lunedì 2 ottobre 2023

Dylan Dog #131 - Quando cadono le stelle

 

Nel 1997 la serie regolare dylaniata ha indubbiamente contratto Il morbo della “sequelite”. Ed ecco qui il terzo seguito di un albo di successo, dopo quelli di Johnny Freak e Il cervello di Killex, in soli cinque mesi! Seguito presunto, potremmo definirlo, perché se è vero che ritorna il personaggio di Whitley “Whitty” Davies e il macro-tema è il medesimo, così come gli stessi sono gli autori (Sclavi-Brindisi), in Terrore dall'infinito (storia che ritengo superiore a questa e che ci viene riassunta alle pagg. 16 e 17 di quest’albo) gli alieni avevano tutt'alta valenza, più intimista e metafisica, simboleggiando i ricordi sepolti e le proiezioni dell’inconscio legate a un terribile trauma del passato.

"The truth is out there", recitava la tagline ufficiale di X-Files.

Nel bel mezzo del successone del telefilm creato da Chris Carter, Sclavi cavalca l’onda e sceglie stavolta un approccio più canonico all’argomento, esplicitato anche dalla copertina di Stano, e lo fa partendo dal famigerato filmato vero/falso dell’”incidente” di Roswell, nel New Mexico, avvenuto nel 1947. Qui il ritrovamento del disco volante e dei suoi occupanti viene traslato in Gran Bretagna, a Brighton, nel 1955 (dove, ci dice una didascalia a pag. 33, fu davvero segnalato un presunto UFO-crash) e le ragioni del suo insabbiamento da parte delle autorità vengono rovesciate con un guizzo di originalità sclaviana. La sceneggiatura è quasi perfetta nel suo tessere misteri, presunte verità e ribaltamenti di ruoli, sino al malinconico addio finale, con alcune chicche come l'inatteso arcobaleno (mutuato da E.T.) e il discorso del Generale Scott (nelle fattezze ispirato proprio all’attore George C. Scott). Non gradisco però intro e outro dell'albo (con… Dio?), soprattutto la pagina finale che sembra quasi una presa in giro, dopo aver raggiunto il climax della storia in quella immediatamente precedente. Dylan è quello classico, il lettore si sente a casa: si arrabbia e si getta a capofitto, contro ogni regola di buon senso (sfidando pure la sua paura del volo), in qualcosa in cui crede, o almeno in cui spera, fermamente, palesando ancora una volta il suo anti-militarismo. La figura tragica di Witty, malinconica e stanca di lottare, ha forse una componente autobiografica sclaviana, ma il personaggio più riuscito è senza dubbio il fattore Herriot, assolutamente irresistibile. Su Brindisi poco da dire, ottimo come sempre.

Tutto positivo, dunque, in questo secondo capitolo della cosiddetta “trilogia ufologica” dylaniata, che si sarebbe conclusa, pochi mesi dopo, con il n. 136 Lassù qualcuno ci chiama. Eppure… non è quello che avrei voluto (e non vorrei) leggere su Dylan Dog, forse per la mia ritrosia verso le tematiche aliene “pure”.

Curiosità: (1)A pag. 12 (prima vignetta) scopriamo che anche in Inghilterra esiste un’Area 51! (2)Alle  pagg. 16 e 42 viene citato il Dott. Bronski, lo psichiatra ipnotista ricorrente nella serie, che aiutò Whitley Davis nel #61. Dylan però ci ricorda che è morto (vedasi l’albo La metà oscura). (3)A pag. 28 compare la locandina del film Communion di Philippe Mora, tratto dall’omonimo romanzo di Whitley Streiber, fonte d’ispirazione per Sclavi per il soggetto di Terrore dall’infinito. (4)La storia è composta da 96 pagine (come gli albi dal n. 1 al n. 17), anzichè dalle canoniche 94 (salvo eccezioni, come ad: nn. 50 e 77).

BODYCOUNT: 1

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “E tutto sommato l’ipotesi parafisica mi affascina... che gli UFO non vengano da altri pianeti, ma da dimensioni parallele, attraverso varchi nello spaziotempo… che vengano dalla fantasia… dal sogno…

VOTO: 8,5

Soggetto: Sclavi (101)

Sceneggiatura: Sclavi (106)

Disegni: Brindisi (15)

2 commenti:

  1. Non ho molto da dire, se non che amo molto questa storia, così come le altre due: non saprei scegliere una mia preferita nella trilogia.

    Curioso che la storia abbia due tavole in più del normale. Anche i primissimi albi mensili ne avevano 96 anziché 94, ma non avevano frontespizio e posta, che qui invece ci sono. Quindi in totale ci sono 98 pagine anziché 96 e questo contrasta con quanto avevo letto in giro (forse era stato proprio Sergio Bonelli a dirlo), ovvero che gli albi dovevano avere una paginazione a multipli di 16. Infatti gli albi tradizionali ne hanno 96 (16x6), "Tex" ne ha 112 (16x7) e "Julia" ne ha 128 (16x8).

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    1. Beh i primi 17 albi della serie regolare di Dylan avevano anch'essi 96 pagine, poi passate alle canoniche 94 dal 18 in poi salvo eccezioni (es: Ai confini del tempo, L'ultimo sulla terra..). In questa storia le due pagine in più saranno forse dovute all'inserimento dell'arcobaleno? Comunque lo segnalo tra le curiosità, visto che mi era sfuggito.

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