martedì 27 settembre 2022

Dylan Dog #103 - I demoni

 

Una sete terribile e un deserto infuocato. Solitudini infinite e presagi di morte imminente. È in questa terra di orrori che vivono gli incubi. Nelle vene di Dylan Dog, scorre un veleno di cui nessuno conosce l'antidoto. Ventiquattr'ore di vita per scoprire chi è l'assassino, un giorno (o poco meno) per decifrare un'antica alchimia e sfuggire all'abbraccio dei Demoni!

Albo questo generalmente non molto amato dai fan chiaverottiani. Per me, invece, è un autentico gioiellino. All'epoca della sua uscita rimasi sconcertato dinanzi ai prodromi dell’evoluzione stilistica di Casertano, mentre rileggendola oggi mi pare un cambiamento perfettamente naturale e neppure così netto. Bravo il Giampo a mutare rimanendo uguale a sé stesso, ovvero, per i miei gusti, il migliore. Qui il suo tratto sembra balzare, avanti e indietro, da quello “vecchio” a quello evoluto da una tavola all’altra o, addirittura, da una vignetta all’altra. Non so se ciò sia dipeso da una scelta voluta o magari (è una supposizione) da tempi di lavorazione dilatati, fatto sta che quest’alternanza produce un ulteriore effetto straniante nel lettore, contribuendo alla riuscita dell’albo. La storia apparentemente non è che l'ennesima rivisitazione de L'invasione degli ultracorpi (lo pensa anche Dylan a pag. 82), ma la questione dei replicanti resta sullo sfondo e rimane poco approfondita per usare un eufemismo. Il vero focus è infatti la folle corsa contro il tempo di Dylan. Chiaverotti, partendo da un angosciante prologo che sembra preludere a un’indagine tradizionale, sforna una sceneggiatura costellata da momenti genuinamente e potentemente horror (le allucinazioni, i mostri nella serra) e che pigia in maniera decisa sull'acceleratore dal momento in cui Dylan scopre di essere stato avvelenato. Tra pag. 70 e pag. 74 c’è una carrellata di vecchie conoscenze: l’Uomo invisibile, Mana Cerace, i “vampiri”, “Lama di rasoio”, Jekyll, la Morte, Bree Daniels, e tanti altri personaggi e citazioni di albi passati una volta tanto non rispolverati a caso, anzi... Se non fossimo consapevoli che il protagonista di una serie a fumetti potenzialmente infinita non può morire, sembrerebbe davvero di essere al cospetto di un addio. E questo rende più credibile la forsennata corsa per la vita del nostro che trascina vorticosamente anche noi insieme a lui. Bloch, meraviglioso, mostra teneramente il suo lato paterno quando teme di aver perso Dylan, come già avvenuto in Oltre la morte. Groucho resta ai margini, ma trova il modo di farci ridere anche solo comparendo nell’ incubo di pag. 75. Totentanz finale a chiudere degnamente l'albo. La vera chicca è rappresentata però dalla scena del rituale della strega (pagg. 56-60) con sacrificio, invocazione e successivo amplesso mostruoso.

Difetti ne ha a iosa questo n. 103: dalle motivazioni contraddittorie dei “vegetali” alle incongruenze temporali riscontrabili nel corso della narrazione. E sicuramente ve ne sono altri, ma le suggestioni e le emozioni che sprigionano le singole sequenze riescono a farli dimenticare. I disegni di Casertano sono fondamentali a creare l'atmosfera di delirio, malattia e disperazione che eleva l'albo ben al di sopra della media. La copertina di Stano, invece, l’avrei preferita più cupa e scura; inoltre il mostro che minaccia Dylan è molto meno ripugnante, in viso, di quelli che appaiono nella storia.

Curiosità: (1)A pag. 62 si intravede un poster raffigurante la copertina dell’album Ritmo e dolore dei Timoria. (2)A pag. 74 il mostruoso feto (lo stesso del n. 30 La casa infestata) dice a Dylan “anche tu da giovane ti sei ribellato a tuo padre!”. Chiaro riferimento a Xabaras.

BODYCOUNT: 4

TIMBRATURA: Sì (1, Whitney)

CITAZIONE: “Qualcuno forse direbbe che cerco di dare un estremo senso alla vita o alla morte… ma la verità è molto meno retorica… la paura… è lei la nemica più bastarda

VOTO: 8

Soggetto: Chiaverotti (35)

Sceneggiatura: (36)

Disegni: Casertano (11)

1 commento:

  1. Da ragazzino la odiavo questa storia; da adulto l'ho rivalutata in pieno.

    Su Casertano dici giusto: "prodromi dell'evoluzione stilistica". Si cominciava già a vedere il nuovo tratto ipercaricaturale, ma ancora la cosa era contenuta e accettabile. Secondo me il punto più basso di questa evoluzione (o involuzione) lo aggiunse con il n. 183, in cui raffigurò un bambino di 12 anni con le sembianze di una signora di 50!

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