giovedì 30 settembre 2021

Dylan Dog #71 - I delitti della mantide

 

Certo, essere “single” non è sempre una scelta, talvolta è la vita a imporcelo. Ma forse non è la peggiore delle alternative... Peggio è incontrare la tenebrosa amante-killer meglio nota come Mantide; lei potrebbe mettere fine alla vostra solitudine con un colpo di coltello ben assestato. Chi è questo “Jack Lo Squartatore” al femminile, e come fermarlo? Tra Dylan Dog e l'angelica Ellen si stende l'ombra di un sospetto

Albo che certifica la  compiuta maturazione di Chiaverotti come sceneggiatore. Claudio dimostra di aver appreso appieno la lezione sclaviana, pur mantenendo intatto il suo personalissimo approccio alla narrazione delle avventure dell’indagatore dell’incubo. Si gioca sul sicuro con lo schema del giallo, non classico ma di matrice argentiana: vedasi il look dell’assassino nel finale, la voce contraffatta, l’efferatezza degli omicidi. Il dichiarato modello di partenza è però Seduzione Pericolosa (Sea of Love, 1989), film diretto da Harold Becker con protagonisti Al Pacino e Ellen Barkin, che regala il suo nome di battesimo alla partner dylaniata di turno, fisicamente modellata da parte di Brindisi sull’attrice italiana Domiziana Giordano.  Certo trama, titolo e la bellissima copertina di Stano potrebbero suggerire anche Basic Instinct, ma il film di Verhoeven sarebbe stato distribuito nelle sale italiane solo il mese successivo l’uscita dell’albo e considerati i tempi di lavorazione bonelliani è estremamente improbabile che potesse rappresentare fonte di ispirazione per Chiaverotti, pure se fosse stato presente all’anteprima americana. Comunque abbondano riferimenti, esplicitati e non, ad altri film: il toccante Harold e Maude (1971) di Hal Hasby, In cerca di Mr. Goodbar (1977) di Richard Brooks, il thriller, di cui viene spoilerato l’assassino, Doppio Taglio (1985) di Richard Marquand, L’ombra del dubbio (1943) di Hitchcock che presta il titolo al secondo capitoletto, Marty vita di un timido (1955) di Delbert Mann che peraltro ispirerà anche Sclavi per la sceneggiatura del #244. E ancora, attori celebri: Virna Lester è Virna Lisi, Roddie è Rick Moranis (modellato sull’invadente vicino di casa da lui interpretato in Ghostbusters), i bambini truccati come Jason e Freddy; riferimenti letterari: Anna Karenina di Tolstoj; luoghi reali: il club “Hiroshima mon amour” di Torino. E chissà quante cose non ho colto o dimentico (avevo scritto un altro appunto a matita che non riesco più a decifrare!). Malgrado l’ipercitazionismo la storia riesce a mantenere una sua precisa identità, trattando con delicatezza i temi della solitudine e del mal d’amore senza rinunciare a punte di crudeltà e momenti di poesia. Fondamentale al proposito si rivela il ricorso agli sprazzi sul futuro dei comprimari/comparse che Sclavi aveva varato con successo già nel mitico # 10. Si avverte tanto del Dylan dei primi numeri in questa storia e non solo per i richiami ai casi dei nn. 2 e 47 (peraltro anche il riferimento al “calore della vita” di pag. 39 ricorda Jack lo squartatore). Ellen senza dubbio una delle conquiste migliori del nostro, particolarmente attivo e sessualmente disinvolto in quest'albo tanto da regalarsi un’altra “doppietta” (anche se una delle due “timbrature” è fuoricampo) subito dopo lo Speciale n. 6. Il quantitativo di nudi e scene hot è ai livelli massimi per gli standard bonelliani, anche se Chiaverotti saprà ripetersi presto con Armageddon. Brindisi, fin lì curiosamente all’opera ogni dieci numeri esatti (esordio nel # 51, ritorno nel # 61 e poi in questo #71), è già in crescita rispetto alle prime due prove dylaniate ma non ancora ai livelli da slogatura di mascella che raggiungerà in seguito.

