giovedì 22 settembre 2022

Dylan Dog #101 - La porta dell'inferno

 

Charles Gibbs non riesce più a vivere. Tre anni fa, la moglie e la figlia sono morte tra le mani di un feroce assassino e la sua mente non ha retto. Ora il folle ha ripreso a uccidere, seguendo l'ossessione di un rituale satanico, ma le porte infernali che cerca di aprire si spalancano su un dubbio: fu veramente lui a massacrare la famiglia Gibbs?

Dopo il passaggio di boa del #100 il nostro Dylan non finisce, nè si ferma, anzi ritorna a indagare e “timbrare” accanto ad un Groucho più in forma che mai. Manfredi, dopo il buon esordio con I giorni dell’incubo, sforna qui una storia di caratura superiore, degnamente accompagnato da un Freghieri performante, ispirandosi alle canzoni dei Doors. Un omicidio rituale (almeno in apparenza), un copycat, anime che chiedono di essere liberate, un suggerito rapporto incestuoso e una feroce critica contro il giornalismo-verità mediatico (all'epoca forse ancora più in voga di oggi), un Dylan che indaga sul caso da vero investigatore con giuste deduzioni, un assistente che regala dritte clamorose per la risoluzione del caso e un finale amaro sono gli ingredienti della ricetta di Manfredi, che funziona malgrado la sovrabbondanza di dialoghi, solo leggermente ridotta rispetto al diluvio di parole del n. 95. Superlavoro, dunque, per la brava letterista Diana Rocchi chiamata a cimentarsi in quest’occasione anche con lettere dell’alfabeto greco. La scena dell'incubo ad occhi aperti di Dylan da pag.63 a pag. 68 è però il vero fiore all'occhiello dell'albo, una delle sequenze oniriche tra le migliori della serie, magistralmente illustrata da Freghieri, i cui disegni si fanno apprezzare anche per la consueta eleganza. Altrettanto inquietante è la copertina di Stano, con gli spettri urlanti che fuoriescono dal materasso insanguinato. Bello anche il titolo che richiama, al plurale, il film di Umberto Lenzi Le porte dell’inferno. Il Dylan Dog raccontato da Manfredi si discosta, però, da quello di Sclavi e Chiaverotti. Non solo, come detto, è un detective attento che si affida alla logica, senza farsi distrarre troppo dalle implicazioni soprannaturali ed esoteriche della vicenda. Si presenta come eroe più che nella solita veste di anti-eroe e sermoneggia un po’ troppo, ma conserva almeno i suoi dubbi (vedi ultima vignetta) e le sue inquietudini (“la verità è che siamo incapaci di vivere”, pag. 37). Chi non ne esce troppo bene è invece Bloch che non solo mena un po’ troppo il torrone con la tiritera della pensione, ma dimostra un’inusuale superficialità nella conduzione delle indagini: è sicuro che il duplice delitto in casa Gibbs sia un sacrificio rituale da attribuire a uno o più fanatici (pag. 30) e non si accorge del palese elemento che accumuna le giovani vittime (Dylan lo intuisce in un secondo). A proposito, i bambini in questi primi anni di vita dylaniata non se la passavano proprio benissimo!

Curiosità: (1)Nel Club dell’Orrore (inedito) viene smentito l’abbandono di Sclavi. (2) La frase “Dio si serve degli umili e i prepotenti si servono di Dio” che Dylan cita a pag. 12 attribuendola a “qualcuno” è contenuta nei Promessi Sposi. (3)Come avrà fatto Dylan a recuperare intatta la sua Bodeo gettata nella stufa? (4)Occhio al cartone animato a pag. 47, terza vignetta!

BODYCOUNT: 9

TIMBRATURA: Sì (1, Ellen)

CITAZIONE: “Un tempo bevevo parecchio e pensavo che il mio destino sarebbe stata la strada… Ma per fortuna sono riuscito ad attraversarla, ad aprire la mia porta segreta e a guardarci dentro. Conoscere i propri incubi è l’unico antidoto contro la paura di vivere”.

VOTO:  8

Soggetto: Manfredi (2)

Sceneggiatura: Manfredi (2)

Disegni: Freghieri (12)

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