domenica 25 ottobre 2020

Dylan Dog #20 - Dal Profondo

 

Nulla si crea e nulla si distrugge… Credete di potervi disfare di tutto? Gettate i brutti sogni nelle discariche o giù nelle fogne, chiudete bene tutte le fessure. Non c'è niente da fare, prima o poi torneranno! Un mostro informe risale dalle profondità della Terra a tormentare la famiglia Crane, portando con sé una fame vendicativa, fame di carne umana. La sua è una rabbia primitiva, triste e feroce come il pianto di un bimbo abbandonato…

Prima e unica incursione del grande Alfredo Castelli nella serie regolare, Dal Profondo è un albo non privo di difetti. In primis la staticità dell'azione, forse troppo esasperata per un fumetto come Dylan Dog: poco succede, importano più i dialoghi e il racconto. Poi la storia è esageratamente derivativa con Psycho citato in maniera smaccatamente letterale, usando anche nomi, con la crasi Janet (Leigh) Crane (Marion) e volti (a pag. 87 il Norma dell’albo è rappresentato identico a Anthony Perkins) della versione cinematografica Hitchcockiana.  C'è il velato richiamo a It di King nell'idea del "mostro delle fogne" e a Lovecraft nella rappresentazione del suo aspetto. Tuttavia la genesi del mostro è  da attribuire a.. Sclavi! Nel Club dell'orrore, in secondo di copertina, ci viene infatti detto che il Racconto del mostro delle fogne è ispirato al capitolo di un romanzo, senza però rivelarcene il titolo. Ebbene il romanzo in questione è Tre di Sclavi, all'epoca ancora inedito ma evidentemente ben conosciuto da Castelli. Credo che il nome di Sclavi sia accreditato nel tamburino, tra gli autori del soggetto, unicamente per tale citazione. C'è poi qualche svista qua e là. La locuzione latina “habeas corpus” viene usata a sproposito da Bloch a pag. 23 per concludere che se non viene ritrovato il corpo della vittima non si può essere condannati per la legge penale inglese. In realtà tale locuzione, nei sistemi giuridici di common law, si riferisce a un atto, rilasciato dal giudice competente, con cui si ingiunge a chi detiene un prigioniero di dichiarare in qual giorno e per quale causa sia stato arrestato; in virtù di questo atto, l’imputato deve conoscere la causa del suo arresto ed è tradotto davanti al magistrato competente che deve immediatamente pronunciarsi sulla sua messa in libertà, ove egli possa fornire cauzione di tornare in giudizio(*). Poi c’è una piccola ripetizione a pagina 88: l'avverbio "perfettamente" ricorre due volte nel giro di 5 parole, una svista ai tempi piuttosto rara. Eppure.. eppure non si può rimanere indifferenti leggendo questo #20. Ci sono i magnifici disegni di Roi, eccezionale nel ricreare su carta l'atmosfera morbosa che permea la storia. Le sue tavole qui sono quasi definibili horror-erotiche, con un susseguirsi di nudi e seni, lingue lascive, tradimenti e sesso, senza tacer dell'aspetto fallico dato all'occhio snodabile del mostro mutaforma (pag. 76). Il voyeur non è solo Norman Bates, lo diventa giocoforza anche il lettore.  Castelli dimostra di conoscere bene le dinamiche della serie, compreso protagonista, comprimari e interazioni tra loro, da Bloch sornione che si diverte a prendere in giro Dylan a Groucho autentico mattatore a ruota libera al motel. Interessante anche il personaggio dell’ispettore Gwayne Pelf che suona il violino come Sherlock Holmes, di cui viene citato il romanzo La soluzione al sette per cento (scritto da Nicolas Meyer e non da Sir Arthur Conan Doyle). E poi c'è il piccolo capolavoro del "racconto del mostro delle fogne", compendio d'orrore e crudeltà, dove ancora una volta il colpevole non è il diverso ma l'uomo spinto dalle sue pulsioni egoistiche. Si finisce col provare compassione per il povero George così come fu per Damien nel #8 e come sarà per il piccolo Ghor poco tempo dopo, nello speciale #2. E non si può non provare ribrezzo di fronte alla sua del tutto particolare dieta. La formula della “storia nella storia” era già stata sperimentata con successo nel #7 e sarà replicata anche in futuro. Ancora una volta c’è da lodare il lavoro di Roi, il cui contributo è assolutamente fondamentale e insostituibile nell’illustrare su carta questo piccolo gioiellino.
Il finale richiama alla mente quello de Il Buio (meglio sarebbe dire viceversa). Le similitudine involontarie non finiscono qui: i due albi hanno in comune anche il cognome Crane  per i due psicopatici Marion e Philip/Mana Cerace e la filastrocca dei bambini (più ricalcata sul tema di Nightmare quella ideata da Chiaverotti per il #34).

Un must che paga il pesante dazio di venire subito dopo "Memorie", in un'annata ricca di capolavori dylaniati.

Curiosità: (1)siamo solo al #20 ma già Dylan è preso in giro da Bloch per i suoi tic (clarino, giradisco, galeone,ecc..). (2)Riferimento temporale buttato un po’ lì: Dylan dice di aver abbandonato Scotland Yard 10 anni prima degli eventi narrati nella storia. (3) A pag. 72 la forma assunta dal mostro nella prima vignetta è chiaramente ispirata ad Alien.

BODYCOUNT: 10

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “E fu così che conobbi il cibo.. il vero cibo.. Era.. era la cosa più buona che avessi mai assaggiato. Ancora migliore del latte della balia dalle mammelle gonfie. E aveva un sapore familiare, un sapore che mi ricordava qualcosa del mio lontano passato..”

VOTO: 8,5

Soggetto: Sclavi (21), Castelli (1)

Sceneggiatura: Castelli (1)

Disegni: Roi (4)

 

(*)informazioni reperite sul sito Treccani.it

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