lunedì 8 gennaio 2024

Dylan Dog #163 - Il mondo perfetto

 

Tua madre, la tua sorellina Joy, la tua fidanzata. Qui tutti ti vogliono bene, tutto è sereno e il tempo scorre senza scossoni. L'incidente ti ha tolto la memoria, ma non importa... Ricorderai prima o poi, senza fretta. Dylan Dog è chiuso in un incubo che ha le gentili sembianze del sogno, stretto nella morsa di un mondo perfetto. Lo ha creato una mente infantile, una coscienza terrorizzata dalla realtà!

Stranissimo albo questo n. 163. Racconta una storia ma sembra non raccontare nulla. Un nulla che Sclavi è capace di sceneggiare bene, con tutto il suo mestiere. Dopo averci illuso con Il sorriso dell’oscura signora, il Tiz torna qui a lavorare su un soggetto altrui, suggerendo così, ancora una volta, come la sua vena creativa fosse ormai in riserva piena da un pezzo. Che cosa abbia messo di suo nel canovaccio scritto da Paola Barbato non è dato sapersi (forse la presenza di Dylan?), fatto sta che nonostante la firma di due “pesi massimi” ai testi questa storia non ha lasciato un segno indelebile nella serie, pur rimanendo generalmente assai apprezzata dai lettori. Dal materiale di partenza Sclavi elabora una sceneggiatura fatta di pochissimi dialoghi (si legge in un attimo) e tante suggestioni (la casa delle bambole), simbolismi (le mani giganti, la cavità uterina/tunnel della morte), allucinazioni (i personaggi che si dissolvono in bolle) e momenti onirici (il mondo-asteroide di pag. 67), forse con una vaga ispirazione “baviana” (Operazione Paura). Si ha però la sensazione che le pagine a disposizione fossero in eccesso e che si sarebbe potuto sforbiciare parecchio. D’altronde lo stesso Tiziano, in coppia con Stano, nove anni prima con La bambina era riuscito a raccontare una storia vagamente simile a questa in sole 14 tavole! Eppure questa sensazione di girare a vuoto, di raccontare qualcosa che non succede, coniugata ai disegni di Roi, paradossalmente riesce a creare un’atmosfera straniante che avvicina il lettore allo smarrimento di Dylan. Arriva poi quasi improvviso il finale che pecca nel voler spiegare tutto, troppo, ma fortunatamente riesce a mantenersi ambiguo grazie al personaggio dello “zio” Max. La conclusione segue invece l’onda del buonismo che ormai imperava nella serie, al contrario dei bei tempi andati, ma ci può stare. Roi non regala qui una delle sue prove migliori, ad esempio Joy in alcune vignette sembra una donna fatta e non una bambina, la qualità delle tavole è altalenante, eppure il suo tratto e la sua padronanza del chiaroscuro si rivelano terribilmente efficaci nel valorizzare una storia come questa che funzione soprattutto per immagini. Bella la copertina di Stano nonostante la buffa postura di Dylan che rischia di essere risucchiato dal vortice, realizzato con un buon effetto tridimensionale. Inquietantissima la bambola in fondo a destra che sembra fissarci con astio!

Un albo imperfetto, a dispetto del titolo, ma a suo modo affascinante.

Curiosità: Viene citato Il violinista, la storia ospitata sull'Almanacco della Paura 2000, all'epoca uscita da pochi giorni in edicola.

BODYCOUNT: 0

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Piccola mia! Non piangere… non piangere, vedrai, la vita è bella…”

VOTO: 8

Soggetto: Sclavi (118), Barbato (3)

Sceneggiatura: Sclavi (126)

Disegni: Roi (34)

venerdì 5 gennaio 2024

Almanacco della Paura 2000 - Il violinista

 

La musica è tutto per lui, gli scorre tra le dita come una forza rigenerante e soltanto da lei trae la forza di vivere. Deve continuare a suonare, continuare a ricamare il tessuto delle sue tristi melodie notturne, le dolci serenate che rivolge a tutte le sue vittime! Un nuovo assassino è libero di colpire, inafferrabile come un assolo di Paganini. E per Dylan c'è un solo indizio, sottile e tagliente… come una corda di violino!

