venerdì 17 settembre 2021

Dylan Dog presenta: Il secondo Almanacco della paura - La maschera del demonio

Il secondo Almanacco della Paura uscito a marzo del 1992, riprendendo la fortunata formula del primo, fornisce un bel panorama, impreziosito da immagini a colori, delle uscite cinematografiche, in home video, editoriali e musicali dell’annata precedente nella rubrica “Un anno di orrori” di Maurizio Colombo e Stefano Marzorati. Ma il tema principale, ripreso anche dalla suggestiva copertina di Stano (sempre, ahimè, sacrificata dall’ingombrante presenza del titolo), sono gli spetti, protagonisti del corposo e dettagliato dossier contenente il “Manuale del cacciatore di fantasmi” a cura di Mauro Boselli. Stavolta manca una storia di Dylan Dog ad hoc, come invece fatto con La Cantina, ispirata a H.P. Lovecraft, nel primo almanacco, e successivamente con il Ritorno del vampiro, nel terzo, anche perché non c’è spazio qui per le brevi. Di storia ce n’è una sola, quella di cui parlerò di seguito, nel tradizionale formato bonelliano di 94 pagine in b/n. Molto simpatico il test “Siete horrorofili o horrorofobi?” a pag. 156. Viene infine annunciata, in anteprima, la terza edizione del Dylan Dog Horror Fest! Tanta nostalgia per quei tempi.

La maschera del demonio

Tutti portano una maschera, non è vero? Una maschera di abitudini, piccole finzioni quotidiane e ipocrisie. Ma quella che è stata rubata nella casa dell'antiquario Hutton non è una semplice metafora; è fatta di carne e sangue, infestata da un demonio omicida. Dylan la cerca per distruggerla, perché chi la indossa ne diventa schiavo, chi la porta scopre la frenesia del sangue e vede le cose… Con gli occhi dell'Inferno!

Chiaverotti sceneggia un soggetto di Sclavi e ne viene fuori una buonissima storia. Forse il Claudio nazionale calca un po' troppo la mano con le situazioni surreali, ma è bravo a creare un'atmosfera sulfurea, con una svolta narrativa che riesce a ribaltare una soluzione che pareva scontata, mantenendo un buon ritmo per tutta la vicenda. L’idea della maschera assassina che prende possesso del suo “ospite” umano, più che da Mario Bava (il cui omonimo film è omaggiato non solo dal titolo ma anche nella tavola in cui Dylan incontra Nat al cinema), arriva indirettamente, con tutta probabilità, da Cabal di Clive Barker. È una storia adulta, dal linguaggio più esplicito del solito, scritta in modo divertente, che prende bonariamente in giro alcuni cliché della serie (quando Dylan sfotte Bloch sul lamento continuo della pensione) senza caderne vittima. Oggi appare quasi inusuale il cinismo di alcune battute (Bloch: "E dulcis in fondo ha ammazzato la passeggera. Dylan: "Forse non aveva i soldi per il biglietto"). Il classico contro-finale chiaverottiano stavolta è particolarmente azzeccato. Tutta sclaviana è, invece, la riflessione sulla maschera che tutti quotidianamente indossiamo e che verrà ribadita anche nel coevo albo n. 67 della serie regolare, di cui parleremo a breve. Il tratto di Pennacchioli, nuovamente all’opera sull’Almanacco, ha un effetto straniante nella sua staticità. I suoi scorci d’inferno hanno un aspetto quasi lunare, mentre il sangue e le gole squarciate hanno un non so che di artificiale, utile a stemperare i toni, in particolare quando demoni e maschera si eccitano alla vista del sangue. I suoi disegni si rivelano particolarmente efficaci per accompagnare una trama che rimescola, di continuo, giallo e soprannaturale. Le storie apparse sugli almanacchi sono sempre state un po’ sottovalutate o poco conosciute, quando alcune, soprattutto le prime pubblicate, tra cui questa, meritano assolutamente. Da riscoprire.

Curiosità: (1)35°, 36° e 47° tavola: la maschera prende vagamente le sembianze di un “facehugger” e si attacca al volto di Myers proprio come il temibile parassita. (2)Scopriamo che Dylan, ai tempi di Scotland Yard, aveva un informatore. (3)Bloch dimostra di non sapere chi sia Freddy Krueger. In Horror Paradise sembrava più ferrato in argomento horror. (4)Dylan rinuncia a una “timbratura” sicura, rifiutando Priscilla Hutton, cosa ai tempi non così scontata. (5)Bisognerà attendere addirittura 25 anni prima che un’altra storia disegnata da Pennacchioli, ai tempi della sua collaborazione con la Bonelli: Il gioco del dolore, apparsa sul Maxi Dylan Dog n. 29, sempre su testi di Chiaverotti.

BODYCOUNT: 9

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Nessun uomo può vivere a faccia nuda, perché l’unico vero volto..è la maschera!”

VOTO: 8

Soggetto: Sclavi (60)

Sceneggiatura: Chiaverotti (12)

Disegni: Pennacchioli (2)

4 commenti:

  1. Mi sono sempre chiesto cosa c'entrasse la copertina con la storia. Allora mi dici che è dedicata a un dossier?

    Da segnalare come alla sesta e alla settima tavola Pennacchioli disegni una donna con le ascelle pelose: prima d’ora, solo Stano aveva avuto l’ardire di ritrarre donne non depilate!

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    1. Sì le prime 3 copertine degli Almanacchi sono dedicate ai rispettivi dossier principali: Lovecraft, fantasmi e vampiri. Solo a partire dal quarto invece sono ispirate alle storie.

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  2. Be', ma comunque la prima ben si associa a "La cantina" e la terza a "Il ritorno del vampiro": solo la seconda non ha proprio alcuna attinenza con la storia.

    Avendo io queste storie in "Super book", non potevo sapere che le copertine si ispirassero ai dossier: adesso, finalmente, lo so!

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  3. Le associa di riflesso perchè anche quelle 2 storie sono legate al tema del dossier principale.

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