venerdì 28 febbraio 2025

Dylan Dog #194 - La strega di Brentford

 

Sybil Warwick, una donna che visse duecento anni fa a Brentford, un tranquillo paesino della provincia inglese, era sempre stata vecchia; le pareti della sua casa erano gli alberi del bosco, il suo tetto un cielo di stelle. Niente di più facile che una persona così si guadagnasse l'infamante appellativo di strega. E infatti Sybil, un brutto giorno, fu condannata a una pena orribile: fu sepolta nel bosco, ma ancora viva! Da qui nacque la sua sinistra fama. Si dice che rispuntò dalla terra orrendamente trasformata e, ancora oggi, secondo qualcuno, il suo fantasma si aggira tra i tronchi nodosi degli alberi di Brentford in cerca di vittime. Una leggenda, certo, ma Dylan Dog sa bene che le leggende, a volte, possono anche uccidere!

La risposta dylaniata a The Blair Witch Project, film del  1999  (diretto da Daniel Myrick e Eduardo Sanchez) citato più volte nel corso dell’ albo, è una storia tutto sommato discreta scritta da Chiaverotti. Malgrado la trama non brilli certo per originalità, sia per le continue citazioni al modello di riferimento fin dall’incipit, sia perché ci troviamo di fronte all'ennesimo giallo, con soluzione peraltro già vista (leggasi Jekyll!), con grande mestiere il Chiave tira fuori alcuni momenti orrorifici piuttosto inquietanti (le sorelline, l'aggressione di Claire ad opera della strega, ecc..) coadiuvato dall'indispensabile Mari, preziosissimo nel creare da solo la giusta atmosfera. I disegni di Nicola sono sublimi, regalano squarci di puro terrore e mantengono elevata una certa inquietudine in tutte le tavole, riuscendo a far diventare quasi un protagonista aggiunto il lugubre vento (“che porta le voci dei fantasmi bambini”) che sibila nei boschi intorno a Brentford. Nel narrarci la mitologia e le origini della strega, Chiaverotti torna a confezionare una “storia nella storia” con didascalie e cornicette come si usava fare a volte nei primi 100 (vedasi Dal Profondo, ecc..). Il risvolto soprannaturale è apprezzabile anche perché mette una pezza ad alcune perplessità emerse nella “confessione” del colpevole. La strega però è un po’ troppo loquace, spiegando il perché e il per come, mentre l’albo avrebbe giovato di una conclusione improntata a un maggior ermetismo, lasciando qualche dubbio al lettore. La copertina di Stano promette quella dose di orrore che poi verrà mantenuta all’interno. La sua strega levitante e con quei raggi che sprigiona dalle dita ricordano più, invero, le sue “colleghe” affrontate da Dylan in Le nottidella luna piena; apprezzabile la colorazione dello sfondo, l’unica cosa che non mi convince sono le dita della mano sinistra di Dylan che sembrano tutte rotte.

Curiosità: (1) A pag. 64 gli occhi della strega alle spalle di Claire (ma anche le sue braccia nella tavola successiva) ricordano la scena del primo omicidio in Suspiria di Dario Argento. (2) A pag. 35 Dylan ci ricorda il suo cattivo rapporto con i telefoni cellulari, anche se qualche pagina più avanti ne ammetterà l’utilità (almeno qualche volta).

BODYCOUNT: 7

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “L-la strega strappa le anime… come fossero cuori… cuori colmi di tenebra… La tenebra ha tanti volti… ma i suoi lineamenti sono sempre gli stessi… bisogna saperli riconoscere…”.

VOTO: 7

Soggetto: Chiaverotti (53)

Sceneggiatura: Chiaverotti (54)

Disegni: Mari (10)


giovedì 27 febbraio 2025

Dylan Dog Fuoriserie - Il cavallo fantasma

 

Tipperary, lo splendido purosangue di sir Baldwin, è sparito nel nulla. Forse lo ha rubato Dylan Dog, o forse è rimasto intrappolato in un'altra dimensione…

Dodicesimo appuntamento con gli inediti a colori pubblicati in coda alle ristampe degli Speciali su cartonato gigante Mondadori. Come capitato in quasi tutti gli ultimi anni precedenti, questa breve storia rappresenta un seguito dello Speciale cui si accompagna, in questo caso La preda umana e vede il ritorno degli stessi autori, Manfredi e Freghieri. Un Manfredi ormai impegnato esclusivamente con il suo “Magico Vento” che mancava da tre anni dalla serie e che non si sarebbe più rivisto, anche se prossimamente dovrebbero essere pubblicate, purtroppo postume, tre sue ultime storia scritte nell'ultimo anno. Non mi posso certo professare un fan dello Speciale n. 12 e questo sequel non mi fornisce ragioni di ripensamento, anche se il finale stavolta è meno anti-climatico e più in linea con l’amaro pensiero dei sogni che “prima o poi svaniscono” con cui Ishar dava l’addio a Dylan nel prequel.  Si gira abbastanza a vuoto con la storia del cavallo che è di fatto solo un pretesto per scoprire la sorte toccata a Sir Guy. Unico momento gradevole è quando gliele suonano all’antipaticissimo Sir Baldwin. E’ un lavoro su commissione che gli autori sono stati obbligati a confezionare. Lo dimostrano anche i disegni ultra sbrigativi di Freghieri: irriconoscibile Bloch nella 2° vignetta di tavola 2, Ishar lontanissima dalla sensualità che l’aveva caratterizzata nello Speciale.

Considerandolo un tutt’uno con La preda Umana, confermo lo stesso voto, altrimenti darei anche meno.

Curiosità: Oltre che su Super Book n. 36, la storia è stata ristampata nel dicembre del 2016 nella collana “Il nero della paura”, pubblicata in collaborazione con la Gazzetta dello Sport.

BODYCOUNT: 1

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “La libertà è l’unico sogno che non può tramontare”.

VOTO:  5

Soggetto: Manfredi (15)

Sceneggiatura: Manfredi (15)

Disegni: Freghieri (35)


mercoledì 26 febbraio 2025

Dylan Dog #193 - L'eterna illusione

 

Per Dylan Dog, Diane sembra essere la Donna, quella accanto alla quale invecchiare e morire. Che dite, sarà possibile per l'Indagatore dell'Incubo incontrare il Grande Amore, o non sarà che l'amore, a questo mondo, è soltanto una tragica beffa? Nel frattempo, fermata per sempre la mano assassina del dottor Gaze, un altro spietato assassino si aggira per le strade di Londra. Fallen è il suo nome, ma sembra che tutti ignorino le sue imprese. Dove finiscono le vittime di Fallen? Ed è proprio vero che ruba loro la vita, o non si limita piuttosto ad assopirne l'anima?

Albo che ogni volta che rileggo mi piace sempre un po’ meno. Lo trovo invecchiato male o forse sono io ad essere invecchiato, perché quando lo lessi la prima volta, quasi un quarto di secolo fa ormai, venni rapito dal soggetto che indubbiamente sa smuovere le emozioni del lettore, se pur in modo un po’ furbo e ruffiano. Lo trovo quindi ampiamente sopravvalutato da parte di chi lo considera un capolavoro, ma non si può negare sia una buona storia con un'idea vincente alla base e un apprezzabile finale amaro. Onestamente è anche da riconoscere che venendo a mancare, in sede di rilettura, l'effetto sorpresa sulla natura di Fallen e la sua.. attività, è la sceneggiatura a mostrare la corda nel tentativo di ricreare un'atmosfera, familiare al lettore, di ménage amoroso dylaniato; difetto che invece non si percepisce la prima volta che si apre questo n. 193. La trama è comunque strutturata bene nel mescolare le carte e nell’alternare i (presunti) delitti di Fallen con le avventure amorose di Dylan e Diane. Il nostro mostra tutta la sua immaturità nella fuga post proposta della fidanzata e ha anche un atteggiamento non da lui nello “scontro” con la quasi futura suocera. Groucho di contro è gestito davvero molto bene ed è protagonista, suo malgrado, di uno dei finali più significativi della serie. Per quanto riguarda i disegni, ho sempre considerato Roi leggermente fuori posto in una storia come questa. Nessun problema nel prologo con il Dottor Gaze (anche se.. come impugna la Bodeo Dylan a pag. 7??) o nelle sequenze degli “omicidi” di Fallen. Quando però la sceneggiatura si muove su territori non orrorifici, il suo tratto risulta meno efficace nel saper fare emergere i sentimenti. Ci sono anche alcune sviste: persone o cose che non sono collocate nella stessa posizione o non sono uguali da una vignetta all’altra. Più in sintonia sarebbero stati i disegni dell’Ambrosini dei primi 100 oppure di Venturi, ma ormai all'epoca già da anni in tutte altre faccende affaccendati. Riesce invece a coniugare perfettamente le due anime (orrorifica e sentimentale) la copertina di Stano con la morte in bicicletta e l’intenso abbraccio della ragazza (che non assomiglia a Diane) a Dylan.

