martedì 31 ottobre 2023

Dylan Dog #143 - Apocalisse

 

Un ospedale, città di piccoli e grandi dolori. Dylan Dog e Madame Trelkovski sono prigionieri di un edificio stregato, nessuno può uscire dall'inquietante padiglione AS, chiuso per sempre nelle tenebre più fitte. Custodisce geloso i suoi ospiti involontari, un'umanità dolente che lotta disperata, scalcia e grida per poi rassegnarsi, attendendo con pazienza l'inevitabile Apocalisse!

Dopo il DD&MM n. 2 Sclavi torna ad occuparsi ancora una volta della Fine del mondo. Tema con cui evidentemente aveva confidenza avendo scritto anche un romanzo breve intitolato Apocalisse, che nulla ha a che vedere con questa storia. Le fonti di ispirazione di questo n. 143 sono invece da ricercarsi nel film di Luis Bunuel L’angelo sterminatore (El ángel exterminador, 1962), che solo due mesi prima aveva prestato il titolo all’albo di Ruju-Mari e The Kingdom-Il Regno (Riget, 1994), la folle miniserie TV creata da Lars Von Trier. Dal serial del regista danese il Tiz riprende l’ambientazione ospedaliera, i toni grotteschi da tragicommedia (peraltro condivisi anche con l’altro modello) e persino il personaggio della signora Drusse, la medium ipocondriaca qui ribatezzata Amelia Popchick. Della pellicola del cineasta spagnolo, invece, Sclavi ricalca parte della trama (il gruppo di persone che non riesce ad attraversare la porta del palazzo in cui è rinchiusa nonostante sia aperta) e ne riprende le atmosfere surreali e la matrice apocalittica. Il papà di Dylan riesce però a rielaborare in modo personale il materiale di partenza, che peraltro si sposa perfettamente già di suo con gli elementi caratteristici della serie e regalandoci un Jenkins spettacolare che non fa rimpiangere la lunga assenza di Groucho. Di contro abbiamo dialoghi al solito brillanti, ma un filo retorici, e in certi momenti la storia diventa eccessivamente verbosa, un classico difettuccio dello Sclavi post-100. Il finale è da "tanto rumore per nulla” ed è una cosa che davvero non riesco ad apprezzare pienamente di quest’albo. La soluzione in sé ci sta, forse andava veicolata e rappresentata in altro modo. Casertano, definito nell’editoriale come “indiscusso e indiscutibile maestro del bianco e nero e del grottesco, il Bosch del fumetto”, ci delizia con le sue celebri vignette deformate e alcune notevoli tavole notturne (pagg. 53 e 58), ma il suo lavoro risulta un po' sacrificato quando è costretto a lasciare troppo spazio ai balloon. Davvero ben realizzato il diavolone che domina la copertina di Stano, con un buon effetto tridimensionale della mano che tiene in pugno Dylan.

Curiosità: (1) Dylan aggiunge qui un’altra fobia al suo già lungo elenco: la paura degli ospedali! Ok delle malattie lo sapevamo, ma degli ospedali con tutte le volte che c’è stato da paziente o da visitatore non me l’aspettavo. (2) A pag. 35 l’iniezione al cuore della tossica in overdose non può non ricordare l’analoga scena di Pulp Fiction. (3) Nella Post (inedito) viene pubblicata una lunga spiegazione sulla numerazione ottale utilizzata nel n. 140 scritta da Pippo Neri, presentato come “studente di ingegneria”, consulente di Sclavi. Solo qualche tempo più tardi scopriremo che Pippo è anche il cognato di Tiziano.

BODYCOUNT: 3

TIMBRATURA: Sì (1, Dany)

CITAZIONE: “Un ospedale immenso… pieno di malati… tutti i malati del mondo… tutto il mondo… con la sua umanità dolente e disperata…

VOTO: 8,5

Soggetto: Sclavi (109)

Sceneggiatura: Sclavi (114)

Disegni: Casertano (18)

lunedì 30 ottobre 2023

Dylan Dog #142 - Anima nera

 

Connor Wilcox è fuggito dal mondo e dal suo dolore, chiudendo le porte della mente. Soltanto i suoi amici, esseri nati dal delirio, rimangono a tenergli compagnia, a proteggerlo da tutto e da tutti. Sono immagini fatte di sogno o hanno un corpo e una volontà propria? Sandra Wilcox vuole guardare dentro la follia del fratello e vederne il fondo. Troverà le tracce di un assassino e si perderà nella tenebra di un'anima nera!

