lunedì 19 settembre 2022

Dylan Dog #100 - La storia di Dylan Dog

 

Il galeone di Dylan Dog è finito! L'ultimo pezzo è incollato al modellino e un'immensa opera pare finalmente compiuta. È tempo di guardare indietro, sciogliere le nebbie e rispondere alle mille domande che da sempre ci inseguono. Cosa si nasconde dietro l'immortale Xabaras, eterno nemico dell'Indagatore? Dove nacque l'amore per l'irraggiungibile Morgana? E chi è davvero Dylan Dog? Un viaggio alle origini, che si perde nel tempo e nello spazio.

Non so esattamente come, quando e perché nacque la leggenda metropolitana secondo cui Dylan Dog avrebbe chiuso i battenti con il n. 100. A mia memoria la voce circolava già almeno dall’estate del 1994. Certo le fonti erano del tipo “mio cugggino che l’ha sentito da un suo amico che è fratello del cognato dello zio di un vicino di casa di Chiaverotti”. C’era pure chi ci credeva veramente, facendo sganasciare dal ridere tutti gli altri. In Bonelli sarebbero stati folli a cessare la pubblicazione che insieme a Tex  rendeva economicamente di più. Senza contare tutto il merchandising, le ospitate sui media, le interviste agli autori e tutto quanto si portava ormai dietro quello che si era ormai da tempo consolidato come vero e proprio fenomeno di costume. Non so come si potesse solo immaginare una cosa simile. Probabilmente questa fake news pre-internettiana era nata davvero da una fuga di notizie dalla redazione per essere poi distorta dal passaparola. La storia di Dylan Dog, infatti, si presenta sul serio come l’albo conclusivo della serie. E lo fa ufficialmente, sin dalla copertina, con Dylan sull’uscio di Craven Road n. 7 che sembra congedarsi dai lettori, il sorriso sulle labbra, salutando con la mano, mentre le mostruose statue del suo corridoio piangono affrante. L’editoriale sul Club dell’Orrore (inedito) ce lo conferma subito, dopo averci rassicurato che la serie comunque continuerà: questo n. 100 è da considerarsi il finale di Dylan Dog, da tenersi nella collezione come ultimo a destra di tutti gli altri albi usciti, indipendentemente dalla numerazione. Ovviamente riservandosi la facoltà di concepire in futuro altri possibili finali (e ce ne saranno e già ce n’erano stati in precedenza, vedi n. 77 - L’ultimo uomo sulla terra). Come da tradizione, anche questo n. 100, come quello degli altri eroi bonelliani che avevano raggiunto tale traguardo o i suoi multipli, viene pubblicato a colori. C’è da chiudere la storyline iniziata ai tempi del mitico n. 1 e proseguita con il n. 25 Morgana e il n. 43 Storia Nessuno e quindi gli autori non potevano che essere Sclavi (a cui l’onere sarebbe in ogni caso spettato nella sua veste di “papà” di Dylan) e Stano. Le premesse erano: svelare il passato dell’indagatore dell’incubo, ma anche rivelarne in qualche modo il futuro, e chiudere i conti con l’arci-nemico Xabaras. Tuttavia è evidente fin dall’incipit come Sclavi non avesse la benché minima voglia di scrivere questo celebrativo (che peraltro non celebra nulla) della sua creatura svelandone le origini, a cui era dichiaratamente disinteressato e confermando, se mai ce ne fosse bisogno, che la continuity su Dylan Dog è, e sempre sarà, inopportuna. Forse per questo tira fuori una storia che, oggi come ieri, appare quasi una presa in giro nei confronti dei lettori "colpevoli" di invocare a gran voce succulenti particolari sul passato dylaniato e in questo potenziale intento dissacrante va colto il vero spirito del #100. Sergio Bonelli, dalla pagina dell’Horror Post (inedito) rivela scherzosamente di aver avuto quasi un infarto a leggere, lui prima di chiunque in redazione, la parola “FINE” nell’ultima vignetta. Io, invece, credo fosse sconvolto per tutto quello che aveva letto prima. Morgana, il grande amore di Dylan, che si scopre essere sua madre, con relative implicazioni edipiche. Viaggi nel tempo e nello spazio, con risvolti fantasy e sci-fi totalmente estranei al DNA della serie. Lo Xabaras buono e il patetico alienino Fric… Particolari incomprensibili come Dylan nato trecento anni prima (e non morto come nella battuta di Groucho nel n. 1) che si rivede in un attimo già ventenne entrare a Scotland Yard tre secoli dopo la sua infanzia (cancellando indirettamente la sua adolescenza e quindi anche gli eventi narrati ne Il Lungo Addio) perché “il tempo è relativo e soggettivo”. Persino i disegni di Stano, penalizzato dalla propria