Marini. Dalla pellicola del cineasta iberico Sclavi prende in prestito la struttura "film nel film nel film", il volontariamente irrisolto finale (cosa abbiamo davvero visto/letto?), il killer succube della madre nel finto film che poi è anche presente al cinema, gli efferatissimi delitti. Insomma il buon Tiz piglia.. tutto! Senza contare che si attinge esplicitamente anche da La Rosa purpurea del Cairo, film del 1985 del grande Woody Allen, uno degli artisti più influenti nell’epopea del Dylan Dog dei primi 100 numeri. Sclavi ci mette comunque del suo, aggiungendo alle fonti di ispirazione il tema della reincarnazione, il rapporto morboso con la possessiva madre oversize (che ricorda, anche graficamente, quella del n. 6 La Bellezza del demonio) e alcuni apprezzabili inserti meta-fumettistici. Quando compare il nome di un certo Baraxas, che Dylan associa subito all’ anagramma di Xabaras, è impossibile non avere un sussulto, ma è solo uno specchietto per le allodole. Ambrosini fenomenale, ci regala una delle sue migliori prove da disegnatore. Tra l’altro trovo che il viso in primo piano di Dylan, come lo disegnava lui ai tempi, non avesse eguali in termini di fascino. Come volto, più bello anche di quello di Freghieri. Le sequenze gore del “Conte” hanno poi sempre quel non so che di ripugnante che in un contesto come questo risulta perfetto. Mi rimane solo il dubbio sulla paternità della prima vignetta di pag. 164 (tavola 46).

Pur considerandola davvero una storia ottima, non riesco però ad annoverarla tra le eccellenze assolute, essendo colto dagli stessi sentimenti di dejà vù che provo leggendo L’inquilino del terzo piano o Incubus (anche in quest’ultimo caso troppo poca la farina del sacco di Sclavi rispetto all'archetipo).
Rimane comunque nell'olimpo delle storie più genuinamente horror della serie, con la sua atmosfera malata, l'acceleratore spinto sullo splatter (con picchi assoluti come quello della madre di Olly che si squarcia in due a mani nude), il sottotesto stregonesco, le strizzatine d'occhio a Lynch, il commovente finale con Groucho.

Curiosità: Nel citare l’Angoscia più famoso, Dylan afferma che è un film con Ingrid Bergman e Rex Harrison. Tuttavia si tratta di un errore, in quanto Rex Harrison non ha mai fatto parte del cast della pellicola diretta da Cuckor.

BODYCOUNT: Non quantificabile

TIMBRATURA: Sì (1, Shannon)

CITAZIONE: “Sniff.. l’avevo già visto tanti anni fa, questo film.. nel ’69 mi pare.. ma stavolta è finito meglio..”

VOTO: 9

Soggetto: Sclavi (87)                     

Sceneggiatura: Sclavi (85)

Disegni: Ambrosini (7)

domenica 14 novembre 2021

Dylan Dog Gigante n. 2 - Taxi!

 

Vecchia leggenda metropolitana: uno sconosciuto chiede al tassista una corsa al cimitero e poi scompare. Poco dopo, lo sbigottito autista scopre d'aver dato un passaggio a un defunto. Per Nathan Jervis questa è molto più che una "leggenda": a quanto pare, tutti i suoi clienti sono spettri…

Delicato intermezzo tra le due storie lunghe di questo gigante. Da un soggetto che sa di già visto/letto, Sclavi è bravo a sviluppare, in sole 13 pagine, una sceneggiatura non ruffiana che non cade nella trappola del patetismo o della vuota retorica. Solo grande rispetto per i cari estinti e un Brindisi strepitoso illustratore di fantasmi, che per la prima volta su Dylan Dog fa uso della mezza tinta. Notevole il raffinato lavoro di lettering di Diana Rocchi.

