lunedì 15 novembre 2021

Dylan Dog Gigante n. 2 - Angoscia

 

"L'angoscia", un bel film… Lo danno stasera al cinema Fairy. Andate a vederlo, ma state attenti a non farvi coinvolgere troppo dalla trama, potrebbe essere pericoloso! La storia di Ollie e di sua madre, il loro morboso rapporto omicida, potrebbe entrarvi fin nelle ossa. Potrebbe rapirvi in un mondo di incubi infiniti e trasformare la vostra vita in una folle pellicola!

Altro grandissimo tassello di questo Gigante n. 3. Nel corso della storia, composta da 62 pagine, vengono citati due film con il titolo italiano Angoscia: uno vero (Gaslight di George Cuckor, 1944) e uno di fantasia (quello “del 1968” la cui proiezione, passata e presente, occupa gran parte della sceneggiatura). Viene però taciuto il terzo che è, invece, il vero modello di riferimento per il soggetto: L’Angoscia di Bigas Luna, interessante regista spagnolo (deceduto nel 2013), che in seguito avrebbe distrutto la sua carriera dirigendo l'insostenibile Bambola con Valeria Marini. Dalla pellicola del cineasta iberico Sclavi prende in prestito la struttura "film nel film nel film", il volontariamente irrisolto finale (cosa abbiamo davvero visto/letto?), il killer succube della madre nel finto film che poi è anche presente al cinema, gli efferatissimi delitti. Insomma il buon Tiz piglia.. tutto! Senza contare che si attinge esplicitamente anche da La Rosa purpurea del Cairo, film del 1985 del grande Woody Allen, uno degli artisti più influenti nell’epopea del Dylan Dog dei primi 100 numeri. Sclavi ci mette comunque del suo, aggiungendo alle fonti di ispirazione il tema della reincarnazione, il rapporto morboso con la possessiva madre oversize (che ricorda, anche graficamente, quella del n. 6 La Bellezza del demonio) e alcuni apprezzabili inserti meta-fumettistici. Quando compare il nome di un certo Baraxas, che Dylan associa subito all’ anagramma di Xabaras, è impossibile non avere un sussulto, ma è solo uno specchietto per le allodole. Ambrosini fenomenale, ci regala una delle sue migliori prove da disegnatore. Tra l’altro trovo che il viso in primo piano di Dylan, come lo disegnava lui ai tempi, non avesse eguali in termini di fascino. Come volto, più bello anche di quello di Freghieri. Le sequenze gore del “Conte” hanno poi sempre quel non so che di ripugnante che in un contesto come questo risulta perfetto. Mi rimane solo il dubbio sulla paternità della prima vignetta di pag. 164 (tavola 46).

Pur considerandola davvero una storia ottima, non riesco però ad annoverarla tra le eccellenze assolute, essendo colto dagli stessi sentimenti di dejà vù che provo leggendo L’inquilino del terzo piano o Incubus (anche in quest’ultimo caso troppo poca la farina del sacco di Sclavi rispetto all'archetipo).
Rimane comunque nell'olimpo delle storie più genuinamente horror della serie, con la sua atmosfera malata, l'acceleratore spinto sullo splatter (con picchi assoluti come quello della madre di Olly che si squarcia in due a mani nude), il sottotesto stregonesco, le strizzatine d'occhio a Lynch, il commovente finale con Groucho.

Curiosità: Nel citare l’Angoscia più famoso, Dylan afferma che è un film con Ingrid Bergman e Rex Harrison. Tuttavia si tratta di un errore, in quanto Rex Harrison non ha mai fatto parte del cast della pellicola diretta da Cuckor.

BODYCOUNT: Non quantificabile

TIMBRATURA: Sì (1, Shannon)

CITAZIONE: “Sniff.. l’avevo già visto tanti anni fa, questo film.. nel ’69 mi pare.. ma stavolta è finito meglio..”

VOTO: 9

Soggetto: Sclavi (87)                     

Sceneggiatura: Sclavi (85)

Disegni: Ambrosini (7)

1 commento:

  1. Non mi ha mai esaltato. Secondo me, in questo sottogenere (quello delle storie in cui non si sa dove termini la realtà e inizi la finzione), Sclavi aveva fatto molto meglio con "Diabolo il Grande" e soprattutto "Grand Guignol".

    Qui mi sembra che Sclavi vada avanti per inerzia, in maniera confusa, senza un'idea precisa in testa.

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