Brighton Whitaker era un
grande scrittore, o forse soltanto il cronista nell'ombra delle efferatezze di
un serial killer. Comunque sia, la sua morte costringe Dylan a uno strano e
inquietante gioco: scrutare nella mente del mostro, calarsi nei suoi panni,
assorbirne la personalità. Ma ora
contro chi dovrà combattere Dylan Dog, se
l'assassino altro non è che un
riflesso nello "specchio dell'anima"?
Il capolavoro di Paola Barbato,
nonché uno dei migliori albi in assoluto pubblicati dopo i primi mitici cento
numeri. Lo metto tranquillamente in una mia ideale top3-post 100 accanto a Phoenix
di Sclavi e Mater Morbi di Recchioni. La sceneggiatura è una macchina
perfetta che amalgama allucinazioni polanskiane con echi di giallo
hitchcockiano, inseguendo un gioco orrorifico di sdoppiamento di personalità che
in prima battuta strizza l'occhio alla Metà Oscura di King per poi
andare a parare da tutt’altra parte. La perdita di identità diventa una
disperata e drammatica ricerca dell'affermazione del proprio essere tanto per
Whitaker quanto per Dylan. Un Dylan mai così stranito, alienato, in bilico
sulla via del male, ma capace di mantenere quel minimo di lucidità necessaria a
salvarsi. Un piacere vedere un Bloch, co-protagonista a tutti gli effetti della
vicenda, lanciarsi in forma smagliante nell'indagine in prima persona, anche in
azione vera e propria, tanto da far dimenticare il “sacrificio” di Groucho, qui
in effetti un po' trascurato e serioso. E poi c'è lui… Joe Montero! Un killer
ultracarismatico e implacabile che esiste prepotentemente e uccide per il puro
piacere di farlo, senza avere neppure un'autentica identità fisica. Un
personaggio divenuto istantaneamente uno dei villain più amati di sempre dal
popolo dylandoghiano. Lo spiegone finale, molto contenuto invero rispetto alle
prime uscite barbatiane, è stavolta pienamente giustificato e funzionale al
meccanismo giallo che traina la soluzione del caso. Paola non sbaglia praticamente nulla riuscendo a coinvolgere emotivamente il lettore sino alle ultime pagine. Disegni di Mari sublimi,
eccellenti nel raccontare il cambiamento di Dylan come una progressiva discesa
versa la follia. Tutte le vignette in cui appare Montero sono piccole gemme da
rimirare affascinati in continuazione. Ottima anche la copertina in penombra di
Stano.
Imperdibile.
BODYCOUNT: non quantificabile con
esattezza
TIMBRATURA: No
CITAZIONE: “Sono un uomo fortunato…
Mi chiamo Joe Montero… e sono un assassino.”
VOTO: 10
Soggetto: Barbato (5)
Sceneggiatura: Barbato (4)
Disegni: Mari (7)
Sono meno entusiasta di te, nel senso che non lo metterei né in una top 3 né in una top 10 del dopo 100, ma di certo è stato un passo avanti enorme rispetto ai primi due albi di Paola. L'unica cosa che non mi ha mai convinto è la questione del "reietto": l'ho trovata artificiosa.
RispondiEliminaLa copertina è forse la più angosciante dell'intera serie.
Però il "reietto" non è un particolare così fondamentale. Tra l'altro Bloch era convinto che fosse Curran il colpevole.
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