Ottima storia, generalmente un po’ sottovalutata.

Curiosità: (1)Errore a pag. 96, 3° vignetta: Roddie tiene per mano un maschietto e una femminuccia, ma la didascalia dice che avrà due figli, Bob e Steven, presumibilmente maschi visti i nomi. (2)A pag. 62 Dylan dichiara di non essere mai stato sposato, affermazione che in futuro verrà clamorosamente smentita.(3)A pag. 46 Dylan definisce Bloch “una specie di secondo padre”. Chi avrebbe pensato che un giorno lo sarebbe divenuto a tutti gli effetti?(4)Nella Horror Post dell’inedito viene annunciata la statua di piombo di Dylan Dog (realizzata in soli 500 esemplari al costo di 60.000 lire) e si comincia a parlare di un primo film per il nostro. (5) Sul “Giornale di Sergio Bonelli” (sempre inedito), parlando delle future uscite dylaniate, oltre ad annunciare il secondo team-up con Martin Mystere e il “Dylandogone” (nomignolo del Gigante), si fa riferimento all’uscita di altre storie sulla rivista Comic Art. Questa seconda collaborazione con la casa editrice fondata da Rinaldo Traini, dopo la fortunata esperienza de Gli Inquilini Arcani, non si è però mai concretizzata. (6)Sullo stesso Giornale, nell’ultima pagina si rinnova la campagna contro l’abbandono degli animali, con una tavola disegnata, come quella apparsa l’anno precedente sul n. 59, da Giampiero Casertano. Anche stavolta la riporto in calce al post. (7)In un recente post sulla sua pagina facebook Brindisi ha rivelato che la seconda vignetta di pag. 9 è stata rifatta da Michele Pepe, all'epoca art director insieme a Luigi Corteggi, perchè quella da lui originariamente disegnata era troppo osè.

BODYCOUNT: 10

TIMBRATURA: Sì (2, Terry e Ellen)

CITAZIONE: “Io credo che noi non siamo stati creati per essere felici.. noi siamo qui per farci del male.. per soffrire.. per distruggerci”.

VOTO:  9

Soggetto: Chiaverotti (14)

Sceneggiatura: Chiaverotti (15)

Disegni: Brindisi (3)


 

mercoledì 29 settembre 2021

Dylan Dog presenta Groucho (1) - La cosa misteriosa che vive dietro il frigorifero

 

"Veramente io cercavo Dylan Dog!"… Niente da fare, quando l'Indagatore è impegnato altrove è il suo inarrestabile assistente a risolvere i casi più terribili. Completo di baffi e sigaro, il buon vecchio Groucho deve affrontare i capricci di un gatto incantato. La bestia ostinata non fa che guardare dietro il frigorifero… Che ci sarà mai là dietro?

A partire dallo Speciale n. 6, in sostituzione dei volumetti dell’”Enciclopedia della Paura”, ecco arrivare in allegato un albetto di 32 pagine, tutto dedicato alla “spalla” dell’indagatore dell’incubo. L’appuntamento si rinnoverà ogni anno sino al 1999, per un totale di otto volumetti noti tra i fan dylaniati con il nomignolo di “grouchini”, per essere poi soppresso a favore di un aumento di pagine dello Speciale (operazione che in termini di costi conveniva alla Bonelli). Buon esordio per il Groucho solista, che si diverte all'inizio a parodiare il suo principale per poi partire con una sarabanda di battute a raffica. Sclavi cerca anche di costruire una storia "seria", autobiografica o per meglio dire auto-miciografica (i gatti sono uno dei grandi amori di Tiz). Nel finale ci scappa anche un po' di malinconia per l’adorabile felino co-protagonista, mentre Groucho, facendo le veci di Dylan, aggiorna il diario. Perfetta la scelta di Piccatto, perché ai tempi era quello che, a mio parere, meglio disegnava il bizzarro assistente del nostro, oltre ad essere particolarmente adatto all’impronta ironico-surreale data alla storia. Semplice semplice la copertina di Stano che regala un bel primo piano al “baffo”. In terza di copertina una rubrica che diverrà subito fissa, il “Battutario Grouchesco” ovvero una raccolta di freddure scelte tra le centinaia degli anni precedenti.