auto-colorazione, sono inferiori a quelli delle sue prove precedenti e successive. Tutte cose che rendono quest'albo quello che probabilmente odio di più in assoluto. Forse perché anche io, come tanti, mi sono sentito preso in giro o forse, più semplicemente, perché la trama è davvero inverosimile e insoddisfacente per un evento del genere, oltre che anti-dylaniana. Almeno ha il pregio di essere velocissimo da leggere grazie alla scarsità di dialoghi. Eppure... per me il finale è quello “giusto”: Dylan che se ne va alla ricerca della sua strada, libero dagli incubi e di essere finalmente sé stesso. Le pagine precedenti mi fanno venire l'orticaria e nulla cambierebbe anche a voler sposare l’ipotesi, sostenuta da qualcuno, che gli eventi ivi narrati siano da interpretarsi come un sogno di Groucho. Ma davvero le ultime cinque pagine salvano la baracca. Dylan ha terminato l’indagine su di sé che è cominciata e passata attraverso la risoluzione degli incubi dei suoi clienti, che ha affrontato per vincere i suoi. Un po’ come fosse la conclusione della seduta psico-analitica indirettamente tenutasi nel bellissimo Speciale n. 7 Sogni che invero conteneva alcune anticipazioni di questo n. 100 (compresa la “profezia” del galeone) e dove già veniva teorizzato che il mal di vivere è ereditario e che le colpe dei genitori ricadono sui figli. Mal di vivere che più che affliggere l’indagatore dell’incubo ha tormentato il suo creatore e l'immagine di Dylan sulla porta (copertina e ultima pagina) mi è sempre sembrata una sorta di congedo dello stesso Sclavi dalla serie e in qualche modo è forse così. Il Tiz, infatti, tornerà subito a scrivere con regolarità e lo farà per qualche anno, ma l’esistenzialismo non sarà più il tema predominante in Dylan Dog. Ecco, in questo senso si può davvero definire quest’ albo, “l’ultimo”: chiude una stagione forse unica e irripetibile nella storia del fumetto italiano, quella dei primi 100 numeri, quella in cui molti lettori vedono l’essenza del “vero” Dylan Dog. E sì, Sclavi continuerà a sceneggiare, ma lo farà in modo diverso, spesso positivo, prediligendo il linguaggio del surreale, del grottesco, della commedia nera rispetto ai toni più cupi che tornerà ad esplorare solo in poche occasioni; e progressivamente affiderà sempre più la gestione della testata a Marcheselli, che da questo numero assume ufficialmente la carica di curatore (vedasi tamburino). Chiaverotti saluterà presto per dedicarsi ai suoi progetti ed esordiranno altri autori e altri curatori che lasceranno, chi più chi meno, la propria impronta personale sul personaggio. Persino alcuni disegnatori tra i più amati, come ad esempio Casertano e Dall’Agnol, muteranno il proprio stile, mentre altri, come Montanari&Grassani, verranno presto dirottati e confinati sul Maxi Dylan Dog. Splatter, sesso e ironia verranno sempre più attenuati o ingabbiati dai "paletti" bonelliani. Usciranno ancora ottime storie, vero, e qualche sporadico capolavoro, ma non più con la stessa densissima frequenza di questi primi otto anni dylaniati. Persino la popolarità di Dylan andrà calando, vedendo ridimensionata la sua figura di fenomeno di costume. Quindi chi pensava all’epoca che la serie sarebbe finita, in un certo qual modo aveva ragione.

Ma, fortunatamente, per Dylan (e per me che provo a raccontare la sua storia attraverso l’analisi dei singoli episodi), l’avventura è continuata e continua.

BODYCOUNT: 0

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “La vita ha la stessa logica di un sogno… a volte di un incubo… L’incubo da cui hai tentato di svegliarti sognando altri cento incubi”.

VOTO: 6

Soggetto: Sclavi (89)

Sceneggiatura: Sclavi (89)

Disegni: Stano (6)

4 commenti:

  1. Come non essere d'accordo. E' andata così (purtroppo). Poteva andare peggio? Sicuramente, ma poteva anche andare molto meglio...

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    1. Comunque 8 anni a quei livelli non sono pochi. Non mi lamento :)

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  2. Vero, però proprio perché ci sono stati quegli 8 anni uno si aspettava il numero "bomba atomica".

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    1. Quello delle bombe nucleari è Recchioni :) Sclavi temo ne avesse già le scatole piene, per fortuna si è ripreso presto e ci ha regalato altre perle prima di "scomparire" nuovamente.

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