Di Ruju preferisco di gran lunga l'albo immediatamente precedente della serie regolare.

Curiosità: A pag. 11 Bloch afferma che non gli è mai capitato di vedere la retina di un morto che conserva l’immagine del suo assassino. Riferimento forse a Quattro Mosche di velluto grigio di Dario Argento.

BODYCOUNT: 1

TIMBRATURA: Sì (1, Diane)

CITAZIONE: “Viene verso di me, tranquillo e implacabile, come tutte le altre volte. Mi fa paura.”

VOTO: 8

Soggetto: Ruju (46)

Sceneggiatura: Ruju (46)

Disegni: Roi (38)


lunedì 24 febbraio 2025

Dylan Dog Special #16 - Dov'è finito Dylan Dog?

 

Un giorno come gli altri, per Groucho… la spesa al mercato, un salto dal giornalaio e poi a casa. Beh, sarebbe un giorno come gli altri se al numero 7 di Craven Road ci fosse ancora la casa di Dylan Dog, con annesso Indagatore dell'Incubo, e non invece un bar di bassa categoria gestito da un tipo che afferma di essere lì da almeno sedici anni. Per Groucho e l'ispettore Bloch sembrano non esservi spiragli per sciogliere il mistero, fintanto che Lord H. G. Wells, con uno dei suoi improbabili marchingegni, non riesce a rilevare un'emanazione di onde di negatività, la cui origine, pur essendo invisibile, è proprio sotto gli occhi di tutti …

Dov’è finito Dylan Dog? Una domanda che sorge spontanea subito dopo aver concluso la rilettura di questo 16° speciale che ritorna alla formula delle mini-storie multiple. Una formula in precedenza sempre fortunata e che a me personalmente è sempre piaciuta molto.  Non questa volta. Ma andiamo con ordine. La cornice è “metafumettistica”, palesando la difficoltà degli autori, anche fisiologica dopo sedici anni di vita editoriale, nell'inventare nuove avventure per l'indagatore dell'incubo. Quest’idea è veramente interessante, ma per il resto  le scene di raccordo tra un episodio e l’altro sono piuttosto mosce. Groucho nel prologo è fin troppo seri; fa piacere rivedere Lord Wells più avanti in una delle sue ultime apparizioni, ma ormai è ridotto a una macchietta. Con tutte le vecchie fiamme di Dylan, poi Ruju va a recuperarne una di serie C, Drew Thorpe, conosciuta ai tempi de L’idolo della folla e sostanzialmente sconosciuta o dimenticata dalla maggior parte dei lettori. L’unico a mostrarsi attivo, in un contesto per lo più statico, è Bloch, preoccupato più di ogni altro dalla scomparsa dell’amico. Passando nel dettaglio alle tre mini storie:

IL BRANCO: L’episodio soffre di un’eccessiva lentezza e occupa troppe pagine per arrivare alla conclusione, quando ne sarebbero bastate poco più della metà visto che è piuttosto scontato e oltretutto Dylan non risolve neppure il caso! Lo Speciale avrebbe giovato di almeno un altro paio di mini-storie per risultare più dinamico, ma questa si è mangiata subito un sacco di spazio utile. C’è l’ennesima citazione dei drughi di Arancia Meccanica, stavolta con la variante dei rollerblade, e un rimando alla letteratura norrena (gli “ulfhednar”). Simpatico il finale sul pulmann ma un po’ fuori contesto.

LA MANO DEL MORTO: Indubbiamente la migliore del lotto, (mezzo punto in più nel mio giudizio globale all’albo), anche se in fin dei conti è una variante di Partita con la morte: da una parte la partita a scacchi con la Grande Consolatrice, dall’altra il poker con il Diavolo. C’è anche una connessione tematica con la prima storia, il desiderio di restare sempre giovani e in forma, ma non saprei dire quanto voluta. Bello vedere Dylan invecchiare, ma il suo bluff risulta davvero molto forzato, soprattutto per come ci abbocca Stanton.

LAVORI IN CORSO: Quest’ultima si pone come una sorta di sequel della precedente, con protagonista però Groucho al posto di Dylan. L’inizio sembra promettere altro, poi lo strambo assistente entra in campo a suon di battute, ma assai distanti dalle migliori del suo repertorio. Ancora metafumetto alle pagg. 131-132

 Ai disegni troviamo un Freghieri ai minimi storici, svogliato, frettoloso e con il pilota automatico innestato. Carina l’ultima vignetta, ma non può certo bastare a salvare la sua prova. Nemmeno la copertina di Stano appare ispirata, con Dylan che sembra quasi essere stato aggiunto e appiccicato in una fase successiva a quella della realizzazione dello sfondo.

Curiosità: (1) Nella prima mini-storia vi sono riferimenti a Horror Cult Movie, scritta sempre da Ruju ma all’epoca non ancora pubblicata; uscirà infatti due mesi dopo su Gigante n. 11. (2) Il Bruto’s Snack Bar che compare nel prologo è un omaggio al “Bruno’s Snack Bar”, locale che si trovava realmente in una delle Craven Road di Londra.

BODYCOUNT: Non quantificabile

TIMBRATURA: Sì (1, Drew, “ritimbrata”)

CITAZIONE: “Dylan Dog? Ma cos’è? Vi siete messi tutti d’accordo? Questo è un locale pubblico e qui non c’è nessun dannato Dylan Dog, chiaro?”

VOTO: 5,5

Soggetto: Ruju (45)

Sceneggiatura: Ruju (45)

Disegni: Freghieri (34)


domenica 23 febbraio 2025

Dylan Dog #192 - Macchie solari

 

Il ricevitore di Islington è un potente catalizzatore, un varco attraverso cui si riversano sulla Terra i sinistri alfieri di un inarrestabile contagio. Cosa unisce le perturbazioni che, periodicamente, sconvolgono la superficie del Sole all'aumento di suicidi, atti di violenza, incidenti che, da qualche giorno, stanno letteralmente devastando Londra? Il professor Saltzman crede di saperlo e rende partecipe delle sue teorie un insolitamente scettico Dylan Dog. Ma questo è il momento peggiore per riscoprire le virtù della Ragione, e l'Indagatore dell'Incubo precipiterà, insieme all'eccentrico scienziato e a sua figlia June, in un orrore senza fine…