Ad eccezione di quelle sceneggiate da Sclavi e, in parte, da Chiaverotti (La maschera del demonio), non si può dire che l’Almanacco avesse ospitato, sino ad allora, storie memorabili. Anzi, a partire dalla metà degli anni ‘90 c’è da registrare un progressivo calo qualitativo delle avventure dylaniate ospitate su questa testata. Un trend che, purtroppo, continuò anche con l’Almanacco della Paura 2000, per poi fortunatamente interrompersi l’anno successivo. Il violinista è una storia deludente già a partire dall’idea dell’improbabile associazione di donne influenti che elargisce annualmente premi milionari a uomini meritevoli dotati di “fortezza, giustizia, prudenza e temperanza”. Considerate le premesse non aiuta l'indecisione di Ruju sul registro da imporre alla sceneggiatura, troppo ondeggiante tra il serio e il faceto. A mio (fallibile) parere sarebbe stato preferibile privilegiare il secondo, magari con l'apporto di un disegnatore più adatto come un Saudelli ad esempio. Invece il buon Pasquale punta maggiormente sulla serietà, affidandosi ai collaudati schemi del giallo. Da qui in avanti seguono inevitabili spoiler. La trama si dipana in modo traballante, svelando troppe carte all'inizio: si capisce subito che Walerian non è uno stinco di santo, tant'è che la stessa presidentessa del circolo, evidentemente a conoscenza della natura del suo “protetto”, gli domanda in maniera retorica se sia coinvolto nelle sorti avverse occorse ai candidati al premio, alcune delle quali concluse tragicamente con la morte. Mancano poi altri possibili sospettati con cui cercare di depistare il lettore dall'ovvia identità dell’assassino. In compenso abbondano le perplessità: Dylan è così esperto di violini da riconoscere, con una semplice occhiata veloce, che quello utilizzato da Walerian è uno strumento per mancini? Quando sarebbe stata diluita la colla utilizzata da Dylan per montare il galeone? Nel 1986?? La polizia conclude che l’assassino è altissimo e ciò è evidenziato nella scena dell’omicidio di Jann, ma in seguito la sua altezza sembra assolutamente normale. Il serial killer viene soprannominato “il violinista” perché si diverte a suonare prima e dopo gli omicidi, cosa che però non avviene affatto nell’omicidio di Annie. E si potrebbe continuare. Salvabili, comunque, le sequenze di alcuni omicidi. Ai disegni Rinaldi si conferma purtroppo non al top della forma come nella precedente storia da lui illustrata, La banda dello zodiaco. La sua prova è piuttosto scialba, poco ispirata; i suoi personaggi poco espressivi. Qualche bella vignetta c’è (tavole 24-25, tavola 59), ma non basta a farmi rivalutare in positivo questo suo lavoro. La copertina di Stano, invece, se apprezzata nel suo insieme è davvero molto bello; colpisce in particolare il retro, con la Morte intenta a suonare il violino in onore di una vittima.

Dei dossier dell’Almanacco consiglio quello sugli “insetti del terrore” a firma di Gianmaria Contro e soprattutto (dal momento che trattasi di argomento di nicchia) quello su “Virus”, il mad doctor a fumetti creato nel 1939 da Federico Pedrocchi (l’articolo contiene anche un box su Frieda Boher, protagonista di Necron, breve serie a fumetti disegnata dal grande Magnus!).

Curiosità: (1) Se non fosse per la pettinatura, Walerian avrebbe una certa somiglianza con… Xabaras! (vedasi il primo piano, terza vignetta, pag. 100 – o tavola 68). (2) A pag. 61 (29° tavola) Dylan afferma che il modus operandi del “Violinista” gli ricorda per certi versi l’uomo invisibile. Quasi una blasfemia accostare questa storia a Memorie dall’invisibile!

BODYCOUNT: 8

TIMBRATURA: Sì (1, Katharine)

CITAZIONE: “Il modo in cui ha suonato sotto casa tua... non aveva mai raggiunto una simile intensità… un dolore così grande… conosco un solo uomo capace di suonare così.”

VOTO: 4,5

Soggetto: Ruju (28)

Sceneggiatura: Ruju (28)

Disegni: Rinaldi (5)


 

giovedì 4 gennaio 2024

Dylan Dog #162 - Il dio prigioniero

 

Jody è la sola che riesce a parlare con Lui, il gigante delle profondità, la meraviglia tentacolare imprigionata nel luna-park marino di Neptuneland... La piccola Jody sente la sua voce e il suo dolore. Lui conosce le sordide trame dell'ammiraglio Heine e sa come fermarle. Ma per farlo, deve poter spiegare la sua potenza nelle acque dell'oceano. Deve tornare a essere libero!