Simpatico, ma preferisco i grouchini più non-sense o demenziali come il successivo, inarrivabile, Horrorpoppin.

Curiosità: (1)Coerentemente, mentre Groucho è assente nello Speciale, Dylan non compare in questo albetto; una situazione che si ripeterà negli anni successivi, con qualche eccezione. (2) Dal momento che sono fresco di lettura dello Speciale n. 35, mi hanno particolarmente colpito alcuni passaggi dell’editoriale di pag. 2 (non spoilero nulla, chi ha letto capirà): “questo caro pazzoide,  diciamo che è il sosia (ma forse si trucca, con baffi finti e parrucca chissà) del grande Groucho Marx [..] Come il vero Groucho, il nostro ha fatto l’attore, in gioventù, prima di diventare amico e assistente di Dylan (e in che modo lo è diventato è ancora una storia tutta da raccontare)”.

BODYCOUNT: 2

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Non solo quel gatto, ma tutti.. quando alzano d’improvviso la testa, e fissano un punto vuoto magari per ore.. sì forse stanno vedendo il più grande mistero dell’universo: il nulla..”

VOTO: 7

Soggetto: Sclavi (64)

Sceneggiatura: (59)

Disegni: Piccatto (10)

martedì 28 settembre 2021

Dylan Dog Special #6 - Sette anime dannate

 

Benvenuti a Xanador, signori! Un castello senza tempo, abitato da marionette. Siete ospiti di un invisibile padrone di casa, pedine di un gioco di vita e di morte. È la recita del delitto e del castigo, che punirà i vostri peccati con la pena suprema e definitiva. Non c'è via di fuga da Xanador, perchè non si sfugge a se stessi. Non puoi scappare dal futuro che è già chiuso nella tua anima dannata...

Sclavi rispolvera lo schema vincente, già sperimentato con successo nella doppia #16-#17, dei Dieci piccoli indiani (o Ten little niggers che dir si voglia) di Agatha Christie, romanzo qui esplicitamente citato, lanciando una sfida alla scrittrice inglese già dalla pagine dell’editoriale. Rispetto a Il Castello della Paura/La dama in nero si cambia (giustamente) registro, spostandosi dal giallo classico al soprannaturale che di fatto, nella storia uscita sulla serie regolare, era solo di facciata. Qui, invece, è evidente da subito che ci sono in gioco forze ben più alte di quelle terrene, tuttavia la rivelazione dell’identità dell’esecutore materiale degli omicidi è comunque sorprendente. In questo Sclavi si dimostra bravo come la Christie nell’ingannare il lettore. L’idea di un assassino che punisce simbolicamente i colpevoli dei sette peccati capitali sembra invece anticipare Seven di David Fincher, tuttavia le due opere non hanno nient’altro in comune. La sceneggiatura nell’ultima parte soffre un po’, vuoi perché i personaggi rimasti sono sempre meno, vuoi perché Sclavi sembra più interessato ad alcune cose (il duello finale in stile Guerra dei Roses, lo spiegone dell’angelo) dimenticandone altre (le filastrocche dopo il quarto delitto si interrompono). Non manca il sano umorismo grazie al ruvido cinismo di Lucinda, alle gag delle marionette, alle interazioni tra gli ospiti del castello particolarmente sopra le righe e presentati in modo caricaturale. Dylan si dimostra un po’ distratto rispetto al solito (ma c’è un perché), si riconosce colpevole d’accidia, ribadisce il suo scetticismo dichiarandosi pronto a metterlo da parte per soldi, ruba le battute a Groucho assente giustificato e firma una “doppietta” con due partner fisicamente e caratterialmente agli antipodi proprio come ai tempi dei #16-17, anche se afferma che per lui “è sempre la prima volta” (pag. 88). Come si poteva non adorare un personaggio così? Roi, alla sua terza prova speciale (su sei numeri allora usciti), ci regala una Xanador gotica da brividi, alcuni primi piani da slogatura di mascella, marionette tanto buffe quanto inquietanti, momenti indimenticabili come l’arrivo di Scrooge (pag. 15-16) e la “chicca” dei quadri degli ospiti defunti (pag. 109). Eccelso. Difficile scegliere, a livello di disegni, tra Sette anime dannate e il precedente (per lui) Mefistofele. Finalmente una copertina riuscita di Stano anche per gli special, dopo le due non esaltanti prove dei nn. 4 e 5. Lodo sempre il lettering di Piero Ravaioli, questa volta tocca finalmente a Marina Sanfelice ricevere una menzione d’onore.