Abbiamo già avuto modo di notare come a volte Pasquale Ruju per alcune sue sceneggiature prendesse idee, sue o altrui, usate in altre storie dylaniate per comporre una sorta di “patchwork” non sempre riuscito, anzi. Stavolta, invece, l’operazione riesce appieno e senza blasfemia definirei quest’albo molto sclaviano, pensando allo Sclavi post-100 certo, quello più interessato a divertire, ma senza sfigurare dinnanzi alle opere del papà di Dylan. I riferimenti cui Ruju materialmente attinge però appartengono anche ai mitici primi 100. Il principale modello di riferimento è ovviamente Gli Uccisori, l’albo che più di ogni altro ha generato figli e figliastri nell’epopea dylaniata; il dialogo a pag. 10 tra Dylan e Bloch sembra quasi preso di peso dal n. 5. Ci sono poi la strage alla posta, gli zombi, la burocrazia dei “demoni” (vedasi il numero da prendere per farsi “operare”), l’ambulanza con i “finti” infermieri, il gigantesco ripetitore, un pizzico di metafumetto (a pag. 31 Groucho a Dylan: “chi scrive le tue storie dovrà inventarsi qualcos’altro”), la possibile ambientazione in una realtà parallela, il finale irrisolto. Tutta roba già vista e letta ma che qui, riproposta insieme funziona alla grande. Aggiungiamoci tanta ironia macabra, la dose giusta di splatter e horror, quel pizzico di non-sense e un finale beffardo che svela l’inganno del prologo ed ecco servita una ricetta perfettamente riuscita. Il furbo incipit con il seppellimento prematuro e il corteo con Bloch e Groucho zombi già prometteva bene ; subito dopo si parte con l’acceleratore calcato a manetta con le prime tre scene di omicidi, una più spettacolare dell’altro. Dopo una parte centrale più tranquilla si torna a spingere forte con il risveglio di Dylan in ospedale fino alla conclusione aperta a più interpretazioni. Sulla carta non sembrerebbe una storia adatta a Brindisi e invece Bruno ai disegni sforna una prova davvero molto convincente, agevolato da un inatteso ritorno al gore come in Per un pugno di sterline. Peccato invece per la copertina di Stano: bello l’effetto delle pennellate ma non mi piacciono né i tre “bruciacchiati”, né la postura di Dylan che sembra più che altro schifato.

La migliore storia scritta da Pasquale Ruju per Dylan Dog a mio sindacabile giudizio, o almeno quella che io preferisco della sua produzione.

Curiosità: Macchie Solari è anche il titolo di un riuscito spaghetti thriller girato da Armando Crispino nel 1975. Anche nel film vi sono morti violente inizialmente addebitate a influssi metereologici, ma poi si va a parare da tutt'altra parte, spostandosi sui territori del giallo.

BODYCOUNT: Non quantificabile

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Porte aperte verso l’aldilà… verso il paradiso o l’inferno, come voi amate definirlo. E ora la voce di quel paradiso, o inferno, è giunta fino a noi attraverso lo spazio”.

VOTO: 9

Soggetto: Ruju (44)

Sceneggiatura: Ruju (44)

Disegni: Brindisi (26)


sabato 22 febbraio 2025

Dylan Dog #191 - Sciarada

 

Un assassino enigmista, una tragedia sepolta dal peso degli anni, una ragazza condannata a trascorrere la vita in un manicomio criminale, che viene consultata da Scotland Yard in relazione ai casi più oscuri e morbosi. Ma quali demoni abitano la mente di Angelique? Che cosa può averla spinta a massacrare tutta la sua famiglia? Per Dylan Dog e l'ispettore Bloch, la conclusione delle indagini sarà ancora più amara di quanto si sarebbero aspettati…

Storia che testimonia la definitiva maturità di Paola Barbato come scrittrice di fumetti. La sceneggiatura è infatti inappuntabile e misurata con la dovuta maestria e lo spiegone finale è finalmente ridotto nei giusti ranghi. L’albo ha riscosso un buon successo da parte dei lettori, tanto che ne verrà realizzato un seguito, Frammenti pubblicato sul n. 442 della serie regolare oltre vent’anni dopo l’uscita di Sciarada. Gran parte di questo positivo riscontro è da attribuire innegabilmente al personaggio di Angelique che così viene descritta sulle pagine dell’Horror Club: “ti strappa il cuore e ti riduce in poltiglia il cervello… Impossibile non innamorarsi di una come lei e la colpa è di Luigi Piccatto che l’ha disegnata pensando ad Angelina Jolie (o almeno alle sue labbra) e di Paola Barbato che l’ha dotata dell’ intelligenza ambigua di Hannibal Lecter, della dolcezza straziante di Elephant Man e della dolorosa rassegnazione di Nikita”. Le sciarade del titolo sono invece un elemento curioso che funziona a livello visivo nella ricomposizione dei cadaveri delle vittime all’interno delle scene del delitto, ma si viene a perdere nella soluzione nel passaggio dall’inglese (la lingua che dovrebbe essere parlata da Dylan e soci) all’italiano (quella che poi effettivamente è usata). Funzionano i comprimari, dal “simpatico bastardo” Peter Giltslack (che nelle fattezze mi ricorda Ray Liotta) all’insospettabile polizioto in pensione Rascal Herbst. Gustoso il finale che rimescola le carte come nella migliore tradizione. In combo con Barbato, Luigi Piccatto dimostra ancora una volta di trovarsi a proprio agio. Certo la cura maggiore è posta sui primi piani di Angelique, ma in generale i disegni del compianto Luigi riescono ad enfatizzare la tensione veicolata dalla sceneggiatura, in particolare nella sequenza ambientata nella tetra e soffocante casa abbandonata in cui Dylan subisce l’aggressione. Scena ripresa anche nella copertina di Stano, che si riscatta con un buonissimo lavoro dopo la scialba cover del n. 190. La cover contiene inoltre una sciarada la cui soluzione è facilmente intuibile.

L'unica obiezione che posso muovere non è rivolta all'albo (che comunque da avido consumatore di thriller mi ha sempre lasciato un po’ freddino), ma alla redazione che nel giro di pochissimo tempo fece pubblicare tre storie con una soluzione finale molto simile, ovvero “il poliziotto sconvolto dal suo lavoro che..:” La terza faccia della medaglia (a pag. 59 di questo n. 191 c'è quasi una citazione quando Dylan pensa alle due facce della medaglia e lui in mezzo),  La voce del Diavolo e appunto Sciarada.

Curiosità: (1) Il galeone viene finalmente finito, ma da Giltslack, che poi lo fracassa poco dopo “per conto” di Dylan. (2) All’interno dell’Horror Club (inedito) un bel disegno di Bruno Brindisi ci mostra un Dylan ancora una volta schierato in prima linea contro l’abbandono degli animali, un appuntamento ricorrente nel periodo estivo. Come l’anno precedente Dylan aderisce alla campagna promossa dagli amici della ”Lega Nazionale per la difesa del cane”.

BODYCOUNT: 9

TIMBRATURA: NO

CITAZIONE: “Anagrammando le tre parole chiave se ne otterranno altrettante, di tre, cinque e ancora tre lettere… la soluzione della sciarada.”

VOTO: 8

Soggetto: Barbato (13)

Sceneggiatura: Barbato (12)

Disegni: Piccatto (36)


venerdì 21 febbraio 2025

Dylan Dog #190 - Il segreto di Mordecai

 

Davvero memorabile l'ultima esibizione del gitano Mordecai Hildebrand Chase, illusionista e ipnotista famoso nella Londra vittoriana! Arrestato con l'accusa di aver ucciso in scena la sua assistente, venne scortato dall'ispettore Herbert, antenato del nostro Bloch, al palcoscenico definitivo, quello su cui si sarebbe svolta la sua impiccagione. Ciò che nessuno si sarebbe aspettato, però, è che Mordecai resuscitasse subito dopo che il cappio gli aveva spezzato il collo, né che qualcuno si premurasse di eliminare, al giorno d'oggi, chiunque investighi sul segreto di Mordecai. Come la bella Sondra e un certo Dylan Dog, per esempio...