Il canto della sirena, apparsa su Gigante n. 5, è indubbiamente una delle storie più apprezzate di Pasquale Ruju. Era inevitabile, dunque, che prima o poi ne venisse realizzato un seguito; seguito che praticamente venne messo in cantiere quasi da subito visto che, come ci viene rivelato nel Club dell’Orrore (inedito), a Daniele Bigliardo (già disegnatore del primo capitolo) sono occorsi ben tre anni per realizzare i disegni di questo n. 162. Tornano dunque alcuni dei personaggi già conosciuti a bordo della Scylla, così come la “Transcorp”, la losca organizzazione criminale che si occupa di stoccare occultamente rifiuti tossici per conto terzi in barba a tutti i trattati sull’ambiente. I risultati non sono esattamente gli stessi. Ecco infatti il soggetto del Dio Prigioniero: Dylan Dog viene invitato dal conoscente Le Duc all'inaugurazione di un parco acquatico. A pag. 86 (86!!, 86!!) Dylan salva la figlia di Le Duc da una coppia di killer (dopo averla lasciata rischiosamente indagare per i fatti suoi), poi salva tutti i visitatori del parco acquatico da un inarrestabile allagamento provocato da un calamaro gigante che accoppa solo i “cattivi”. Fine. Tutto quello che succede prima, durante e dopo è totalmente, o quasi, estraneo alle azioni compiute dall’indagatore dell'incubo. Ah sì, Dylan trova comunque il tempo di trombare la figlia del comandante. Troppo poco come contributo alla causa, però. A me Il canto della sirena piace, ma una volta la scarsa partecipazione di Dylan la posso giustificare, anche in considerazione del fatto che la storia è fuori dalla serie regolare e contiene anche elementi orrorifici, come le sirene in versione predatrici. Due no. Qui potrebbe anche non esserci del tutto e sarebbe cambiato poco nell’economia della vicenda. Di horror, poi, questo n. 162 al massimo può provocare gli incubi di un'indigestione di insalata di mare. Ruju sa scrivere bene, lo fa anche qua a tratti quando si ricorda di stare lavorando a un albo di Dylan Dog, ma siamo davvero troppo distanti dalle atmosfere della serie. Ci troviamo invece immersi, letteralmente, in pieno genere "avventura" in salsa action, con una spruzzata di messaggi ecologisti e animalisti un tanto al chilo, con il nostro che si trova a indossare ancora una volta i panni del Bruce Willis per caso, un po’ come in Goliath che almeno aveva il pregio di essere maggiormente orrorifico. I numerosi personaggi sono caratterizzati abbastanza bene (tranne alcuni ridotti a macchiette come i gemelli killer), considerato il poco spazio che ciascuno ha a disposizione, anche se la distinzione tra buoni e cattivi è davvero troppo netta ed è evidente anche a livello somatico. Non basta certo la sorpresa finale sull’identità del misterioso informatore a rimescolare le carte. Da salvare la scena della "fine dell'aragosta". Bellissimi i disegni di Bigliardo, particolarmente ispirato nel rappresentare una Charlotte molto sensuale e "pettoruta", come anche Groucho (qui autore di battute pessime) ha modo di sottolineare. Stupende le sequenze notturne e quelle sottomarine e in generale, valorizzate da un utilizzo del nero particolarmente incisivo. Ci avrà messo tanto a disegnare le tavole di quest’albo, ma ne è valsa la pena! La copertina di Stano non riesce a far risaltare l’effetto vetro dietro cui Dylan e Jody dovrebbero stare; e quel tentacolo proprio non mi piace.

BODYCOUNT: 7

TIMBRATURA: Sì (1, Charlotte)

CITAZIONE: “E ritorni giù, dentro il mare profondo verso il centro del mondo da dove sei nato. Poi ancora più giù, finché avrai capito che il tuo viaggio non è mai finito. Perché l’abisso che vedi è dentro di te”.

VOTO: 5

Soggetto: Ruju (27)

Sceneggiatura: Ruju (27)

Disegni: Bigliardo (3)