Un assassino dal volto deforme
ha insanguinato la placida vita di Serenity. L'oasi perfetta, la comunità
dell'armonia è attraversata da una vibrazione sinistra, mentre la violenza
cresce giorno dopo giorno. C'è forse del marcio sotto quella crosta rosea? Il
dottor Westwood non vuole ammettere che il suo esperimento possa fallire, non
può credere che il ghigno mostruoso dell'assassino possa essere soltanto
un'immagine nello specchio. Il vero
volto di Serenity!
Partiamo dal primo tallone
d'Achille, del tutto personale: i disegni di Cossu, mai troppo amati dal
sottoscritto. Il Conte Ugolino ai miei occhi si è quasi sempre ben difeso bene
nelle storie con elementi "da fiaba", tipo Ombre o L'antro
della Belva, oppure in altre ironiche/grottesche come Risvegli o Il giorno del giudizio. Con l’aumentare della sua produzione durante le “gestioni”
Marcheselli e Gualdoni il suo tratto ha però finito per essermi particolarmente
indigesto. Il fatto che spesso in quegli anni, per sua sfortuna, gli siano anche
state assegnate storie tutt’altro che memorabili non ha fatto altro che
accentuare la mia idiosincrasia nei confronti delle sue tavole. In questo n.
166 non mi offre particolari motivi per ricredermi.
Per quanto riguarda il comparto
narrativo, penso che il soggetto di Ruju fosse potenzialmente assai interessante,
pur non essendo del tutto nuovo nel panorama dylaniato. Anche nel ben più
riuscito Lama di Rasoio c’era una piccola comunità tendente alla
perfezione, che in realtà celava l'iperviolenza di alcuni suoi cittadini (oltre
a ben altro!). Qui però abbiamo l'aspetto inedito di Dylan tentato
dall'integrazione nella comunità. Il problema è che la sceneggiatura non riesce
a sviluppare nel migliore dei modi gli accattivanti spunti offerti dal soggetto,
risultando scialba e totalmente priva di mordente; non posso nascondere che
questa sensazione sia accentuata dalla staticità del tratto di Cossu. Da
rilevare l’ assenza di scene veramente violente e splatter che in un albo come
questo sarebbero state un toccasana (il confronto con il già citato #28 è
impietoso, ripensando alle tavole trasudanti sadismo e gore di Tacconi), ma
come abbiamo già avuto modo di notare, in quel periodo erano ormai entrati in
vigore i famosi paletti “bonelliani” per limitare al minimo le scene
truculente. Anche la sottotrama gialla non convince, in primis perché
l'enigma dell'aspetto del presunto mostro, risolto da Dylan grazie a un
improbabile, se non risibile, puzzle, ci viene urlata in faccia più volte con i
vetri rotti, e poi perché l'identità dell'assassino è, a conti fatti, del tutto
indifferente (poteva essere lui, come chiunque altro). Da salvare, in positivo,
la scena dell'incendio con l'aggressione della mamma-assassina e da additare,
in negativo, la scazzottata con i buzzurri di paese. Finale che lascia con
l'amaro in bocca per il destino del dottore (anche qui c'era da andarci giù
pesante) e il “Dylan affettapane”. Un Dylan peraltro che già si avviava ad
essere sempre più noioso, moralista e compassato, anche se almeno ancora era
sessualmente attivo (e “provolone” a tempo record). Infine, in un anno in cui ha
saputo regalarci autentiche perle, la copertina di questo n. 166 si rivela, in
controtendenza, una delle poche veramente brutte realizzate dal maestro Stano; riuscito
male in particolare l’effetto della strada che va in pezzi.
BODYCOUNT: 2 + un numero
imprecisato di teppisti
TIMBRATURA: Sì (1, Mathilda)
CITAZIONE: “Lo vedi? Qui la
vita è così tranquilla, la gente così serena… non credevo esistessero più dei
posti come questo”.
VOTO: 4,5
Soggetto: Ruju (31)
Sceneggiatura: Ruju (31)
Disegni: Cossu (11)
Nessun commento:
Posta un commento