Ruju ha sempre avuto una notevole fantasia nella rappresentazione della Morte: dal pupazzo della piccola Pearl in Scanner, al simpatico jettatore di Hook l'implacabile, passando per l'esploratore ne La stirpe degli immortali, ecc..). La bionda incappucciata in tenuta sportiva e rollerblade ai piedi è forse la più azzardata si queste personificazioni, quasi blasfema se vogliamo. Eppure non le si può non riconoscere una certa originalità, da divertito e autocompiaciuto "b-movie" (o per meglio sarebbe dire “b-comic” in questo caso). E l'intero albo si mantiene sul medesimo tenore risultando, proprio per questo, gradevole alla lettura, pur presentando una serie di difetti. Per il soggetto e parte della sceneggiatura Ruju prende spunto da due fortunatissimi albi della serie, per di più consecutivi: Attraverso lo specchio (esplicitamente omaggiato dall’artiglio a pag. 49 e dal mostro a pag. 60 che richiamano analoghi disegni realizzati dallo stesso Casertano nel mitico n. 10) e Diabolo il grande. A parte Sondra, una versione più incattivita e fortunata della Geraldine- “che vita di stenti e privazioni", che è indubbiamente un personaggio riuscito, gli altri comprimari risultano un po' sacrificati, compreso il Mordecai del titolo nonostante l’ampio spazio concessogli nel prologo. Avrei proprio evitato la presenza del bisnonno di Bloch, che non ha alcun senso neanche in chiave comica, mentre è da notare come il “nostro” Bloch si comporti in maniera davvero inusuale ostentando, lui che è così  pragmatico, paura per una leggenda popolare. Ma è nel finale che la storia “svacca”, offrendo una risoluzione confusionaria e poco convincente (per usare un eufemismo). La presenza di Casertano ai disegni mi rende magnanimo, anche se qui l’ho trovato più “ordinario” rispetto al livello stellare cui ci aveva abituato anche solo pochi mesi prima. La copertina di Stano invece è proprio bruttarella, sia per quanto riguarda la colorazione sia per la raffigurazione dei personaggi.

Curiosità: (1) A pag. 11 Dylan afferma di aver conosciuto un uomo che diceva di essere sopravvissuto ad un’impiccagione. Il riferimento è ovviamente al simpatico Larry Varedo e a La bellezza deldemonio. (2) Nell’Horror Club (inedito) venivano già svelati gli autori del “Dylandogone” 2023, di cui veniva pubblicata in anteprima una vignetta, ovvero Paola Barbato e Giancarlo Alessandrini.

BODYCOUNT: 14

TIMBRATURA: Sì (1, Sondra)

CITAZIONE: “Il nome di Mordecai Chase viene pronunciato a stento ancora oggi. Si dice che ci sia una sorta di maledizione che incombe su quanti si interessano a lui”.

VOTO: 6

Soggetto: Ruju (43)

Sceneggiatura: Ruju (43)

Disegni: Casertano (25)


giovedì 20 febbraio 2025

Maxi Dylan Dog n. 5 - Le mani assassine

 

Una notte brava, alcol a fiumi e una folle corsa in auto con gli amici. Poi l'incidente, e uno dei ragazzi ci rimette entrambe le mani. Mani che tornano per uccidere i responsabili di quell'assurdo incidente…

Prima e unica storia firmata da Stefano Santarelli per Dylan Dog. Nativo di Roma, Santarelli era entrato alla Sergio Bonelli Editore poco più che trentenne nel 1992, dopo esperienze in Acme, Universo e Blue Press, dedicandosi al personaggio di Martyn Mystère, ma senza abbandonare i suoi impegni extra-bonelliani (sia nel campo del fumetto, sia in quelli del teatro e dell’animazione). Anche in questo caso la rilettura mi ha portato a ribaltare il mio giudizio. Prima ritenevo questa storia la mia preferita del lotto, perché, pur essendo sgangherata ed implausibile (o forse proprio per questo), ha delle atmosfere quasi “chiaverottiane”; non a caso il modus operandi dell'assassino e il trucco utilizzato ricordano Il buio. Ora invece ho riscontrato diversi difetti. Per cominciare le battute di Groucho sono terribili, mentre lo scetticismo di Dylan è totalmente assente. Il nostro inizia subito a vaneggiare di mani assassine, un tema che è un piccolo classico dell’horror la cui origine è da ascrivere al romanzo di Maurice Renard Le mani di Orlac (Les Mains d'Orlac, 1920), sbagliando su tutta la linea. Forse il suo quinto senso e mezzo si era preso una vacanza, ma gli schiaffoni che gli rifila Karin sono tutti meritati. Dal canto suo anche Bloch rimedia una bella figuraccia… che poi non mi spiego come Scotland Yard possa emettere d’urgenza un mandato d’arresto per una persona unicamente sulla base di impronte digitali rinvenute sul luogo del delitto, senza fare ulteriori approfondimenti. I dialoghi sono piuttosto scontati e si sente tantissimo la mancanza di un twist finale in stile Chiaverotti che sarebbe stato più efficace di quel che accade nell’ultima pagina. Da salvare la sequenza dell’incubo di Dylan. Un peccato, considerate le potenzialità del soggetto: sarebbe bastato poco per agguantare la sufficienza. Anche perché Montanari&Grassani appaiono decisamente più ispirati che nelle precedenti due storie: apprezzabili alcuni primi piani e degna di nota tutta pag. 253 (57° tavola) con il bel particolare del volto della vittima riflesso sulla lama del bisturi. Ben riuscite anche le citazioni a Nosferatu (pag. 205 o 9° tavola) e Psycho (pagg. 218-219 o 22°-23° tavola).

Curiosità: (1) Chi diamine guida la macchina di Marty a pag. 216??? Non c’è nessun altro nella vettura a parte lui. (2) A pag. 261 (o 65° tavola) M&G arricchiscono lo studio di Dylan con il poster di The Curse of the Werewolf (lo riporto in calce al post), film della Hammer girato da Terence Fisher nel 1961 e da noi distribuito con il titolo L’implacabile condanna. (3) Dal romanzo di Maurice Renard sono derivate 4 trasposizioni cinematografiche. La più datata è  Le mani dell'altro (Orlac's Hände) diretta da Robert Wiene nel 1924 in pieno stile espressionista. Sebbene non sia diretta espressione del romanzo, sul tema è da citare anche La mano (The Hand, 1981) di Oliver Stone, con Michael Caine come protagonista.

BODYCOUNT: 5

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: "Sei come tutti gli altri... ti nascondi dietro una psicologia da quattro soldi per timore di affrontare una realtà diversa dal solito!”

VOTO: 5,5

Soggetto: Santarelli (1)

Sceneggiatura: Santarelli (1)

Disegni: Montanari & Grassani (43)


mercoledì 19 febbraio 2025

Maxi Dylan Dog n. 5 - All'ombra del destino

 

C'è un albero nel parco di Charity's Nest, un albero piantato nel 1911 da una donna che tutti dicevano essere una strega. Ora, l'istituto per ragazzi "difficili" di Charity's Nest ospita una discendente della malvagia maestra di arti oscure. E un misterioso assassino ha cominciato a mietere vittime tra i frequentatori del parco…

Ruju parte da un’idea di base tutto sommato originale, la leggenda dell'albero davanti all'orfanotrofio raccontataci nel prologo ambientato nel 1911, ma affidandosi ad un’architettura narrativa già sperimentata: tutti i personaggi vivono nello stesso quartiere all'insegna del "volemose bene", anche se poi qualcuno fa fuori tutti per soldi, come in Un colpo di sfortuna. Gli omicidi non sono affatto male, anzi alcuni sono piuttosto particolari come quello della prostituta annegata nel gelato e gli uomini-albero risultano piuttosto inquietanti. Gira che ti rigira, però, la storia si risolve nell’ennesimo gialletto, con una giustificazione soprannaturale troppo blanda per nascondere quello che in realtà è. L’epilogo è sì sorprendente, ma allo stesso tempo assurdo. Il titolo invece non l’ho mai capito. I disegni di M&G sono meno penalizzanti che nella Voce del diavolo, ma non aggiungono nulla.