Curiosità: (1) Da questo Speciale l’”Enciclopedia della Paura” viene sostituita dai “grouchini”. Ne parlerò più approfonditamente nel prossimo post. (2) A pag. 12 viene citato La casa degli uomini perduti. Per l’occasione Dylan strizza l’occhio al lettore affermando “già, ogni anno qualcosa di speciale”.

BODYCOUNT: 6

TIMBRATURA: Sì (2, Lucinda e Maria)

CITAZIONE: “Grazie, ma ho già un posto prenotato alla sezione inferno dell’inferno”.

VOTO:  9

Soggetto: Sclavi (63)

Sceneggiatura: Sclavi (58)

Disegni: Roi (16)

venerdì 24 settembre 2021

Dylan Dog #70 - Il bosco degli assassini

 

Spuntano dalle tenebre e calano sui viaggiatori come un'orda di barbari. Sono la Banda del Bosco, una ciurma di assassini spietati, mutanti dai misteriosi poteri che uccidono per piacere. Unica sopravvissuta alla loro furia è la giovane Meggan Page e Dylan deve proteggerla a tutti i costi. Ma nel fitto della foresta, tutto può accadere, e mentre la caccia infuria, la preda può diventare cacciatore.

Dopo una storia “impegnata” come il #69, eccone subito una sgangherata e maledettamente divertente. La sceneggiatura non vuol mai prendersi sul serio, tanto che la trama non è altro che un pretesto per mostrare le efferate gesta della banda del bosco, che spaziano da omicidi creativi ad azioni assurde che sfiorano il trash (gli alberi abbattuti), infarcendo di prepotenza tutto l’albo di citazioni e omaggi. Solo a pag. 11 ce ne sono addirittura due: Scanners e Nightmare. L’evasione di Birba è ispirata a quella di Hannibal Lecter ne Il silenzio degli innocenti. Compare Woody Allen nei panni dello strambo inventore Andrew Hobbs, personaggio da lui stesso interpretato nel film Commedia sexy in una notte di mezza estate. C’è pure un omaggio a Tex (pag. 80, ultima vignetta) e chissà quanti altri ne dimentico o non ho colto. Si respira un’aria truce, violenta e malsana, grazie anche ai disegni di Coppola, perfetti  nel ricreare un’atmosfera da film di genere anni ’70. Gli stessi assassini del bosco sembrano un mix di freaks stile famiglia di Non aprite quella porta  e sadici banditi tipo quelli capeggiati da Tomas Milian in Milano Odia: la polizia non può sparare(*) di Umberto Lenzi. Di entrambi i film sono rinvenibili elementi se pur rielaborati ad hoc. Con l'intermezzo “Magic Moments” Chiaverotti cerca di recuperare la formula della “storia nella storia” già sperimentata con successo da Castelli in Dal Profondo e da lui medesimo ne Il mistero del Tamigi, con esiti meno convincenti. Tuttavia il racconto della genesi della Banda del Bosco, vera protagonista dell’albo in luogo di un Dylan testimone-vittima degli eventi, è tanto strampalata quanto efficace. Tutto si svolge in maniera così talmente sopra le righe che si riesce persino ad accettare un finale che tocca vette di non-sense clamorose. Effetti di una possibile autocensura ancora non si scorgono. Lo splatter qui abbonda tra teste esplose e gole squarciate e c’è di nuovo l’omicidio, fuoricampo, di una bambina (in precedenza era stato Sclavi, più volte, a vestire i panni di novello Erode). La copertina di Stano non rende pienamente giustizia all’albo.