Curiosità: Rispetto al Gigante n.1 che conteneva tre storie (due di lunghezza tradizionale e una breve), questo n. 2 passa a quattro (due lunghe e due brevi, tutte di lunghezza diversa). Il successivo n. 3, che uscirà sempre nel corso del 1994 a causa delle modifiche apportate dalla Bonelli nella calendarizzazione delle uscite extra-regolare, scenderà invece a due.

BODYCOUNT: 0

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Ho bisogno di un testimone, perché il mio scopo è entrate nel guinness dei primati come l’uomo che ha visto più fantasmi!”.

VOTO: 8,5

Soggetto: Sclavi (86)                     

Sceneggiatura: Sclavi (84)

Disegni: Brindisi (7)

sabato 13 novembre 2021

Dylan Dog Gigante n. 2 - L'inquilino del terzo piano

 

Il povero signor Kaminski era ovviamente affetto da paranoia. Sosteneva che i suoi vicini di casa lo tormentassero con mille astuzie, che volessero farlo impazzire… E forse aveva ragione! Cosa vive tra le vecchie pareti di quel palazzo? Forse la peggiore maledizione, quella che ci condanna a guardare noi stessi dentro uno specchio penetrante, ad affrontare la nostra immagine, il nostro doppio.

Il 1994 è inaugurato dall’albo Gigante più bello di sempre.  Come il precedente è ancora un “tutto Sclavi”, anche se il Tiz, già in fase di abbandono dalla serie, probabilmente aveva già scritto da tempo le quattro storie che lo compongono. Iniziamo partendo dalla prima, L’inquilino del terzo piano, una delle migliori in assoluto tra quelle pubblicate sul “dylandogone” e tra le meglio riuscite dell’intera serie. Spoiler da qui in avanti. Sclavi aveva già fatto le prove generali per questa storia con uno degli episodi de Gli inquilini arcani, intitolato, con uno slancio di fantasia, Il fantasma del III piano, mentre un altro, L’appartamento n. 13, ne condivideva l’atmosfera. Qui il Tiz porta a completa maturazione la sua personale rilettura dell'omonimo film di Roman Polanski (1976), che a sua volta mutuava le atmosfere quasi kafkiane del romanzo di Topor da cui è tratto. Sclavi utilizza parecchi elementi, scene e particolari della pellicola, a volti rimescolandoli (le bende, i simboli egizi) ma il processo di perdita d’identità non è seguito sino in fondo, rinunciando alla circolarità della pellicola di Polanski in favore di un approccio originale. Il finale dell'albo riconduce infatti a uno sdoppiamento della stessa persona in due individui, non solo a livello pischico ma anche fisico. La pensione di Zoltan, nel suo essere dimora di doppelgänger, rimanda inoltre agli incubi di Casa Velasco dello Speciale n. 5. Una suggestione veicolata  anche dai disegni di un Casertano strepitoso, che per l’occasione fa largo uso delle sue vignette “deformate” regalandoci formidabili perle (pag. 22, pagg. da 53 a 55). Il buon Giampiero rende palpabile la progressiva paranoia di Dylan e opprimente la claustrofobica ambientazione condominiale, chiudendo così in maniera splendida i suoi primi 7 anni di collaborazione con l'indagatore dell'incubo. Dopo una pausa lo ritroveremo "diverso".  Se invece Stano non ha mai avuto un gran feeling con le copertine degli speciali, lo stesso non si può affermare per quelle dei giganti. Bellissima anche questa del n. 2, sempre ad acquerelli come la prima, anche se l’ombra nera con il cappellaccio è un po’ fuori focus rispetto all’atmosfera della storia.

Non arriva all’eccellenza assoluta solo per l’eccessivo legame a doppio filo con il modello polanskiano, ma il livello è altissimo.

Curiosità: Dopo il n. 26 Dylan torna a fare “cilecca”.

BODYCOUNT: 6

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Non ho voglia di fare il galeone.. né di leggere, o suonare il clarinetto.. e il tempo sembra che non passi mai.. non viene mai l’ora di tornare a.. a casa..”