BODYCOUNT: 8

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Uno pensa di aver trovato la sua piccola oasi di pace in questo mondo turbolento. Un’oasi verde, piena di bambini che ridono, di giovani innamorati, di belle ragazze come te… E all’improvviso invece tutto viene sconvolto”.

VOTO: 5,5

Soggetto: Ruju (42)

Sceneggiatura: Ruju (42)

Disegni: Montanari & Grassani (42)


martedì 18 febbraio 2025

Maxi Dylan Dog n. 5 - La voce del diavolo

 


Non c'è che dire, il vecchio Rustin è proprio un bel mattacchione. Forse un po' troppo compiaciuto, ma chi non lo sarebbe al posto suo? Eppure, il suo vezzo di spedire a Scotland Yard le videocassette che immortalano le sevizie inflitte alle sue vittime potrebbe presto scrivere la parola fine a una brillante carriera di assassino seriale

Storia che ho rivalutato rispetto alla mia rilettura precedente, risalente a una dozzina di anni fa. Prima la consideravo la peggiore di questo quinto Maxi, ora invece la ritengo la migliore delle tre. Niente di che, intendiamoci, la trama è piuttosto derivativa, ha pure assonanze con Il discepolo, scritta sempre da Tito Faraci. Il n. 177 vantava però i disegni di Saudelli, che se pur non al suo massimo splendore, erano certo superiori a quelli di Montanari & Grassani. Il dinamico duo purtroppo vanifica i tentativi di Faraci di “coreografare” in maniera quasi cinematografica alcune vignette. Lo stesso Rustin che dovrebbe incutere paura, è disegnato con una fisicità che non lo porta ad essere preso sul serio. Fosse stata affidata a un Freghieri ne sarebbe uscito qualcosa di più interessante. Però i personaggi sono ben caratterizzati e alcune sequenze riescono comunque a lasciare il segno: la stanza delle torture, la semi-citazione di Arancia Meccanica (o forse di Opera? Vedi pag. 49), le voci che attorniano Crower e soprattutto la scena in cui a Jeremy Bardon viene rotta la gamba a martellate. Peccato che per il resto lo splatter rimanga confinato fuoricampo, ma ai tempi ormai era una battaglia persa. La copertina del Maxi questa volta sembra slegata da una delle storie, ma la presenza del diavolo me la fa associare a questa; in ogni caso il lavoro di Stano è davvero pregevole, con la chicca della palla di vetro con la neve tenuta in mano da Dylan.

Curiosità: Errore a pag. 15: il ragazzo che va a cercare la palla, nella 4° vignetta ha due orecchini, mentre nella sesta ne ha solo uno.

BODYCOUNT: 4

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “E qualcosa stava nascendo dentro di me… come un demone che si nutriva del mio sangue… della mia anima… E faceva sentire la sua voce, sempre più forte... continuando a ripetere “uccidi”, “uccidi” “uccidi”…

VOTO: 6

Soggetto: Faraci (5)

Sceneggiatura: Faraci (5)

Disegni: Montanari & Grassani (41)

lunedì 17 febbraio 2025

Dylan Dog #189 - Il prezzo della morte

 

Sei donne scomparse. Sei vite recise da un assassino che sembra conoscere le più riposte sofferenze delle sue vittime, guadagnandosene la fiducia. Sei morti ma nessun cadavere. Se non fosse per i mignoli di mano destra inviati come un macabro messaggio a Scotland Yard, si potrebbe persino credere che nulla sia avvenuto. Il caso è un tipico affare di cronaca nera e Dylan Dog dovrebbe entrarci poco... Ma non è forse nella vita di tutti i giorni che attecchiscono gli incubi più spaventosi?

Ah Freghieri… stavo quasi in pensiero dopo 6 mesi passati senza una storia disegnata da lui! Questa peraltro non si può neppure annoverare tra le sue prove migliori, forse perché una volta tanto non gli viene offerto su un piatto d’argento il solito manipolo di modelle. Non mancano però sprazzi di assoluto pregio, almeno per quelli che sono i miei gusti personali, in lieve crescendo nella parte finale. Stupenda è la vignetta grande a pag. 96, così come alcuni primi piani di Dylan o quello intensissimo di Pamela Flack a pag. 80 (ultima vignetta). Simpatico il titolo interno con i teschi nei buchi delle “O”. Di contro sono molte le tavole “tirate” via e inoltre il personaggio di Bartlett sembra essere disegnato in maniera diversa ogni volta che lo incontriamo. Eppure non riuscirei ad immaginare questa storia se non con il suo tratto, è giusta per lui. Sui testi invece ben poco da eccepire. Barbato riesce a confezionare un thriller con meccanismi perfetti, con un assassino seriale, sei vittime e... nessun omicidio. Eppure tutto risulta credibile, anche l'intuizione di Dylan sulla risoluzione dell'enigma, da molti lettori ritenuta il tallone d'Achille della sceneggiatura, affidata al sogno del “teatro delle marionette”. C’è forse un ampio e troppo disinvolto ricorso al quinto senso e mezzo virgola 3/4, ma anche altri autori, come Claudio Chiaverotti ad esempio, ne hanno spesso abusato. Rimane ancora il solito difetto del maxi spiegone da fumettista ancora non navigata, anche con qualche passaggio poco chiaro (i bluff di Dylan al guardiano del cimitero), ma è uno degli ultimissimi casi in cui Paola paleserà di soffrire di questa sindrome. Quando si chiude l’albo resta addosso quel senso di impotenza e di sconfitta che lo stesso Dylan non riesce a scrollarsi più via e trovo questo sia un grandissimo pregio. Mi fa scompisciare invece la definizione di Bloch data dalla Sig.ra Hewitt: “un ciccione con l’aria da funerale”. La copertina di Stano ci offre, oltre che una pregevole gestione di luce e ombra, una classica scena da thriller con Dylan che scopre i ritagli di giornali delle vittime e i trofei del presunto serial killer.

Questa sì che è una storia che riesce a stare dalla parte delle donne (forse perché è stata scritta proprio da una donna), senza risultare stucchevole o banale.

Curiosità: (1) Alle pagg. 19 e 20 e anche più avanti nell’albo, viene citato Henri Landru. Trattasi di un serial killer francese realmente esistito, conosciuto anche come il “Barbablu di Gambais”, che si spacciava per agiato vedovo al fine di sedurre e poi uccidere donne ricche e sole, non prima di essersi fatto intestare i loro beni. (2) A pag. 76 Dylan cita i giochi di ruolo, un tema appena affrontato nel precedente albo Il labirinto di Bangor. (3) Breve apparizione per Elke, la bella e dura comandante norvegese che Dylan aveva conosciuto in Goliath. La rivedremo ancora. (4) I cognomi dei protagonisti della storia sono presi dal romanzo Camera con vista (A room with a view, 1908) di E.M. Forster. (5) Nell’Horror Club (inedito) viene pubblicato un disegno che Freghieri aveva realizzato quell’anno per la mostra “Torino Comics”.

BODYCOUNT: 0

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Ho guardato nel buio di un orrore così mostruosamente ben costruito da non poterlo più dimenticare”.

VOTO: 8,5

Soggetto: Barbato (12)

Sceneggiatura: Barbato (11)

Disegni: Freghieri (33)


domenica 16 febbraio 2025

Dylan Dog #188 - Il labirinto di Bangor

 

Che ne direste di una partita a un bel gioco di ruolo, per esempio "Il Labirinto di Bangor"? Prima di rispondere pensateci bene, perché nel mondo di Dylan Dog anche il più innocente dei giochi può spalancare le porte dell'Inferno! Ne sanno qualcosa i cinque giocatori che, nel passato, hanno visitato spesso i magici sotterranei di Bangor e che oggi, troppo cresciuti per sciocchezze del genere, cadono uno a uno sotto i colpi del Principe Skull...