Pura serie B, consapevole e fiera di esserlo.

BODYCOUNT: 23

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “O forse non era un caso.. Forse il destino voleva che ci incontrassimo.. per diventare la banda del bosco!”.

VOTO:  7,5

Soggetto: Chiaverotti (13)

Sceneggiatura: Chiaverotti (14)

Disegni: Coppola (3)

(*)Anche se forse non mi leggerà mai, ringrazio Stavros del forum di Cravenroad.it per l'imbeccata.

mercoledì 22 settembre 2021

Dylan Dog #69 - Caccia alle streghe

 

Tempi duri per i fumetti, caro Dylan! Corruttori dell'infanzia, maligni seduttori dell'innocenza, causa di ogni decadenza morale. "Bisogna farli sparire!", urlano i benpensanti, nuovi inquisitori del Ventesimo secolo. E per Justin Moss, innocuo disegnatore, le cose si mettono male. Quale partita di potere si gioca dietro le quinte di questa commedia? Quali antichi mostri vogliono tornare dai secoli bui per impadronirsi del presente… e del futuro?

 Caccia alle streghe è una tappa fondamentale nella storia di Dylan Dog. In primis (e soprattutto) rappresenta il manifesto dylaniato contro la censura, una presa di posizione decisa nei confronti della crociata contro i fumetti horror iniziata con la famosa interrogazione parlamentare dell’ottobre 1990, promossa anche da deputati di sinistra. Il bersaglio principale era stata la casa editrice Acme con le pubblicazioni Splatter e Mostri, insieme ad altre realtà di nicchia. Il tutto era partito qualche tempo prima dalla denuncia di un privato e alla conseguente decisione del tribunale di Monza di condannare l’editore e il direttore editoriale di Acme a quattro mesi di reclusione(*). I fumetti horror furono accusati di ogni nefandezza, dall’istigazione a delinquere al degrado morale e molti giornali di allora cavalcarono l’onda. Splatter chiuse i battenti qualche mese dopo. Dylan Dog scansò ogni coinvolgimento diretto, ma il clima da inquisizione era ancora forte e di riflesso la testata, per effetto dell’enorme popolarità goduta in quegli anni, fu comunque spesso associata a quelle finite nell’occhio del ciclone. Sclavi, quindi, riprende e rielabora alla sua maniera fatti realmente accaduti, scrivendo un albo coraggioso e socio-politicamente impegnato (come, ma in maggior misura, era stato il #63) chiuso da un non-finale estremamente significativo che però disorientò molti lettori, a dispetto dell’avvertenza posta in grassetto nella prima vignetta. Erano altri tempi. Oggi la situazione appare quasi paradossale. Sclavi si crucciava che questa storia non fosse stata capita, ora per qualcuno è forse meglio così. Sta di fatto che questo rappresenta anche uno dei tanti possibili finali alternativi della serie che si sono avvicendati negli anni, configgendo tra loro. Penso ad esempio ai nn. 77 e 100, e a Il Pianeta dei Morti, ma ce ne sono altri. A proposito della saga creata da Bilotta, forse non è un caso che proprio quest’ultimo, in occasione della ristampa del Pianeta dei morti – Volume 1, abbia citato, come fonti di ispirazione della saga gli albi della serie regolare da 1 a 69, considerando dunque Caccia alle streghe il vero capitolo finale del “vecchio” Dylan Dog. Tornando al tema principale della storia ovvero la critica verso la censura, parlavo prima di coraggio