sabato 29 ottobre 2022

Dylan Dog #114 - La prigione di carta

 

Scrivere non è un problema per Charlie Chivazky. Le parole gli sgorgano dalle dita e disegnano fantasmagorie surreali, intrecci fulminanti di personaggi e situazioni. Ma dove nascono le illuminazioni dello scrittore? Dylan Dog deve indagare il segreto potere della narrazione, perché le fantasie di Chivazky, i suoi demoni personali, si stanno liberando nell'aria, pronti a raccontare le loro storie di morte!

Dopo l’antipasto sull’Almanacco 1995 con la breve C’era una volta, Michele Medda esordisce da solista anche sulla serie regolare, con quest’ albo brillante, irriverente e soprattutto divertente. Ora dirò una cosa da vecchio lettore lamentoso, ma storie fresche e creative come questa, su Dylan Dog, purtroppo non se ne vedono da anni. E pensare che, come scrive sul suo blog, Medda ai tempi era solo alla ricerca di un diversivo per “distrarsi” temporaneamente dalle sceneggiature di Nathan Never. L’idea gli balzò in testa, come è facile immaginare, dalla rilettura di un racconto di Charles Bukowski che qui diventa anche personaggio (il simpatico Charlie Chivazki), fondendosi, per così dire, con il suo alter ego letterario “Henry Chinaski”. Non ci sono riferimenti diretti alle opere letterarie di Bukowski, ma solo un gigantesco omaggio alle atmosfere, agli ambienti e ai personaggi che vi sono raccontati. E sicuramente non è replicato lo stile asciutto ed essenziale della sua scrittura, anzi, Medda si lascia prendere fin troppo la mano dai dialoghi e il punto debole dell’albo è infatti il finale, troppo verboso e spiegazionista già a partire da pag. 81! Ben orchestrata è la struttura “a racconti”, o di “storie dentro la storia”, non certo una novità per la serie, ma poco usuale non vederci Dylan coinvolto. Ne vedremo un esempio ancor più fulgido ne La quinta stagione di Sclavi. Proprio uno di questi mini-racconti è il vero fiore all'occhiello dell’albo: Il bacio dello scorfano, ironico e geniale, in cui il fumettista sardo si diverte a sovvertire un po’ di cliché. Ma ci sono un sacco di altri momenti e comprimari assolutamente esilaranti: la coppia di masochisti, Chivazki in TV, il barista all'Irish Pub, il quartetto di barboni, ancora Chivazki nel racconto inventato da Dylan. D’altronde l'incipit chiarisce subito su che toni si andrà a parare e i disegni di Piccatto si rivelano perfettamente funzionali a illustrare questo tipo di storia. E’ evidente che lo stile dettagliato dei suoi esordi dylaniati è ormai lontano e alcune vignette paiono “tirate via” (es: ultima di pag. 46), ma il risultato finale è convincente. Lo stesso non si può dire della copertina di Stano, in cui a stonare, per postura ed esecuzione, è proprio Dylan. Bello invece il titolo, la cui paternità è da attribuire a Mauro Marcheselli, che rivela il suo significato solo nel flashback conclusivo. Non sempre è vero che la scrittura serve a liberarsi dei propri demoni interiori…

Curiosità: (1)A pag. 39 Medda, citando la scrittrice Susan Minot, sembra ironicamente rifilare una critica a Bernardo Bertolucci. (2)A pag. 65 Dylan nomina “il bar di Moe”, indiretta citazione del “Moe’s” (da noi conosciuto come “da Boe”) dei Simpson. (3)I barboni che chiedono aiuto a Dylan (tranne uno per ovvie ragioni) ricompariranno nel n. 203 della serie regolare, La famiglia Milford, sempre scritto da Medda. (4)Nella Post (inedito) viene annunciato che Brindisi sarebbe stato il disegnatore ufficiale del decennale.

BODYCOUNT: 9

TIMBRATURA:  Sì (1, una sconosciuta)

CITAZIONE: “Scrivere è solo una questione di sopravvivenza”.

VOTO:  8

Soggetto: Medda (5)

Sceneggiatura:  Medda (5)

Disegni: Piccatto (20)

Link al post sul blog di Medda:  FUORI CAMPO - il blog di Michele Medda: DYLAN DOG

1 commento:

  1. Sì, una lettura un po' lenta e verbosa, ma che non inficia sulla qualità di un albo davvero splendido.

    Il blog di Michele l'ho scoperto quest'estate e vi ho trovato degli articoli davvero interessanti: peccato scriva poco.

    Anni fa, invece, leggevo il blog di "Caravan", miniserie che è stata molto criticata ma che per me è un gioiello.

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