Storia molto "old school" che lascia il sospetto fosse rimasta per anni in qualche cassetto in attesa di pubblicazione. C’è tutto, ma proprio tutto, quello che ci aspetteremo di trovare in un albo di Chiaverotti scritto all’epoca dei primi 100 numeri: Dylan ha un cliente pagante, suona il clarino, costruisce il galeone, tromba, dialoga con Groucho a colpi di battute reciproche e indaga “a sensazione”. Ci sono il classico signor “nessuno” e il controfinale “cattivo” e torna il tema dell’esistenzialismo: emergono prepotentemente l'angoscia della solitudine e la frustrazione per i sogni adolescenziali irrealizzati in età adulta che sono i marchi di fabbrica “chiaverottiani”. Anche Roi sembra essere contagiato da quest'atmosfera da primi anni 90, eppure cupissima, rinverdendo i fasti del passato; d’altronde, che fosse in forma in quel periodo, lo avevamo capito con I peccatori di Hellborn. Una gioia per gli occhi, pagina dopo pagina, in particolare pagg.15 e 16, la prima tavola di pag. 60 e in generale la fisionomia del principe Skull, davvero terrificante, che ricorda in alcune vignette i mostri di Aracne. Chiaverotti fa ancora una volta centro nel creare un antagonista particolarmente carismatico per Dylan e nel mantenere alta la tensione e un perenne senso di inquietudine per tutto l'albo; stecca però clamorosamente nello scoprire troppo presto le carte, suggerendo fin troppo apertamente la soluzione del caso al lettore. Il senso di dejà vù è presente per tutta la lettura, ma la storia non da mai l’idea di essere stata pubblicata fuori tempo massimo, anzi, per me, pur con i suoi difetti, rappresentava paradossalmente una boccata d'aria fresca in un’annata dylaniata iniziata così così, facendo sentire un lettore di vecchia data, come il sottoscritto, a proprio agio. La copertina di Stano sfugge invece a questa operazione “nostalgia” e risulta poco accattivante, sia per un principe Skull non inquietante come quello d’albo, sia per le altre creature a mio avviso fuori contesto.

Curiosità: (1) Il gioco del Labirinto di Bangor, con le sue spiccate caratteristiche fantasy, è evidentemente ispirato al celeberrimo “Dungeons & Dragons”. (2) A pag. 39 Dylan ricorda che è stato fatto anche un gioco di ruolo a lui dedicato. Il gioco è stato realmente pubblicato nel 1991, ne avevamo parlato nella scheda de La Mummia. (3) Nell’Horror Post (inedito) un bel disegno di Brindisi celebrava l’imminente messa in onda su RadioDue della prima riduzione radiofonica, curata da Armando Traverso, di otto storie di Dylan Dog, con le voci di Francesco Prando (Dylan) e Mino Caprio (Groucho). Gli albi scelti furono L’alba dei morti viventi, Jack lo squartatore, Abyss, Il cervello di Killex, Il sorriso dell’oscura signora, Ananga/L’urlo del giaguaro e Finché morte non vi separi. Sarebbe seguita anni dopo una seconda stagione. Per chi fosse interessato, le puntate sono tuttora recuperabili e ascoltabili su RaiPlaySound.

BODYCOUNT: 5

TIMBRATURA: Sì (1, Julianne)

CITAZIONE: “Il principe Skull, grande maledetto e sommo ingannatore… un essere disposto a fingersi morto… affinché gli voltiamo le spalle… e allora la lama della sua mannaia morde la vostra carne”.

VOTO: 7,5

Soggetto: Chiaverotti (52)

Sceneggiatura: Chiaverotti (53)

Disegni: Roi (37)


sabato 15 febbraio 2025

Dylan Dog #187 - Amori perduti

 

Copertina fuorviante, anche se ben realizzata da Stano, che ha fatto imbufalire molti lettori ai tempi e pure ora, anche se perfettamente calzante con il titolo. Nella storia, infatti, come ci viene precisato nell’Horror Club (inedito), non vengono neppure menzionate Morgana e Bree Daniels, in quanto l’unico amore perduto protagonista è Lillie Connolly. Viene da sospettare che le vendite della serie regolare fossero in calo, altrimenti non si spiega l’esigenza di questa copertina “acchiappa lettori”, pochi mesi dopo quella di Safarà che pareva avere le medesime finalità. Al di là di questa furbata, l’albo si fa apprezzare particolarmente per il ritmo della sceneggiatura che inizia in medias res, alternando poi la narrazione tra continui flashback e squarci sul presente. L'inganno perpetrato funziona perfettamente ai danni del povero Dylan, ma non ai nostri visto che si intuisce subito come qualcosa non torni. Un pizzico di soprannaturale non avrebbe probabilmente guastato, mentre De Nardo si mantiene rigidamente sui territori del thriller. Non convincono alcune cose (OCCHIO ALLO SPOILER): che bisogno aveva la sedicente medium di simulare di essere la defunta moglie dei suoi clienti, dal momento che questi andavano già spontaneamente nel suo studio e quindi potevano essere ipnotizzati e indotti a far quel che lei voleva senza bisogno di architettare tutto sto costrutto? FINE SPOILER Dylan poi nel finale si fa piuttosto in fretta una ragione di quel che è successo e della sua, in qualche modo rinnovata, perdita.  Allison, pur sacrificata nelle tavole e nei sentimenti del nostro, si rivela determinante nella risoluzione del caso e a mio gusto è splendidamente disegnata da Brindisi, che riesce ad esaltarne la bellezza non canonica. La presenza di Brindisi ai disegni e la sequenza di omicidi a sfondo apparentemente amoroso/sessuale(in questo caso da parte di un’”ammazza vedovi”) mi fanno accostare l’albo al ben più interessante I delitti dellamantide.

Curiosità: Ovviamente viene citato a più riprese il n. 121 Finché morte non vi separi e alcuni dei fatti in quell’occasione raccontati.

BODYCOUNT: 6

TIMBRATURA: No (la scena di passione con Allison avviene fuori campo quindi non vale)

CITAZIONE: "La ferita si era riaperta. E anche se non sanguinava più come una volta, faceva sempre molto male".

VOTO: 7

Soggetto: De Nardo (5)

Sceneggiatura: De Nardo (5)

Disegni: Brindisi (25)


venerdì 14 febbraio 2025

Almanacco della Paura 2002 - Il grande Marinelli

 


È proprio vero che non c'è nulla come la magia del circo. Quello del Grande Marinelli, poi, è magico nel vero senso della parola. Non ci sono animali nel suo circo, soltanto povere ragazze in possesso di facoltà paranormali stupefacenti, ma non per questo meno sole e indifese... Ragazze che l'inquietante individuo ha ridotto in schiavitù. A liberarle pensa Lilian, un antico amore di Dylan Dog, ma una di loro è nuovamente in pericolo e l'ombra perfida del Grande Marinelli torna a incombere minacciosa...

Ogni volta che rileggo il prologo de Il grande Marinelli mi illudo di poter rivalutare questa storia. Invece esaurito il siparietto con i simpatici tre zingari resto sempre deluso. Davvero non si capisce dove voglia andare a parere Wood, indeciso tra toni leggeri e drammatici, un calderone in cui immette una ridda di personaggi, anche potenzialmente interessanti, che finiscono però per risultare solo appena abbozzati. Un esempio su tutti, Petra, la poliziotta di origini ungheresi che aiuta Dylan nell'indagine e poi viene totalmente dimenticata. Lo stesso accade per il gitano Diablo che all’inizio sembra avere un ruolo quanto meno di secondo piano e poi sparisce del tutto. Magari lo sceneggiatore paraguaiano pensava di avere a disposizione un numero di tavole più abbondante delle canoniche 94 e poi si è dovuto adattare, chissà… Fatto sta che ci troviamo per le mani una storia bislacca che dimostra come Wood non avesse compreso bene chi e cosa fosse Dylan Dog, un misunderstanding di intenti già evidente nel pur apprezzato L'esercito del male, con l'esasperazione della connotazione "cavalleresca" del nostro. Forse anche per questo nessuna sua sceneggiatura finì mai sulla serie regolare. Qui non bastano un pochino (proprio una spruzzatina) di splatter e un Piccatto discreto (anche se Nina a pag. 61, o 29° tavola, sembra priva del braccio destro) a salvare la baracca. Della copertina di Stano mi piace l’effetto neve, soprattutto sul retro dell’Almanacco.

