sabato 22 ottobre 2022

Dylan Dog #113 - La metà oscura

 

Cala la notte e i mostri sono liberi di uscire. Ognuno ha il suo, ognuno di noi lo tiene nascosto come un parente scomodo, un fratello di tenebra. Ma tutti sanno che non esistono lucchetti e catene che possano veramente fermarlo. Quando nella mente cala la notte, possiamo soltanto farci da parte e attendere la rabbia della metà oscura!

Ricordo ancora l'attesa spasmodica per quest'albo che segnava il ritorno della mia coppia di autori preferita, un duo capace di sfornare, nella prima era dylaniata, capolavori di inarrivabile qualità.

La metà oscura non si avvicina a quegli acuti, ma è una buonissima storia, a partire dall'inattesa soluzione finale, che coinvolge uno dei personaggi ricorrenti della serie. E sì, ci si “sente a casa” leggendola perché ritroviamo molti elementi classici dylaniati: le filastrocche sulla Morte, i dialoghi brillanti, Dylan che prende in prestito le battute di Groucho, gli adorabili battibecchi tra i due, il clarino, le citazioni dei vecchi albi (l’immancabile n. 5), la passione per Woody Allen (Stardust memories sembra fare da filo conduttore all’indagine) e gli splendidi disegni di Casertano, che pur in evoluzione, ricordano graficamente alcune delle terrificanti apparizioni di Attraverso lo Specchio (es: pag. 23, prima vignetta). Torna pure, per l’ultima volta, il Dottor Bronski, divenuto amico di Dylan nel n. 61 dopo i tragici fatti del n. 4 e comparso di sfuggita o nominato in altre storie. Anche la tematica del male, della metà oscura, del "mostro" che risiede sopito in ognuno di noi è classicamente sclaviana. Un argomento palesemente dichiarato sin dal titolo kinghiano e dalla stuzzicante copertina stevensoniana. Nel romanzo di King (e nell’omonima trasposizione cinematografica firmata da George Romero nel 1993) il lato oscuro assume una consistenza fisica, diventando una persona autonoma dotata di propria coscienza di sé e nessuna morale. Nel racconto di Stevenson il Dottor Jekyll riesce a separare “scientificamente” il bene dal male, ma le due personalità convivono all’interno dello stesso corpo. Nella storia di Sclavi, invece, il colpevole libera da ogni vincolo l’aggressività latente delle proprie vittime agendo in maniera inversa rispetto, ad esempio, a quanto accade in Arancia Meccanica con la cura “Ludovico” che inibisce induttivamente la propensione alla violenza dell’individuo. Tutti abbiamo una parte malvagia sopita dentro di noi, ma non tutti riescono a tenerla sotto controllo quando si sveglia. Nell’albo, chi non ce la fa diventa a sua volta carnefice, assumendo le sembianze di un mostro che nessuno però riesce a vedere, a parte Dylan di sfuggita. E il finale non è consolatorio, né risolutivo (“la storia continuerà anche dopo che sarà finita”) lasciandoci un pizzico di inquietudine che aggiunge valore alla sceneggiatura.

Curiosità: Nel tamburino a pag. 2 (inedito) non è riportato l’autore del soggetto. Ignoro se nelle ristampe successive sia stato aggiunto, comunque sul sito ufficiale della Bonelli è riportato il nome di Sclavi.

BODYCOUNT: 11

TIMBRATURA: Sì (1, Jaye)

CITAZIONE: “E ho la presunzione che il mio parere sia quello giusto. La violenza è solo orribile.”

VOTO: 8

Soggetto: Sclavi (91)

Sceneggiatura: Sclavi (92)

Disegni: Casertano (13)

2 commenti:

  1. Bella, ma stavolta darei un voto più basso del tuo: 7/10. Per quel personaggio che muore ci rimasi davvero male :(.

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    1. Anche io ci rimasi malissimo all'epoca. Ma ora non mi fa più lo stesso effetto. E il voto l'ho alzato con quest' ultima rilettura. Prima la giudicavo un po' una minestra riscaldata. Forse è vero, ma è cucinata benissimo e oggi ne vorrei ancora tante di minestre così!

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