VOTO: 9

Soggetto: Sclavi (85)      

Sceneggiatura: Sclavi (83)

Disegni: Casertano (10)

lunedì 8 novembre 2021

Dyd Awards 1993 - Il meglio dell'annata dylaniata

 

 

Cari zombetti miei (questa l'ho rubata a Zio Tibia, per chi se lo ricorda),

un'altra annata dylaniata è agli archivi. Sì lo so, dovrei cambiare il logo di questa rubrica, ma l'accidia è dura da debellare. Finirò anche io come Dylan tra le Sette anime dannate prima o poi? Comunque a leggere le storie uscite nel 1993 non mi sono certo annoiato e neppure ho fatto fatica. Anzi considero questa una delle migliori annate in assoluto per Dylan. Sclavi ci regala qui diverse perle prima del suo abbandono ed anche nel 1994, con storie già preparate prima invero, il suo apporto alla causa sarà fondamentale.  Vorrei scrivere tante altre cose intelligenti e interessanti, ma non ne ho detta nemmeno una! La fantasia è poca, il tempo pure e il cervello è quello che è. Tanto lo so che a voi che bazzicate questi lidi interessa solo la classifica. O no? I premi? Le statistiche? Con un incredibile e imprevisto guizzo di novità, cambio l'ordine degli awards. E limito le nomination a tre, almeno per questo giro.

Sceneggiatore più prolifico: ancora una volta Sclavi con 17 storie, segue Chiaverotti con 6 e chiude Mignacco con 1.

Disegnatore più prolifico: Casertano (198 tavole) che grazie alle 10 pagine de I vicini di casa stacca gli esordienti Siniscalchi e Rinaldi (188). Poco dietro Freghieri con 175 tavole.

Timbrature: 15 (record!)

Bodycount complessivo:117 + un imprecisato numero di contagiati del n. 86

MIGLIOR COPERTINA Nomination: Gigante n. 1, Lontano dalla luce, Zed

 ..and the winner is: Angelo Stano per il Gigante n. 1

Non c'era proprio gara stavolta. Stiamo parlando di una delle migliori copertine di Stano in assoluto. Ad omaggiare una storia che nomineremo tra poco..

MIGLIORI DISEGNI Nomination: Andrea Venturi (Johnny Freak), Piero Dall'Agnol (Lontano dalla luce), Gianluigi Coppola (Doktor Terror)

 ..and the winner is: Andrea Venturi per Johnny Freak

Venturi avrebbe già forse meritato lo scorso anno per L'uomo che visse due volte. Qui vince a mani basse, grazie a disegni emozionanti e dinamici che smuovono la sensibilità del lettore. Ennesima nomination per Dall'Agnol che neanche stavolta porta a casa il trofeo. Mi toccherà dargli un premio alla carriera? Apporto grafico di Coppola fondamentale per Doktor Terror (che gli costa pure il posto), ma non basta.

MIGLIOR STORIA Nomination: Totentanz, L'ultimo uomo sulla terra, Johnny Freak,

 ..and the winner is: Totentanz (Sclavi & Casertano) su Gigante n. 1

Forse un po' a sorpresa è ancora una volta la coppia, garanzia di qualità, Sclavi-Casertano a portarsi a casa il premio. La preferisco di poco a L'ultimo uomo sulla terra a cui manca qualche pagina in più per raggiungere l'eccellenza e a Johnny Freak penalizzato dalla ricerca della lacrima facile. Tutte storie che ho valutato 10 quindi sfida di altissimo livello. 


