Una notte brava, alcol a fiumi
e una folle corsa in auto con gli amici. Poi l'incidente, e uno dei ragazzi ci
rimette entrambe le mani. Mani che tornano per uccidere i responsabili di
quell'assurdo incidente…
Prima e unica storia firmata da Stefano
Santarelli per Dylan Dog. Nativo di Roma, Santarelli era entrato alla Sergio
Bonelli Editore poco più che trentenne nel 1992, dopo esperienze in Acme,
Universo e Blue Press, dedicandosi al personaggio di Martyn Mystère, ma senza
abbandonare i suoi impegni extra-bonelliani (sia nel campo del fumetto, sia in
quelli del teatro e dell’animazione). Anche in questo caso la rilettura mi ha
portato a ribaltare il mio giudizio. Prima ritenevo questa storia la mia
preferita del lotto, perché, pur essendo sgangherata ed implausibile (o forse proprio
per questo), ha delle atmosfere quasi “chiaverottiane”; non a caso il modus
operandi dell'assassino e il trucco utilizzato ricordano Il buio. Ora
invece ho riscontrato diversi difetti. Per cominciare
le battute di Groucho sono terribili, mentre lo scetticismo di Dylan è
totalmente assente. Il nostro inizia subito a vaneggiare di mani assassine, un tema
che è un piccolo classico dell’horror la cui origine è da ascrivere al romanzo
di Maurice Renard Le mani di Orlac (Les Mains d'Orlac, 1920),
sbagliando su tutta la linea. Forse il suo quinto senso e mezzo si era preso
una vacanza, ma gli schiaffoni che gli rifila Karin sono tutti meritati. Dal
canto suo anche Bloch rimedia una bella figuraccia… che poi non mi spiego come
Scotland Yard possa emettere d’urgenza un mandato d’arresto per una persona unicamente
sulla base di impronte digitali rinvenute sul luogo del delitto, senza fare
ulteriori approfondimenti. I dialoghi sono piuttosto scontati e si sente tantissimo
la mancanza di un twist finale in stile Chiaverotti che sarebbe stato più
efficace di quel che accade nell’ultima pagina. Da salvare la sequenza dell’incubo
di Dylan. Un peccato, considerate le potenzialità del soggetto: sarebbe bastato
poco per agguantare la sufficienza. Anche perché Montanari&Grassani appaiono
decisamente più ispirati che nelle precedenti due storie: apprezzabili alcuni primi
piani e degna di nota tutta pag. 253 (57° tavola) con il bel particolare del
volto della vittima riflesso sulla lama del bisturi. Ben riuscite anche le
citazioni a Nosferatu (pag. 205 o 9° tavola) e Psycho (pagg.
218-219 o 22°-23° tavola).
Curiosità: (1) Chi diamine guida la macchina di Marty a pag. 216??? Non c’è nessun altro nella vettura a parte lui. (2) A pag. 261 (o 65° tavola) M&G arricchiscono lo studio di Dylan con il poster di The Curse of the Werewolf (lo riporto in calce al post), film della Hammer girato da Terence Fisher nel 1961 e da noi distribuito con il titolo L’implacabile condanna. (3) Dal romanzo di Maurice Renard sono derivate 4 trasposizioni cinematografiche. La più datata è Le mani dell'altro (Orlac's Hände) diretta da Robert Wiene nel 1924 in pieno stile espressionista. Sebbene non sia diretta espressione del romanzo, sul tema è da citare anche La mano (The Hand, 1981) di Oliver Stone, con Michael Caine come protagonista.
BODYCOUNT: 5
TIMBRATURA: No
CITAZIONE: "Sei come
tutti gli altri... ti nascondi dietro una psicologia da quattro soldi per timore
di affrontare una realtà diversa dal solito!”
VOTO: 5,5
Soggetto: Santarelli (1)
Sceneggiatura: Santarelli (1)
Disegni: Montanari & Grassani
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