venerdì 27 ottobre 2023

Maxi Dylan Dog n. 1 - Le stagioni della vita

 

Qualche volta bisognerebbe farsi in quattro… Quanta verità c'è dentro un semplice modo di dire? Può rispondervi Rud Finney, che ha scoperto - suo malgrado - i segreti poteri del Visvarupa, il cristallo magico. Dentro la sua luce, risplende il mistero delle stagioni del vivere e Rud lo ha toccato con mano. Ora la sua esistenza è spezzata in quattro parti e tocca a Dylan Dog rimettere insieme i pezzi!

Una cosa che apprezzo di questo primo Maxi è che le tre storie che lo compongono, pur essendo assolutamente diverse e senza punti di contatto diretti tra loro, sono legate da un comune denominatore: il tema del tempo. Nel Fiore d’ombra si parla di tempo oltre la vita, quello necessario ai morti per sistemare i conti ancora aperti. Nell’ultima storia si parla di provare a dilatare il tempo che abbiamo a disposizione giornalmente per poter fare più cose. In questo Le stagioni della vita, si parla di fermare il tempo, congelandolo nelle fasi più significative della vita dell’uomo. In tutti e tre i casi le conseguenze per chi ha voluto giocare con le regole del tempo saranno nefaste. Il soggetto è tra i migliori tra quelli che Manfredi ha realizzato per Dylan Dog ed è senz’altro è il più originale della terna che compone il Maxi. Mi spingo a dire che potenzialmente avrebbe potuto essere un capolavoro. In particolare a colpire è l’eccellente incipit, con le sue atmosfere fortemente hard-boiled, cui Manfredi si ispira dichiaratamente citando Sam Spade (il detective creato nel 1930 dallo scrittore americano Dashiel Hammett) fin dalla didascalia della prima vignetta. Il problema è che dopo questo affascinante inizio la sceneggiatura di Manfredi mostra un po’ la corda nel dover riempire tutte le 94 pagine richieste e forse per questo viene introdotto il “depistaggio” indiano, evitabile visto che la vicenda era già abbastanza complessa senza necessità di ulteriori aggiunte. Inoltre la storia non viene adeguatamente valorizzati dai disegni di Montanari & Grassani. Sclavi nell’editoriale di pag. 2 ci rivela che il dinamico duo era assai prolifico (ce n’eravamo già accorti ai tempi dai primi cento, in realtà) e che spesso la redazione era costretta a mettere in archivio tante loro storie. Ma il problema in questo caso non è la velocità di realizzazione, anzi ci sono anche vignette suggestive come quelle in cui i personaggi si muovono avvolti dalla nebbia. E' proprio il loro stile, a mio giudizio, a non essere adatto alla storia che rimane comunque avvincente nello svelare il mistero poco a poco, mantenendo alto l’interesse del lettore sino al finale.

Pur non esente da difetti, la considero tra le migliori apparse sul Maxi.

Curiosità: (1) A pag. 124 (24° tavola) Groucho rivela un insospettabile interesse musicale per la musica jazz. Tra l’altro, se non erro, è la prima volta che a casa di Dylan vediamo un lettore CD invece del solito giradischi. (2) Visvarupa, che nella storia è la piccola piramide di cristallo in grado di generare copie perfette di chi la possiede, nella mitologia indù è  una divinità multiforme iconograficamente rappresentata con molte teste e braccia. (3) Manfredi sale in doppia cifra tagliando il traguardo delle dieci sceneggiature dylaniate.

BODYCOUNT: 1 “e trino” (oltre ai passeggeri del volo per l’India)

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Credetti di capire cos’era successo: avevo visto il film della mia vita, come si dice accada quando un uomo è in punto di morte! Di colpo fui scosso da un dolore devastante…

VOTO: 7,5

Soggetto: Manfredi (10)

Sceneggiatura: Manfredi (10)

Disegni: Montanari & Grassani (28)

2 commenti:

  1. Concordo con ciò che scrivi: soggetto fantastico, che avrebbe potuto dare adito a un capolavoro, ma la sceneggiatura non è altrettanto all'altezza.

    Per me manca della giusta fluidità ed è per questo che, pur apprezzandola (le darei un 7/10), la ritengo inferiore a "Il fiore d'ombra".

    Su M&G, io li amo (da ragazzino erano i miei disegnatori preferiti), ma mi sembra evidente che da quando sono passati ai maxi (e forse anche un po' prima) il loro tratto sia diventato più approssimativo, specie nella raffigurazione dei volti. Non credo che non fossero più capaci di disegnare: credo piuttosto che siano diventati un po' più frettolosi e forse è venuto meno anche quell'entusiasmo che avevano dodici anni prima.

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    1. Si il volto di Rud Finney in versione zombi proprio non mi garba. Però nella terza storia per me hanno fatto un ottimo lavoro!

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