Anima Nera è una storia che si potrebbe idealmente definire come nata da una costola de Il gioco del destino. In entrambi gli albi troviamo infatti un personaggio che convive e parla con le proiezioni della sua fantasia, anche se uno è protagonista della vicenda, l'altro no. E non a caso ritorna il luna park, scenario importante già del #118. Ma Chiaverotti nell’elaborazione di soggetto e sceneggiatura ha in mente anche un altro illustre predecessore, sempre farina del suo sacco, Il buio, che viene citato direttamente. Non è solo il recupero del personaggio del dottor Stevens, psichiatra dalla mente particolarmente aperta, a creare un collegamento con il n. 34, ma il meccanismo giallo è in parte ricalcato. Basti pensare a come si innesca l’indagine di Dylan e la rivelazione dell’assassino… Oltre non mi sbilancio per non spoilerare. Se la trama perde quindi qualcosa in originalità, ne guadagna la costruzione della vicenda. Chiaverotti elimina eccessi e dialoghi tardo-adolescenziali e scrive una storia matura, misurata, con un bel controfinale, trattando con delicatezza il tema della solitudine, che in precedenza aveva già affrontato forse in modo più ingenuo. Non so quando questa storia e La vendetta del tempo siano state scritte, ma forse Chiaverotti è l’unico autore dylaniato ad essere riuscito a mantenere intatte le atmosfere e le tematiche dei primi cento anche oltre il primo decennio di vita dell’indagatore dell’incubo. Peccato che Brendon stesse già assorbendo ormai tutte le sue attenzioni; Claudio mancherà tantissimo a Dylan Dog, soprattutto quando Sclavi getterà quasi definitivamente la spugna qualche tempo dopo. Non è certo perfetto quest’albo, le sbavature non mancano: ogni tanto Dylan pare girare a vuoto (es: la sua visita inutile a Madame Trelkovski), c'è qualche personaggio superfluo (il sondaggista, forse una citazione che non ho colto) e rimane il dubbio sul perché gli “amici” di Connor non si accorgano della diversa natura di uno di loro. Ringrazio comunque Chiaverotti per averci evitato un classico come l’assassino che finisce infilzato da oggetti taglienti et similia. Ad aumentare il mio voto e il gradimento di Anima Nera contribuiscono i disegni di Bruno Brindisi, che in quel 1998 sembrava aver raggiunto la completa maturità artistica e piena consapevolezza dei suoi mezzi. Eppure in futuro riuscirà ad alzare ancor più il livello! Le sue tavole trasudano emozioni e risultano decisive nel trasmettere anche al lettore la malinconia di Connor e la tristezza che aleggia su tutta la vicenda, che pure Dylan sembra patire nella vignetta conclusiva. Non mi convince del tutto, invece, la copertina di Stano: lo sfondo dedicato al luna park è indubbiamente affascinante e ben eseguito, ma la postura di Dylan è del tutto innaturale. Peebles poi è diverso da come è rappresentato da Brindisi nella storia. Consueta nota di merito per il lettering di Diana Rocchi, stavolta anche alle prese con il corsivo.

Curiosità: (1) A pag. 33 (prima vignetta) ci possiamo gustare la locandina di Blade Runner. (2) A pag. 87 Dylan cita il Dottor Killex. (3) A pag. 14 la vignetta centrale ci riporta agli esperimenti alieni di Terrore dall’infinito. (4) Con quest’albo Chiaverotti taglia il prestigioso traguardo delle 50 sceneggiature dylaniate (di cui ben 36 realizzate per la serie regolare).

BODYCOUNT: 5

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “La pistola spara una luuuuunga lama di dolci incubi nel mio cervello. Cani di tenebra ululano le loro spigolose tristezze a una svogliata luna, nella notte liquida.”

