Tenta la sorte e si aggiudica
il primo premio: cinque milioni di sterline! Eh sì, è davvero un uomo
fortunato, Clarence Clough. Se non fosse che un cancro gli sta consumando lo
stomaco, naturalmente. Cosa
farsene di una fortuna così? Non c'è più tempo per
niente, né per riconquistare Brittany, né per scoprire chi è
che uccide con un coltellaccio tutti i suoi amici. Anche se Brittany ha un
sospetto, e per chiarirlo suona alla porta di Dylan Dog.
Storia ben scritta ma non
pienamente riuscita. Ruju è bravo nel raccontarci la vita di Clarence e Brittany,
a creare quel piccolo microcosmo di quartiere in cui un gruppo di amici si
incontra quotidianamente al bar per combattere la solitudine e i cattivi
pensieri. Un microcosmo i cui equilibri sono destinati a spezzarsi per colpa
dei soldi e dell’invidia per la felicità altrui, una visione tanto orribile
quanto realistica. Il presagio di quel che avverrà è ben suggerito nella scena
in cui la Morte che si aggira tra gli avventori del bar senza essere vista e
poi costruisce il castello di carte nella suggestiva sequenza onirica alle
pagg. 43-44. Mi piace anche come Dylan entri in punta di piedi in questa
storia, una comparsa seduta a un tavolo insieme a Bloch in uno dei tanti loro
incontri al pub, nell’ultima vignetta di pag. 14. Il problema è che Dylan
resterà poco più di una comparsa per tutto il resto della storia. La sua
presenza è del tutto marginale nella vicenda, nonché del tutto ininfluente
visto che nel finale non solo non risolve il caso (glielo raccontano come sono
andate davvero le cose) ma decide di lavarsene completamente le mani, lasciando
che i panni sporchi si lavino in famiglia (come dice il proverbio, “tra moglie
e marito...”). Nonostante il destino ineluttabile che attende l'assassino,
proprio non mi va giù l’atteggiamento rinunciatario di Dylan, considerando poi
che c'era stata anche un'infatuazione di mezzo. Ruju caratterizza bene i protagonisti
e i drammi che li vedono protagonisti, ma si prende fin troppo tempo. Il primo
omicidio arriva solo a pag. 64, i successivi avvengono troppo in fretta, Dylan
inizia l’indagine a pag. 80 (!!!) e le visioni dei fantasmi delle vittime si
rivelano pure un depistaggio un po’ troppo furbo visto che le ha anche chi non
dovrebbe averlo. Apprezzabile invece l’idea del libro che conferisce alla sceneggiatura
una spolverata “argentiana” (vedasi anche il guanto dell’acquirente del tomo a
pag. 9). Freghieri inizia un nuovo anno caratterizzato dall’iperproduttività
con una prova discreta, aggrappandosi ai primi piani. Scelta giusta perché gli
sguardi dei personaggi sembrano sempre suggerire qualcosa di non detto anche
quando tacciono. Il suo tratto elegante rende sempre efficaci le scene oniriche
(vedasi il già citato castello di carte), per il resto il buon Giovanni va un
po’ troppo di fretta. Bella la copertina di Stano con la dea bandata e Dylan
legato alla ruota in posizione da “uomo vitruviano”.
Curiosità: (1) Nell’Horror Club (inedito)
troviamo un commosso saluto al mitico Gian Luigi Bonelli, scomparso il 12
gennaio 2001, omaggiato da un bel disegno di Villa. (2) A pag. 23 Clarence afferma
che un suo cliente, vicino di casa di Dylan, non lo sopporta. Chissà se il
riferimento è a quel Vicino di casa, scritta sempre da Ruju. A me piace
pensare di sì. (3)Una piccola incongruenza: a pag. 23 Clarence sembra accorgersi
di Dylan al bar per la prima volta, affermando di conoscerlo solo “di fama”. A
pag. 42 però Dylan parla di lui come si conoscessero.
BODYCOUNT: 5
TIMBRATURA: No
CITAZIONE: “La Morte… La morte
non è la fine di tutto. Non bisogna mai pensare che lo sia. Ci sono cose che
succedono, dopo.”
VOTO: 7
Soggetto: Ruju (34)
Sceneggiatura: Ruju (34)
Disegni: Freghieri (29)
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