venerdì 3 settembre 2021

Dylan Dog # 60 - Frankenstein!

 

Una notte buia e tempestosa... I legami sono spezzati, i dottori sono morti e un orribile mostro è libero di uccidere... o forse no? Ancora una volta, le cose non sono quel che sembrano. Chi è, in realtà, il gigante senza nome che si aggira per Londra, quali incredibili esperimenti lo hanno creato? La telecinesi gli dà un potere di vita e di morte, ma, dietro la sua furia omicida, si nasconde una scintilla di ragione, forse una ricerca di giustizia…

Con quest’albo Dylan Dog taglia(va) il traguardo dei primi cinque anni di vita editoriale e per l’occasione il nostro indagatore torna a confrontarsi con un altro mostro classico della letteratura e dell’immaginario orrorifico. Chiaverotti confeziona una versione decisamente alternativa del romanzo di Mary Shelley, senza rinunciare a qualche obbligatorio cliché di derivazione anche cinematografica:  il “mostro” che prende vita in una notte di tempesta grazie ai fulmini, le cicatrici e gli elettrodi (differenti comunque dall’iconografia Universal), l’incontro con la bambina. La creatura, che condivide con la sua controparte letteraria un insopportabile malessere esistenziale, è qui presentata come uno scanner (non a caso è citato il film di Cronenberg), dotato di poteri ESP capaci di uccidere a distanza e di una sorta di “luccicanza” che le consente, suo malgrado, di “leggere” i pensieri e le emozioni della gente. Un po' come in Delirium, anche qui ci sono idee potenzialmente molto valide, ma non sviluppate adeguatamente (le critiche un po’ buttate lì al cinismo televisivo e alle violenze su animali), qualche caduta trash e un finale che ti fa venire la tentazione di scagliare l'albo contro il muro, con la tiratona moralistica prima (ospiti Hitler, Mussolini e Saddam Hussein) e l'assurda rivelazione dell' ultima pagina poi. La voglia di stupire a tutti i costi non paga neanche stavolta. Fortunatamente ci sono diverse sequenze ben riuscite:  l’incontro-scontro alla St. Stephen’s Tower, la ragazza all'"ultima spada", l'omicidio nello spazio, per quanto implausibile, che con il sottofondo del valzer di Strauss cita indirettamente 2001: Odissea nello spazio e SPOILER la morte di Frankie che cita, in questo caso platealmente, Blade Runner FINE SPOILER. Non mancano improvvisi e piacevoli intermezzi splatter. Impagabile Dylan che fa pensieri hot sulla nipote di Madame Trelkovski, Diana (personaggio che ritroveremo più avanti nella serie) mentre lei gli legge nella mente.  Chiaverotti usa e abusa, banalizzandolo, di un tema caro a Sclavi, il diverso "buono" vittima (ma in questo caso anche carnefice) della malvagità che si nasconde nel cuore dei "normali", senza però possedere la stessa delicatezza del Tiz. I dialoghi non sono frizzanti e brillanti come al solito per Claudio, forse anche per il poco spazio concesso a Groucho. I personaggi parlano spesso per citazioni e frasi celebri e quando l'utilizzo ne è così frequente diventa anche stucchevole. Disegni di Freghieri senza infamia e senza lode, mentre Stano realizza una copertina di stampo classico atta a trarre benevolmente in inganno il lettore.

Oltre ai difetti evidenziati sopra, sono presenti incongruenze che mi farebbero propendere, considerato l’insulso contro-finale, per un voto negativo:  Dylan che accetta la storia di Corinne senza batter ciglio pur avendo plurime implicazioni di reato, il comportamento della stessa Corinne per tutto l’albo. Ma l'aura malinconica e triste di Frankie (ecco in questo Freghieri è stato bravo) mi fa alzare la media sino alla sufficienza, pur risicata.

Curiosità: (1) In allegato all’inedito c’era in omaggio una bustina contente gli stickers di Dylan Dog, distribuiti da DeAgostini, a traino dell’imminente lancio in edicola a partire dal 3 settembre 1991. Ogni bustina, al costo di 500 lire (!), ne conteneva  quattro (tra adesivi, metallizzati, prismatici e trasferibili a caldo) per un totale di 224 sticker differenti ai quali però non venne mai associato un album o un raccoglitore per collezionarli. (2) Nel Club dell’Orrore dell’inedito veniva annunciata l’uscita del diario di Dylan Dog per l’anno scolastico 1991/1992, sempre per DeAgostini; la prima agenda dylaniata aveva debuttato l’anno precedente. (3) Bloch dice a Dylan (pag. 54) “potrei essere tuo padre”. All’epoca chi poteva immaginare che un giorno lo sarebbe divenuto davvero? (4) A pag. 41 dell’inedito c’è un piccolissimo errore che non so se sia stato corretto nelle varie ristampe: la Trelkovski citando il co-protagonista del # 56, Ombre, lo chiama Georg (e non George) Roll.

BODYCOUNT:  6

TIMBRATURA: Sì (1, Diana, dopo che Dylan ci aveva già provato invano con Corinne)

CITAZIONE: “La sofferenza del corpo si può vincere..è quella dell’anima la più difficile da scacciare..”

VOTO:  6

Soggetto:  Chiaverotti (10)

Sceneggiatura:  Chiaverotti (10)

Disegni: Freghieri (5)

5 commenti:

  1. Uno dei miei albi preferiti di Chiaverotti! Siccome nel mio archivio ho scritto un commento brevissimo (forse il più breve di tutta la collana), faccio prima a fare copia-incolla…

    Storia: Claudio Chiaverotti confeziona una delle sue migliori storie. Partendo dal mito di “Frankenstein” (ma andando poi a parare su ben altri lidi), l’autore sviluppa una sceneggiatura davvero ineccepibile, che alterna sanguinose scene di morte a momenti di pura poesia chiaverottiana, mantenendo sempre fluida la leggibilità, sino a un colpo di scena finale davvero spiazzante, seguito dal consueto controfinale che a ben vedere mal si associa a quanto letto in precedenza, ma che regala comunque un brivido di piacere.

    Disegni: ottima prova anche per Giovanni Freghieri alla parte grafica. I volti, seppur non perfetti(specialmente in campo lungo), hanno una buona dose di espressività, ma è soprattutto nella creazione delle atmosfere che l’artista emiliano sprigiona il meglio di sé, regalandoci una Londra umida e malinconica, cupa e disperata, teatro ideale delle vicende narrate da Chiaverotti

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    1. Lo sapevo che non saremmo andati d'accordo :)
      Comunque "sceneggiatura ineccepibile" associata a Frankenstein! anche no.

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  2. Per me, quando ti leggi un albo tutto d'un fiato, la sceneggiatura è ineccepibile: poi l'impianto del soggetto è un altro discorso :) .

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    1. Beh allora una storia senza dialoghi e didascalie avrà sempre una sceneggiatura ineccepibile perchè di sicuro si legge tutta d'un fiato :)

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  3. Non è detto: una storia muta, dopo dieci pagine, può annoiare. Questo albo l'ho divorato perché l'ho trovato avvincente: tant'è che credo di averlo letto un numero di volte che svaria tra le 10 e le 20 :D.

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