VOTO: 8

Soggetto: Chiaverotti (49)

Sceneggiatura: Chiaverotti (50)

Disegni: Brindisi (17)

sabato 28 ottobre 2023

Maxi Dylan Dog n. 1 - La vendetta del tempo

 

Fermare le lancette… Una fantasia che possiamo vivere per allontanare l'incubo della morte. Ma se proprio non è possibile arrestarlo del tutto, perché non dilatarlo un poco? Il dottor Okenower pensa di poterlo fare, per dominare le angoscie dei suoi pazienti vuole sfidare il grande carnefice: il tempo stesso. Ma il suo flusso non può essere arginato, perché il tempo è un oceano inarrestabile, un crudele signore pronto a rivendicare i suoi diritti!

Eccola qui la storia più derivativa, più sgangherata ma anche più maledettamente divertente di questo primo Maxi.  Un autentico spasso fatto di splatter (come non si vedeva da anni), deliri e allucinazioni a go-go come solo Chiaverotti sapeva scrivere. Il buon Claudio per la trama si ispira in primis a sé stesso, anche dichiaratamente con il rimando a La clessidra di pietra, albo molto affine a livello di tematiche a questo. Ci vedo anche qualcosa di Notte senza fine, sarà per la parata dei “lemming” (ma non sono roditori i lemming?) e delle altre strambe allucinazioni in giro per Londra. E pure qui, se vogliamo, c'è un Uomo che vende il tempo, come nel n. 132. Ma ci sono tanti altri richiami a storie del passato, anche a livello di disegni, che strizzano di continuo l’occhio ai lettori di vecchia data: la rivelazione della strega in stile Le notti della luna piena (pag. 280, 84° tavola), il mostrone tentacolare cingolato fatto a immagine e somiglianza di quello che vantava le fattezze di Martin Mistere, apparso nel secondo DD&MM La fine del mondo (pag. 256, 60° tavola), Dylan alle prese con una modella/attrice gigante come in un episodio di Labirinti di paura, gli zombi che irrompono alla festa tipo Uccisori (pag. 226, 30° tavola e successive), il Baphomet visto nel già citato n. 58, (pagg. 274-275, 78° e 79° tavola) assieme ad altri mostri dall’aspetto familiare, la Morte (pag. 242, 46° tavola), una statua simil La donna urlante (pag. 248, 52° tavola) anche se l’albo n. 164 sarebbe uscito solo due anni dopo e quindi la mia è forse solo una strana associazione mentale. E chissà quanti altri ne dimentico o mi sono sfuggiti. Peccato per la soluzione finale, davvero molto deludente. Gran chicca invece Dylan che becca il due di picche dalla titolare del centro estetico; il nostro ha comunque modo di consolarsi con Astrid, la bella assistente del professor Okenower. In una storia di questo genere ovviamente Montanari & Grassani ci sguazzano. Strepitosa la scena degli occhi-ragno, affascinante e psichedelica quella della scala a chiocciola carnivora, sorprendente la tridimensionalità del piccone del lemming in procinto di aggredire Bloch che scavalca addirittura la vignetta in cui è disegnato, incombendo su quella successiva. Gore a manetta, mostri, uccisioni (elevatissimo il bodycount) e assurdità varie si susseguono senza soluzione di continuità, con M&G che ci trascinano prepotentemente nel passato della serie con il loro tratto “familiare”, replicandosi e omaggiandosi.

La sensazione di dejà vù è persistente, tutto già visto o quasi, ma... qui lo dico e qui lo nego, anche se oggettivamente quella di Manfredi è migliore, questa è la storia che mi è piaciuta più di questo primo Maxi. Un divertito e divertente omaggio ai primi 100 numeri, parzialmente compromesso dal finale.

Curiosità: (1) La farfalla a pag. 236 (40° tavola) è assai simile, ma non identica, all’acherontia atropos (o sfinge testa di morto) resa famoso da Il silenzio degli innocenti. (2) Nella storia compare un personaggio di nome Dexter che ha un laboratorio... difficile non pensare sia una citazione indiretta alla serie animata Il laboratorio di Dexter, trasmessa anche in Italia a partire dal 1997.

BODYCOUNT: 16

TIMBRATURA: Sì (1, Astrid)

CITAZIONE: “L’illusione di ingannare il tempo della vita… nasconde un orrore senza fine…”

VOTO: 7,5

Soggetto: Chiaverotti (48)

Sceneggiatura: Chiaverotti (49)

Disegni: Montanari & Grassani (29)