lunedì 28 novembre 2022

Dylan Dog #123 - Phoenix

 

Il ricordo o il sogno, o forse soltanto l'allucinazione di una morte improvvisa. Phoenix è tormentata da un'immagine che non sa spiegare. Chi è Lullaby? Cosa lega due donne così lontane? Forse un caso di reincarnazione? Dylan cammina nel buio: due vite potrebbero essersi intrecciate per caso, come pedine scambiate da una mano distratta sulla scacchiera della morte!

Capolavoro della serie sfornato quando meno te lo aspetti da Sclavi dopo il periodo "sabbatico" e una manciata di storie alcune delle quali anche ottime. Incredibile è anche l'esordio di Nicola Mari sulla serie regolare: rasenta la perfezione tanto nell'espressione e nelle ombre dipinte sui visi, quanto nel chiaroscuro, rendendo assolutamente memorabili le tavole oniriche e i flashback di quest'albo e facendoci immergere in un’atmosfera da incubo. Non stona l'idea di utilizzare volti di attori famosi, come Sean Connery per Adam o Jeremy Irons per Walker, per la fisionomia dei personaggi. Rinnovo il rimpianto per il fatto che l’artista ferrarese abbia dovuto "forzare" il suo stile in seguito. Sclavi, con la collaborazione in incognito della moglie Cristina Neri*, dal canto suo sforna dei coprotagonisti eccezionali: Phoenix/Lullaby, due modi opposti di vedere il mondo che diventano loro malgrado le facce della stessa medaglia, il sagace Professor Adam con il suo scetticismo accademico, il poco loquace e malinconico Damon Walker determinante suo malgrado sino alla triste parte finale. Come sempre il Tiz rielabora in salsa dylaniata le sue fonti di ispirazione, stavolta apertamente dichiarate: La donna che visse due volte (Vertigo, 1958) di Alfred Hitchcock (si veda anche il manifesto a pag. 29) e il mito della Fenice, il leggendario volatile capace di risorgere dalle sue ceneri, che dalla mitologia classica ha saputo perpetuarsi e declinarsi in tante sfaccettature diverse sino ai giorni nostri. Dalle pagine della Horror Post (inedito) Sclavi, o chi per lui, suggerisce l’interpretazione del mito che ne fece Apollinaire: la Fenice come metafora dell’amore che rinasce. Un’idea che è assolutamente compatibile con la Phoenix di quest’albo. Tornano i grandi temi sclaviani: il binomio Amore-Morte, l’umanità della stessa Mietitrice che sbaglia e se ne rammarica, come un uomo o donna qualunque, il mal di vivere. Ancora una volta compaiono dei “non esistenti”, degli inetti alla vita, cronicamente depressi. Eppure, a differenza del nichilisimo e del pessimismo cosmico a volte imperante nei primi cento, stavolta troviamo un barlume di speranza nel finale, a testimonianza di una versione più positiva di Sclavi in questa fase di vita dell’indagatore dell’incubo. Per cui sì, è vero che si può avvertire una sensazione anche forte di dejà vù leggendo questa storia, ma gli elementi classici qui sono rivisti sotto una luce nuova e continuano prepotentemente a funzionare. Ritroviamo un Dylan scettico ma che continua a sperare e a credere nel paranormale perché ormai ne ha viste tante. In quest’occasione più che indagatore è vittima degli eventi, senza neppure la consolazione di riuscire a scoprire la verità. E allora meglio non farsi domande come suggerisce il buon Adam, personaggio che avrebbe dovuto divenire ricorrente (anche Dylan, a pag. 88 afferma di avere la sensazione che avrebbero lavorato ancora assieme in futuro) ma che si è poi visto pochissime altre volte nella saga dylaniata. Tantissime invece le sequenze indimenticabili, magistralmente disegnate da Mari. La carrozza con i cavalli guidati dalla Morte (una probabile citazione de Il carretto fantasma di Victor Sjöström) che prima si "restringe" e poi si trasforma in camion è una delle sequenze più da incubo della serie (pagg. da 30 a 35). Splendide le vignette che simboleggiano la realtà e il presente che vanno in frantumi come i frammenti di uno specchio ed eccezionali i virtuosismi di pag. 80 e pag. 85. Mi sbilancio ad affermare che, per quel poco che ne capisco, a livello di disegni siamo tra le vette più alte raggiunte su Dylan Dog. L’accompagnamento musicale all’albo (non c’era ancora chi lo suggeriva nell’editoriale all’epoca) è sorprendentemente jazz, giusto per smentire ancora una volta chi sostiene che sia l’heavy metal la musica imperante nella serie. Per me Dylan, e con lui Sclavi, è sempre stato un ascoltatore “onnivoro”, cui piace spaziare attraverso i generi a seconda dell’umore suo o dell’argomento o del mood dell’albo. Il metal è senz’altro una componente importante del suo bagaglio musicale, ma non l’unica e forse nemmeno la più importante. Qui si cita Miles Davis e la colonna sonora da lui composta per Ascensore per il patibolo (Ascenseur pour l'échafaud, 1958) di Louis Malle, film che, pur non avendo attinenza diretta con la trama, condivide con l’albo il tema del caso che sconvolge imprevedibilmente la vita di tutti personaggi coinvolti nella vicenda. Inoltre ignoro se Sclavi avesse consigliato a Mari di documentarsi visionando la pellicola, ma non si può negare un’influenza della stessa sull’utilizzo del chiaroscuro nel realizzare le tavole dell’albo. Mi sono dilungato troppo lo so, mi resta una riga per nominare almeno la riuscitissima copertina di Stano che vede Dylan incalzato dalla carrozza in corsa nel buio della notte.