anche se questo rimane più nelle intenzioni che nel risultato. Di fatto i toni della serie nei mesi successivi si smorzeranno parecchio; ci saranno ancora scene splatter ma sempre meno frequenti e senza quell’intento ironico-catartico che caratterizzava i primi numeri e che aveva fatto la fortuna del fumetto. Complice il primo abbandono di Sclavi e l’avvento di Marcheselli come autore e successivamente come curatore probabilmente convinsero Bonelli che la serie poteva avere successo anche smussando gli eccessi horror, spegnendo i riflettori sulle polemiche proibizioniste ed evitando così inutili rischi. Sclavi stesso, in questo #69, sembra mettere le mani avanti, parlando di auto-censura per bocca del suo alter ego Justin Moss (“è peggio della censura altrui”), non so se per denunciare una situazione già in atto o per profetizzarne l’avvento. La sceneggiatura è perfettamente scandita in crescendo, da una parte nel raccontare il precipitare degli eventi e dall’altra nel descrivere la discesa nell’abisso di Moss, incapace alla fine di distinguere la realtà dalla fantasia. Inciampa clamorosamente, però, in alcuni momenti di eccessiva retorica, come il discorso di Dylan a pag. 29 e, ancor di più, il monologo del ragazzino (pagg. 65-66). Considerate le intenzioni di Sclavi si può comunque chiudere un occhio. Fondamentale l’apporto di Dall’Agnol con disegni eleganti ma anche versatili ed efficaci nel supportare le diverse anime della storia. In particolare splendidi il prologo con le torture alle streghe e il modo in cui viene rappresentato il progressivo delirio di Justin. L'unico mio cruccio è l'aver bruciato troppo presto il personaggio di Cherill, già visto nel #27, che avrebbe potuto essere ancora un valido antagonista in futuro. Attendevo poi si avverasse la profezia della terza guerra mondiale vaticinata proprio nel finale di Ti ho visto morire. A questo si porrà rimedio parecchi anni più tardi con lo Speciale n. 27. Per finire nota di merito alla copertina di Stano, incisiva e più che mai simbolica.

Un albo di cesura oltre che di censura, se mi passate il pessimo gioco di parole, tra i più famosi e controversi dell’intera serie. Successo testimoniato dalla popolarità, tra i fan dylaniati, del personaggio di Daryl Zed a cui verranno successivamente dedicate prima una sorta di remake apparso sul Color Fest n. 22 e poi un’intera miniserie spin-off.

Curiosità: (1)A pag. 51 si intravede  un poster di Nathan Never alle spalle di Dylan (4° vignetta). (2) A pag. 55 (terza vignetta) Groucho sembra vestito come Xabaras! (3)A pag. 80 l’ultima vignetta omaggia platealmente L’urlo di Munch. (4) Nonostante la lunga militanza di Dall’Agnol come disegnatore della serie, questa è la sua unica storia realizzata in collaborazione con Sclavi.

BODYCOUNT: 3

TIMBRATURA: Sì (1, Sam)

CITAZIONE: “Noi siamo lo spirito eterno del potere intollerante e censore dell’ordine e dell’autorità, dei dogmi, dei tabù, della reazione e dell’oppressione”.

VOTO:  10

Soggetto: Sclavi (62)

Sceneggiatura: Sclavi (57)

Disegni: Dall’Agnol (6)

(*)Per maggiori informazioni rimando a quest’articolo pubblicato dalla redazione del portale Fumettologica: https://www.fumettologica.it/2013/10/il-ritorno-dei-fumetti-di-splatter/