giovedì 12 novembre 2020

Dylan Dog #34 - Il buio

 

Quando il temporale infuria e manca la luce, tenete sotto mano una candela, perché del buio non ci si può fidare. Tra le ombre si nascondono una lama e un ghigno infernale, un Babau squartatore che si fa chiamare Mana Cerace. Kelly lo ha conosciuto anni fa, quando era una bambina e si è persa dentro i suoi occhi di tenebra. Oggi chiede aiuto a Dylan Dog e per lui si prepara una lunga notte...

Importante doppio esordio per gli allora poco più che ventenni Chiaverotti, ai testi, e Dall'Agnol ai disegni, entrambi colonne portanti della serie. Il primo contribuirà all’indimenticabile successo dei primi 100 numeri, alternandosi a Sclavi nella scrittura di gran parte delle uscite, per poi in seguito dedicarsi principalmente ai suoi progetti personali. Il secondo, meno prolifico, ma attivo ancora oggi, è indubbiamente uno dei migliori disegnatori di sempre all’opera su Dylan Dog, capace di evolvere anno dopo anno il suo stile, con risultati originali e sorprendenti. Insieme realizzeranno ben 6 storie della prima decade dylaniata e recentemente il loro sodalizio si è rinnovato con un ciclo di albi che è una sorta di sequel/reboot di quello di cui mi accingo a parlare. Merito e fortuna principale di questo #34 è infatti l'aver lanciato il personaggio di Mana Cerace, uno dei villain più amati dai lettori. E’ ovviamente il buon Freddy Krueger l'icona horror su cui Chiaverotti ha modellato il “mostro del buio”, mutuando dai film che lo vedono protagonista le filastrocche (“Un, due, tre e quattro ha gli artigli come un gatto”), il background da psicopatico tanto in vita quanto dopo (“l’han sepolto e non è morto”), la capacità di uccidere tramite un’altra dimensione (là gli incubi, qui l’oscurità), l’apparente invulnerabilità che può essere facilmente sconfitta dal protagonista (il fulmine “evocato” da Dylan è un po’ l’equivalente del “vattene via, tu sei solo un sogno” urlato da Nancy nel finale del primo Nightmare), l’aspetto “incartapecorito” (anche se Mana non è ustionato). Siamo in piena atmosfera teen horror, persino Dylan appare giovanissimo come giustamente fatto notare nel Club dell’Orrore ad introduzione dell’inedito. Oltre che giovane appare anche più cinico e indelicato del solito (evitabile la battuta sul padre a pag. 13). E Chiaverotti,  
oltre alla trama derivativa, non riesce a smarcarsi da ingenuità, improbabilità, incoerenze e forzature che sono i difetti caratteristici di questo sottogenere (d’altronde lo stesso film di Craven nasce come teen horror). L'insieme, però, incredibilmente funziona anche se facendo leva su una dose massiccia di sospensione dell'incredulità per digerire il contro finale che sconfessa la rivelazione di poche pagine prima, già traballante di suo (SPOILER è Kelly l’assassina, posseduta da Mana Cerace tanto da parlare uguale a lui come confermato dal buon lavoro di lettering di Carmen Bioletto FINE SPOILER). Controfinale che invero ricorda molto quello di Dal Profondo, mentre l’idea dei guanti di gomma richiama le trovate surreale argentiane in stile Quattro Mosche di velluto grigio. Comunque.. sarà per via degli omicidi particolarmente efferati ed espliciti (lame negli occhi, lingue strappate, ecc..), sarà merito delle tavole di un se pur ancora acerbo Dall'Agnol, sarà per via della figura del fu Philip Crane/Mana Cerace con la bocca piena di sangue, sta di fatto che a me quest'albo piace tantissimo. Riesco persino a sorvolare sul Dottor Stevens che con estrema nonchalance viola il segreto professionale solo perché Dylan è simpatico. L’ unica cosa che non ho mai davvero digerito è la famosa ciabatta, non tanto per il lancio fortunoso, ma.. un indagatore dell'incubo può andare in giro con ai piedi quelle.. cose di pessimo gusto? Manco una pensionata ottantenne! Altra copertina celeberrima di Villa che riesce a rendere fluida la semi-apparizione di Mana Cerace dal buio.

A suo modo un classico. E come ogni buon classico del genere horror, destinato a produrre seguiti.

Curiosità: (1)Cameo del serial killer del #19 a pag. 32?? (2)Almeno un paio di vignette di Dall’Agnol ricordano molto lo stile di Casertano: la prima di pag. 51 ispirata a un giovane Sclavi e la terza di pag. 47 che ritrae un primo piano di Bloch. Anzi sulla paternità di quest’ultima ho qualche dubbio. (3)Dylan dopo aver fatto sesso con la 19enne Kelly (una tra le più giovani partner per lui) sospira pronunciando il nome di Morgana, alimentando flebilmente una continuity che di fatto non c’è mai stata davvero.

BODYCOUNT: 6

TIMBRATURA: Sì (1, Kelly)

CITAZIONE: “Il buio è una specie di contenitore enorme, anzi infinito! Non comincia e non finisce, c’è eppure è il nulla.. Nel buio le cose reali diventano sogni e viceversa.. Non a caso Kelly dice che il suo mostro è il buio! La personificazione di questa strana dimensione nella quale viaggiamo quotidianamente, senza renderci conto di essere astronauti, stranieri in terra straniera.”

VOTO: 8,5

Soggetto: Chiaverotti (1)

Sceneggiatura: Chiaverotti (1)

Disegni: Dall’Agnol (1)

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