Curiosità: (1)A pag. 69 Dylan esclama “non so dove ho letto che la nebbia è il varco per la dimensione dei fantasmi”. Non ho reperito la fonte (se c’è), ma la frase non può non richiamare il n. 38 Una voce dal nulla. (2)Il titolo dell’ultimo capitoletto dell’albo, La vita rubata, è lo stesso di un’altra storia dylaniata apparsa su Maxi n. 3 uscito nel 2000. (3) Dopo gli epiteti di Lillie ecco un nomignolo affettuoso, ma altrettanto imbarazzante, rivolto a Dylan da Phoenix: “pastrugno mio”! (4)Tiziano Sclavi è membro del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) e in un'intervista ha dichiarato di aver inserito nella serie il personaggio del Prof. Adam "che è un po' il simbolo" del comitato.

BODYCOUNT: 2

TIMBRATURA: (Sì, 1 Phoenix)

CITAZIONE: “Il suo destino doveva essere di morire presto… e invece è ancora viva… È ancora viva!”

VOTO: 10

Soggetto: Sclavi (97)

Sceneggiatura: Sclavi (101)

Disegni: Mari (2)

(*)Grazie a Leprecano della dritta. Non so se all'epoca Cristina Neri fosse già moglie di Sclavi ma tant'è.

3 commenti:

  1. Come soggetto, credo sia il miglior albo della serie.

    Sottoscrivo tutto su caratterizzazione dei personaggi e disegni.

    Ho letto da qualche parte che alla stesura della storia aveva partecipato anche la moglie di Sclavi, ma purtroppo non ricordo dove.

    RispondiElimina
  2. Trovato: nel "Club dell'orrore" del n. 151, c'è scritto che "Ha messo lo zampino, in incognito, anche nei testi di "Phoenix" e "La quinta stagione".

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Inserito nel testo, grazie per la segnalazione! Ricordavo la cosa ma non ricordavo gli albi in questione. Ho aggiunto una curiosità che ho trovato cercando (ma non trovando) la data di matrimonio di Sclavi.

      Elimina