I dossier sono dedicati ad argomenti interessanti: E.A. Poe, Algernon Blackwood, “i cattivi” cannibali e soprattutto quello sul grandissimo Alberto Breccia, firmato da Mario Faggella. Le rubriche dedicate a film, libri e videogiochi, abbastanza ridotte come numero di pagine rispetto al passato, erano già diventate obsolete all’epoca con Internet ormai entrato nelle case di quasi tutti gli italiani.

Curiosità: Alle pagg. 59 e 60 (27° e 28° tavola) compaiono i personaggi principali di Alice nel paese delle meraviglie, nella loro versione disneyana.

BODYCOUNT: 5

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Ah Dylan, sei sempre lo stesso… il cavaliere senza macchia e paura che cade dal destriero… il coraggioso cowboy che affronta i cattivi lungo la strada e si scorda la pistola.”

VOTO: 5

Soggetto: Wood (2)

Sceneggiatura: Wood (2)

Disegni: Piccatto (35)


giovedì 13 febbraio 2025

Dylan Dog #186 - L'uomo nero

 

Chi ha paura dell'Uomo Nero? Che domande! Non c'è bambino al mondo che non ne sia stato terrorizzato a morte, almeno una volta. Poi si cresce e si scopre che gli orrori della vita possono essere ben altri... Questo è ciò che accade a Timothy Madison, circondato dall'indifferenza e da un gelido benessere, che, grazie a Dylan Dog e alla sua unica amica, la baby-sitter Sheila, ha imparato a parlare alle proprie paure, traendone la forza necessaria al duro mestiere di vivere!

Leggi il titolo “L’uomo nero” su Dylan Dog e la mente vola subito a Mana Cerace e a Il buio. Forse anche in redazione è maturata questa associazione di idee dal momento che hanno deciso di richiamare colui che aveva disegnato il n. 34 ovvero Piero Dall’Agnol, dopo sei anni di assenza trascorsi tra Julia, Nick Raider e altri progetti. Sgombriamo il campo da equivoci: qui Mana Cerace non c’è e non c’entra nulla; purtroppo anche la qualità della storia è ben diversa da quella firmata da Chiaverotti tanti anni prima. L’uomo nero dell’albo scritto da Mignacco è, o meglio sarebbe, il classico babau, quello che terrorizza i bambini nascondendosi sotto il letto. Seguendo la tradizione dylaniata, il mostro non però è cattivo come sembra: se provi a parlarci, come Dylan suggerisce al piccolo Timothy, potrebbe persino diventare tuo amico. Ma le affinità con le atmosfere della serie terminano qui: soggetto e sceneggiatura sono antidylaniani, virati entrambi sul genere poliziesco, lo stesso indagatore dell’incubo si comporta e parla in maniera diversa dal solito. In fondo altro non è che la storia del rapimento di un bambino, narrata anche in maniera piuttosto puerile, all'insegna del "volemose bene". Aggiungiamoci testi banali e scontati, scene d’azione ingessate e gestite in modo poco comprensibile ed ecco servita quella che ritengo essere la peggior storia di sempre di Mignacco. La cosa più orrorifica è la copertina di Stano che promette ciò che poi l’albo non mantiene. Una bella cantonata e uno spreco totale per Dall'Agnol e il suo apprezzato cambio di stile, che manteneva comunque intatta la sua efficacia nel rendere i contrasti tra bianco-nero, luce-ombra che anche in passato avevano rappresentato uno dei punti di forza dell’artista veneto.

Curiosità: (1) A pag. 25 e a pag. 47 Mignacco omaggia Pink Rabbit, il suo personaggio più fortunato tra quelli da lui creati per Dylan Dog, apparso per la prima volta nel n. 24 I coniglirosa uccidono. (2) Nell’Horror Club (inedito) viene pubblicizzato il primo romanzo di Claudio Chiaverotti, Delitti al museo egizio. L’avevo dimenticato e non l’ho mai comprato. Lo voglio!

BODYCOUNT: 1

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “I grandi amici non muoiono... anche se non li vedi più... ti sono vicini… sempre…”

VOTO: 4

Soggetto: Mignacco (14)

Sceneggiatura: Mignacco (16)

Disegni: Dall’Agnol (11)


mercoledì 12 febbraio 2025

Dylan Dog #185 - Phobia

 

Morire di paura non è soltanto un modo di dire. Non per i pazienti del dottor Aschenbach, almeno! Succede, quando si tratta di soggetti predisposti alle più condizionanti forme di fobia patologica, soprattutto se qualcuno usa la loro debolezza per eliminarli. L'unica speranza per la sparuta pattuglia di fobici assortiti è un certo appartamento al n. 7 di Craven Road. Lì abita Dylan Dog, uno che di paura, invece, ci vive...

Avventura di routine per il nostro Dylan. Superato lo scoglio Cossu, che con il suo tratto chiaro e pulito azzera completamente ogni tipo di tensione possibile (che invece sarebbe servita come il pane in quest’albo), s'intravede qualcosa: la trama fila liscia e il finale regala una sorpresa, anche se "telefonata". Già a pag. 31, OCCHIO ALLO SPOILER Stanley rivela infatti dei particolari che potevano essere noti solo a chi conoscesse nel dettaglio le cartelle di tutti i pazienti di Aschenbach. Sconcertante che nessuno se ne sia accorto, soprattutto Dylan, ma altrettanto poco convincente è che nessuno sia riuscito mai a vedere il volto di Stanley, neanche in penombra, pur sapendo quando fosse presente FINE SPOILER. Gli altri fobici, a parte Marlene, non risultano granché caratterizzati, ma solo individuati grazie alle loro singole patologie, mentre Dylan avrebbe potuto essere più coinvolto personalmente, considerato che anche lui è un fobico, pur non a livello patologico: claustrofobia, paura di volare, vertigini (immortalate invece nella fin troppo buia copertina di Stano che vede Dylan in bilico sul Tower Bridge). Si ha la sensazione che per Paola quest'albo sia stato un semplice esercizio di sceneggiatura (il suo famigerato “spiegone” è qui ristretto a sole 7 pagine), non una storia "sentita" a livello emozionale come altre che fanno parte della sua miglior produzione. Senza infamia e senza lode.

Curiosità: (1)Dylan utilizza con naturalezza un computer per fare delle ricerche in Internet su Aschenbach! (2) A pag. 54 viene citata la canzone “Charlie Big Potato” degli Skunk Anansie. (3) Viene più volte citato il film Via col vento (Gone with the wind, 1939) di Victor Fleming, per il sistema che Dylan usa per riportare a casa Marlene, lo stesso che Rhett Butler (interpretato da Clark Gable) nel film usa con il suo cavallo durante l’incendio di Atlanta.

BODYCOUNT: 7

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “E forse è nella nostra natura mutare ciò che è bene in male..”

