venerdì 11 novembre 2022

Dylan Dog # 119 - L'occhio del gatto

 

Il gatto Cagliostro è tornato, e con lui torna l'ombra delle streghe. Serve il suo guizzo felino, una zampata per acchiappare al volo un'intricata matassa di fatti. Lady De Bourgh assassinata nel suo letto, il povero Bruce tormentato da sogni premonitori, la leggenda di un antico albero maledetto… Una girandola di personaggi e di misteri presi in un vortice che cade... nell'occhio del gatto!

Dopo essere tornato a pieno regime sulla testata, Tiziano Sclavi, come da lui stesso dichiarato in più di un’occasione, si era nel frattempo un po’ stufato dell’horror e dello splatter e preferiva quindi scrivere storie surreali, virando quando possibile sulla commedia nera in stile Arsenico e vecchi merletti. Fortunatamente questo cambio di rotta non sarà totalizzante, ma non vi è dubbio che abbia segnato uno scostamento rispetto a quello che era il Dylan Dog dei primi cento numeri, soprattutto perché deciso dal suo creatore.  La commedia nera, invero, era parte del DNA dell’indagatore dell’incubo si può dire da sempre, basti pensare ad albi come Cagliostro! o Grand Guignol, ma rappresentava solo una delle mille sfaccettature dell’universo dylaniato. Sclavi, invece, voleva renderla tendenza, almeno in parte. Uno dei più fulgidi esempi di questa nuova attitudine sclaviana è appunto L’Occhio del gatto. Malgrado il titolo dal sapore kinghiano (si intitola così un film antologico diretto nel 1985 da Lewis Teague e ispirato a racconti del “Re”), le opere del buon Stephen non sono fonte di ispirazione per il soggetto, ma tornano al massimo buone per una citazione: a pag. 63 Dylan definisce Insomnia “una pizza”, salvo poi riservare un apprezzamento a un passaggio del romanzo letto subito dopo. Nella trama si amalgamano, invece, suggestioni cinematografiche diverse: sicuramente I misteri del giardino di Compton House (The Draughtsman's Contract, 1982) film di Peter Greenaway, esplicitamente citato, poi Quattro mosche di velluto grigio di Dario Argento per l’idea dell’immagine dell’assassino riflessa nell’occhio, mentre l’idea delle visioni che anticipano o avvengono contemporaneamente ai delitti ha indubbiamente qualcosa di fulciano. Sclavi scrive una sceneggiatura brillante, divertente e irresistibile, tratteggiando efficacemente, in poche vignette, tutti i comprimari della vicenda e richiamando in causa, per la terza volta dopo i n. 18 e 63, il micione Cagliostro, ormai “orfano” della strega Kim. Malgrado i toni leggeri, il Dylan che ritroviamo in questa storia è il “nostro” Dylan, “quello che abbiamo sempre amato” (semi-cit.): ironico, sfacciato, vivo, caparbio, innamorato (anche se una volta tanto non “timbra”), umano nell’arrabbiarsi come capita a tutti nel quotidiano e non esattamente investigatore provetto (a pag. 46 rimedia una figura degna di Anna Never!). Il comparto comico in quest’albo ha una marcia in più grazie all’esilarante coppia Bloch-Jenkins, entrambi in splendida forma. Ma Sclavi, a dispetto delle intenzioni, non rinuncia all’horror neanche in quest’occasione: gli incubi di Bruce Lester, l’albero di Demonia, gli omicidi, le inquietanti statue viventi. Non importa se alla fine restano domande senza risposta, se non tutto torna, se diversi fatti restano inspiegati. Il mistero non deve essere per forza svelato, è più gustoso viverlo; ce lo dice anche l’autore, per bocca di Dylan, a pag. 96: “E questo più o meno è tutto. Più meno che più, d’accordo, ma non pretendo di spiegare ogni cosa. Forse neanche voglio.” Approvo. Ai disegni troviamo l’allora quarantaquattrenne Franco Saudelli, al suo debutto dylaniato, definito nell’editoriale (inedito) “un maestro del fumetto italiano”. Saudelli, attivo fin dagli anni ’70, aveva in precedenza prestato chine e matite per serie e progetti altrui e propri, collaborando con Eura Editoriale, Glittering Images e riviste come Orient Express e Comic Art, e ricevendo nel 1986 l’ambito premio Yellow Kid in qualità di miglior disegnatore italiano. L’albo concepito da Sclavi è cucito addosso a lui: il suo tratto sa infatti essere caricaturale, e quindi perfetto per i toni comedy della vicenda, ma allo stesso tempo riesce a trasmettere un certo erotismo (vedasi il personaggio di Rain, le statue seminude, le streghe), mettendo in risalto particolari anatomici femminili quali piedi e seni in barba ai paletti bonelliani. Superbe le vignette grandi di pag. 15 e pag. 54 (ne farei un poster!). Nell’iconica copertina di Stano, Dylan si sostituisce a Kim Novak nella celebre posa mutuata da Una strega in paradiso (Bell, Book and Candle, 1958) di Richard Quine.

Curiosità: (1)A pag. 50 Groucho esclama “Ero sonnambulo anch’io, una volta”. In verità lo abbiamo visto sonnambulo quasi per tutta la durata dell’albo immediatamente precedente a questo. (2)Il barbiere uxoricida di cui Dylan è (o meglio era) cliente abituale è ispirato nelle fattezze al pornoattore Ron Jeremy da giovane.

BODYCOUNT: 5

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Come se la morte fosse naturale

VOTO: 8,5

Soggetto: Sclavi (94)

Sceneggiatura: Sclavi (95)

Disegni: Saudelli (1)

Ron Jeremy

 

9 commenti:

  1. Non mi ha mai fatto impazzire quest'albo, anche se all'ultima lettura l'ho rivalutato un po'. Probabilmente lo inserirei in una classifica delle dieci storie meno riuscite di Sclavi.

    Saudelli, invece, l'ho sempre amato!

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  2. No, metterei anche quella nelle dieci meno riuscite!

    Al volo, senza pensarci troppo:

    L'occhio del gatto.
    Cattivi pensieri.
    Il cane infernale.
    Il lago nel cielo.
    La strada verso il nulla.
    Ho ucciso Jack lo Squartatore.

    Sono solo sei, ma trovarne dieci è difficile! Comunque queste sono quelle che mi convincono meno.

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    1. Sostituiamo Il tagliagole con L'occhio del gatto e siamo d'accordo.

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  3. Potresti anticipare la recensione dello splendido 299? Il Dylan garzone di bottega è una vetta finora non più raggiunta :-D

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    1. Il 299 preferirei dimenticarlo!! :)

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    2. In alternativa mi andrebbe bene anche una rece de La Strage dei Graham. ottimo esempio di storia marinaresca

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    3. Rilancio con Un fantasma a Scotland Yard!

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  4. Pura delizia! Sogno una ristampa a colori in formato da libreria di tutti questi capolavori!

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