lunedì 6 gennaio 2025

Dylan Dog n. 166 - Sopravvivere all'Eden

 

Un assassino dal volto deforme ha insanguinato la placida vita di Serenity. L'oasi perfetta, la comunità dell'armonia è attraversata da una vibrazione sinistra, mentre la violenza cresce giorno dopo giorno. C'è forse del marcio sotto quella crosta rosea? Il dottor Westwood non vuole ammettere che il suo esperimento possa fallire, non può credere che il ghigno mostruoso dell'assassino possa essere soltanto un'immagine nello specchio. Il vero volto di Serenity!

Partiamo dal primo tallone d'Achille, del tutto personale: i disegni di Cossu, mai troppo amati dal sottoscritto. Il Conte Ugolino ai miei occhi si è quasi sempre ben difeso bene nelle storie con elementi "da fiaba", tipo Ombre o L'antro della Belva, oppure in altre ironiche/grottesche come Risvegli o Il giorno del giudizio. Con l’aumentare della sua produzione durante le “gestioni” Marcheselli e Gualdoni il suo tratto ha però finito per essermi particolarmente indigesto. Il fatto che spesso in quegli anni, per sua sfortuna, gli siano anche state assegnate storie tutt’altro che memorabili non ha fatto altro che accentuare la mia idiosincrasia nei confronti delle sue tavole. In questo n. 166 non mi offre particolari motivi per ricredermi.

Per quanto riguarda il comparto narrativo, penso che il soggetto di Ruju fosse potenzialmente assai interessante, pur non essendo del tutto nuovo nel panorama dylaniato. Anche nel ben più riuscito Lama di Rasoio c’era una piccola comunità tendente alla perfezione, che in realtà celava l'iperviolenza di alcuni suoi cittadini (oltre a ben altro!). Qui però abbiamo l'aspetto inedito di Dylan tentato dall'integrazione nella comunità. Il problema è che la sceneggiatura non riesce a sviluppare nel migliore dei modi gli accattivanti spunti offerti dal soggetto, risultando scialba e totalmente priva di mordente; non posso nascondere che questa sensazione sia accentuata dalla staticità del tratto di Cossu. Da rilevare l’ assenza di scene veramente violente e splatter che in un albo come questo sarebbero state un toccasana (il confronto con il già citato #28 è impietoso, ripensando alle tavole trasudanti sadismo e gore di Tacconi), ma come abbiamo già avuto modo di notare, in quel periodo erano ormai entrati in vigore i famosi paletti “bonelliani” per limitare al minimo le scene truculente. Anche la sottotrama gialla non convince, in primis perché l'enigma dell'aspetto del presunto mostro, risolto da Dylan grazie a un improbabile, se non risibile, puzzle, ci viene urlata in faccia più volte con i vetri rotti, e poi perché l'identità dell'assassino è, a conti fatti, del tutto indifferente (poteva essere lui, come chiunque altro). Da salvare, in positivo, la scena dell'incendio con l'aggressione della mamma-assassina e da additare, in negativo, la scazzottata con i buzzurri di paese. Finale che lascia con l'amaro in bocca per il destino del dottore (anche qui c'era da andarci giù pesante) e il “Dylan affettapane”. Un Dylan peraltro che già si avviava ad essere sempre più noioso, moralista e compassato, anche se almeno ancora era sessualmente attivo (e “provolone” a tempo record). Infine, in un anno in cui ha saputo regalarci autentiche perle, la copertina di questo n. 166 si rivela, in controtendenza, una delle poche veramente brutte realizzate dal maestro Stano; riuscito male in particolare l’effetto della strada che va in pezzi.

BODYCOUNT: 2 + un numero imprecisato di teppisti

TIMBRATURA: Sì (1, Mathilda)

CITAZIONE: “Lo vedi? Qui la vita è così tranquilla, la gente così serena… non credevo esistessero più dei posti come questo”.

VOTO: 4,5

Soggetto: Ruju (31)

Sceneggiatura: Ruju (31)

Disegni: Cossu (11)


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