 CLASSIFICA FINALE STORIE 1993

1)Totentanz
2)L'ultimo uomo sulla terra
3)Johnny Freak
4)Sogni
5)Il cervello di Killex
6)Horrorpoppin
7)Maledizione nera
8)Il ritorno del vampiro
9) Zed
10)I killer venuti dal buio
11)Delitti d'amore
12)Incubus
13)Il diavolo nella bottiglia
14)Doktor Terror
15)Lontano dalla luce
16)Il giorno del giudizio
17)Stelle cadenti
18)Feste di sangue
19)Gnut
20)La fata del male
21)Fantasmi
22)I vicini di casa
23)Spettri
24)Storia di un povero diavolo

sabato 6 novembre 2021

Dylan Dog n. 87 - Feste di sangue

 

A Natale si è tutti più buoni… o quasi. Il signor Grant ha donato gran parte delle proprie ricchezze agli ospizi per poveri della città, ma i senzatetto, i disperati di Londra non sembrano gradire. Mutano in mostri orrendi e tingono di rosso sangue la neve delle feste. Per Dylan Dog, è un viaggio dentro l'umanità sconfitta delle strade, alla ricerca di una maledizione senza volto… Un creatore di incubi natalizi!

Albo a tema natalizio per concludere l’annata 1993. Che le feste portino tristezza e malinconia in diverse case e a tante persone è risaputo. Qui uccidono pure. Dylan torna a frequentare i bassifondi di Londra dopo i drammatici fatti raccontati da Sclavi ne Il Marchio Rosso, ma questa volta il buon Chiaverotti attinge dal b-movie Horror in Bowery Street (1987, diretto da Jim Muro) per lo spunto del soggetto. E come in quel film sono le sequenze splatter a farla davvero da padrone, soprattutto grazie agli splendidi disegni di Rinaldi che già al suo esordio nel n. 79 aveva dimostrato di trovarsi a suo agio nell’illustrare frattaglie e sbudellamenti vari. Non manca il sangue dalla bocca, una vera fissa di Chiaverotti che qui taglia quota 20 ai testi della serie regolare. La sceneggiatura guarda al collaudato modello de Gli Uccisori e difatti il bodycount è piuttosto elevato, anche se non si arriva a stragi di massa come quelle del n. 5. La critica sociale si mantiene blanda, la retorica più contenuta rispetto ad altre occasioni e va bene così. Pochi fronzoli e più horror. Il personaggio meglio caratterizzato è la cattivissima vecchietta tentacolare, protagonista anche della copertina a tema di Stano, mentre la scena che resta più impressa è quella della “proroga a tempo indeterminato dell’affitto” con esplosione delle interiora del padrone di casa a mo’ di Alien. Deludente invece il finale, con l’anticlimatico spiegone prima e il bluff di Julius coi denti da vampiro (servivano veramente?) poi. Il twist conclusivo con il cane ci mette una pezza. Altra storia che ho rivaluto con quest’ultima rilettura e che si merita una sufficienza piena. Un valido filler.

Curiosità: (1)Chinaski Lane, la via dove Julius da appuntamento a Dylan è un omaggio a Henry Chinaski, alter-ego letterario di Charles Bukowski. Personaggio e autore saranno omaggiati in un successivo albo, il n. 114 della serie regolare, in cui Dylan avrà nuovamente a che fare con un gruppo di clochard. (2)Sulla post (inedito) un lettore (tal Nicola di Verona) esponeva una stima sull’aumento di prezzo degli albi, partendo dalle 700 lire sborsate nell’aprile del 1992 per il n. 1 di Martin Mystere e passando per le (allora) attuali 2.500 lire: “si può facilmente dedurre che tra 25 anni (quando uscirà il n. 382 di Dylan Dog) l’albo costerà all’incirca la spropositata somma di 6.500 lire. Roba da matti!”. Beh il lettore ci ha quasi preso, sbagliando di pochissimo e addirittura per difetto. Il n. 382, Il macellaio e la rosa, è uscito in edicola al prezzo di € 3,50 corrispondenti a circa 6.776 lire.

BODYCOUNT: 22

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Questa è l’ecatombe dei delinquenti! E, sapere, credo che il merito di tutto sia mio: ieri ho chiesto a Babbo Natale di distruggere quei bastardi.. e forse.. forse ha sentito anche il demonio!”

VOTO: 6,5

Soggetto: Chiaverotti (21) 20° per la serie regolare

Sceneggiatura: Chiaverotti (22) 20° per la serie regolare

Disegni: Rinaldi (2)