VOTO: 6

Soggetto: Barbato (11)

Sceneggiatura: Barbato (10)

Disegni: Cossu (13)


martedì 11 febbraio 2025

Dylan Dog #184 - I misteri di Venezia

 

Venezia sembra fatta apposta per sognare, ma c'è qualcuno che vuole trasformare i sogni in incubi, incubi talmente mostruosi da poter inabissare l'antica regina della laguna per sempre. Per fortuna, vigilano sulle sue sorti Saul l'angelo caduto, un ex agente di Scotland Yard di nome Dylan Dog, il commissario Corradi e il signore di tutte le alcove, l'avventuriero evaso dal carcere dei Piombi, Giacomo Casanova!

L’annata dylaniata 2002 si apre con un albo pieno di ritorni, come ci viene preannunciato anche nell’Horror Club (inedito). Dopo sette anni di assenza (copertine a parte ovviamente), torna a disegnare sulla serie regolare Angelo Stano che non si vedeva dal n.100, avendo firmato nel frattempo solo alcune storie uscite su Gigante! Poi abbiamo il ritorno di Dylan a Venezia, già visitata nel n. 128, accompagnato stavolta dal fido Groucho; il nostro torna a collaborare con il commissario Corradi conosciuto appunto ai tempi de La morte rossa. Si rivede anche Saul, il biondo angelo senz’ali co-protagonista del n. 141 L’angelo sterminatore. E per finire torna a far parlare di sé la misteriosa setta degli “Illuminati”, introdotta nel n. 155, La nuova stirpe. Da questa premessa si capisce subito quanto tanta, troppa, sia la carne messa sul fuoco da Pasquale Ruju. Peccato perché il soggetto offriva spunti indubbiamente interessanti (l’idea dei “sognatori” e il loro collegamento con Giacomo Casanova), ma la sceneggiatura finisce per essere "ristretta" in un albo dal formato tradizionale mentre avrebbe necessitato di un maggior numero di pagine (Speciale o addirittura Gigante) per riuscire a dipanarsi con più ampio respiro e gestire a dovere tutte le sottotrame avviate. Così invece la storia scorre via troppo in fretta, senza lasciare molto (a parte il piacevole omaggio veneziano), complice un Dylan quasi inutile nell'economia della vicenda e un Groucho abbondantemente sotto i suoi standard. Il personaggio di Saul, tanto apprezzato nel n. 141,  qui viene trasformato in un santone qualunque che sentenzia frasi scontate a tutto spiano. Compensano i disegni di Stano: eccezionali il prologo con i fuochi sui canali e i sogni all'acquerello di Casanova. Solo alcuni mostri nel finale non mi hanno convinto. Avrei sfruttato di più, invece, la Morte in versione gondoliere, protagonista anche della suggestiva copertina, relegata a un paio di vignette a pag. 83.

Curiosità: Quella di quest’albo è in realtà la terza sortita di Dylan in Italia, anche se la seconda non viene mai ricordata. Oltre che a Venezia, infatti, il nostro è stato anche in Toscana ne Il gatto nero, pubblicata su Gigante n. 8.

BODYCOUNT: 28 (oltre a una serie di altre vittime non quantificabili)

TIMBRATURA: Sì (1, Chiara)

CITAZIONE: “E così, un sognatore se ne va. Quanti altri ne perderai, Venezia?”

VOTO: 5,5

Soggetto: Ruju (41)

Sceneggiatura: Ruju (41)

Disegni: Stano (11)


lunedì 10 febbraio 2025

Dyd Awards 2001 - Il meglio dell'annata dylaniata

 

Cari peccatori,

un'altra annata dylaniata è andata agli archivi (i miei almeno). Il 2001 ha visto un Dylan Dog ancora in buonissima salute, nonostante il coinvolgimento di Tiziano Sclavi fosse sempre più ridotto. Talmente ridotto che dall'anno successivo non avremmo più letto storie firmate dal "papà" di Dylan per parecchio tempo. Per fortuna dell'indagatore dell'incubo, ma anche grazie al "fiuto" di Marcheselli e Sclavi che hanno creduto subito in lei, Paola Barbato aveva già iniziato a sfornare albi di di grande qualità e ancora avrebbe continuato a farlo per un bel pezzo, proponendo però una visione del personaggio molto personale che non incontrerà sempre il favore di tutti i lettori. In questo 2001 anche Tito Faraci si impose all'attenzione dei fan dylaniati con tre storie una più bella dell'altra, ma nel suo caso le grandi aspettative non verranno confermate negli anni successivi.

Passiamo ora alle statistiche dell'annata.

***

Sceneggiatore più prolifico: E niente.. Nessuno riusciva a fermarlo. Per il quarto anno consecutivo Pasquale Ruju si conferma lo stacanovista dello staff, con 7 storie (sarebbero 6 considerando la "doppia" dei nn. 180-181). Alle sua spalle cresce Paola Barbato con 5, chiude il podio Faraci con 3.

Disegnatore più prolifico: Anche in questo caso nessuna sorpresa. Giovanni Freghieri si conferma "prezzemolino" ai disegni con 376 tavole all'attivo. Dietro di lui, a parimerito, gli inarrestabili Montanari&Grassani e Giampiero Casertano con 282 tavole (3 storie ciascuno).

Timbrature: Più o meno siamo a livelli del 2000, con 8 momenti di passione per il nostro.

Bodycount complessivo: Si conferma la media degli ultimi anni, con 123 morti all'attivo, oltre alle quali ci sarebbe un mucchio non quantificabile di altre vittime in vari albi.

***

Indossato smoking, buste alla mano, sono pronto a consegnare i miei premi per quest'ennesima annata dylaniata.

MIGLIOR COPERTINA Nomination (tutte di Stano): Il discepolo, Lettere dall'inferno, La terza faccia della medaglia.

..and the winner is: Angelo Stano per La terza faccia della medaglia


A livello di esecuzione forse meglio le altre due, ma quella del n. 179, con quella pioggia, il parabrezza rotto e Dylan sconfitto nonostante la risoluzione del caso, si sposa alla perfezione con l'atmosfera che permea la storia scritta da Michele Medda.

MIGLIORI DISEGNI Nomination: Giampiero Casertano (Memorie dal sottosuolo, Il "progetto"), Luigi Piccatto (Il seme della follia), Bruno Brindisi (Sulla rotta di Moby Dick), Corrado Roi (I peccatori di Hellborn)

...and the winner is: Giampiero Casertano per Il "progetto"

Il Giampo torna a inserire il suo nome nel mio albo d'oro (che prima o poi dovrò decidermi a pubblicare), superando la concorrenza degli altri veterani. Brindisi ha fatto un lavoro strepitoso con lo Speciale n. 15, ma ho voluto premiare Casertano per aver saputo cambiare il suo stile, spingendolo sempre più verso il grottesco, ma riuscendo paradossalmente a mantenersi sempre riconoscibile.

MIGLIOR STORIA Nomination: Memorie dal sottosuolo, Il seme della follia, I peccatori di Hellborn

..and the winner is: Il seme della follia (Barbato-Piccatto)

Bella lotta tra il n. 175 e il Gigante n. 11, più moderno il primo, più classico il secondo. Ho dato loro lo stesso voto (9), ma ho preferito di un ciuffo d'erba la storia di Paola Barbato per come ha gestito la sofferenza, psichica e mentale di Dylan, e per i due antagonisti che avranno anche modo di farsi rivedere nella saga dylaniata.


E questa è la mia personale classifica finale dell'annata 2001:

1.       Il seme della follia

2.       I peccatori di Hellborn

3.       Memorie dal sottosuolo

4.       La terza faccia della medaglia

5.       Il "progetto"

6.       Per un pugno di sterline

7.       Notti di caccia/Il marchio del vampiro

8.       Requiem per un mostro

9.       Qualcuno nell'ombra

10.   Sulla rotta di Moby Dick

11.   Un colpo di sfortuna

12.   Il discepolo

13.   Scelte sbagliate

14.   Safarà

15.   Piccole bugie

16.   Lettere dall'inferno

17.   L'esodo

18.   Il cristallo arcobaleno