lunedì 29 settembre 2025

Almanacco della paura 2004 - Le notti di Halloween

 

Holmwood è un tipico, tranquillo paese della campagna inglese, ma il bosco che lo fiancheggia non gode della stessa fama. Da anni, o forse secoli, la notte di Ognissanti registra, da quelle parti, misteriose scomparse di viandanti. Anche i genitori di Luna Walters sono svaniti nella nebbia che si leva da tempi immemorabili in quella notte magica nel bosco di Holmwood… E alla coraggiosa giovane donna non resta che ritornare in quel luogo sinistro, non senza essere prima ricorsa, però, ai buoni uffici di un certo Dylan Dog…

Con Sclavi ormai latitante, Chiaverotti, Ambrosini e Manfredi concentrati sulle proprie creazioni, Mignacco e Medda con mani e piedi in altre serie, in Via Buonarroti c’era ai tempi l’evidente necessità di aggiungere forze fresche al reparto degli sceneggiatori dylaniati. Nel 2004 saranno ben tre i debuttanti, il primo dei quali, Gianfranco Marzano, sarà anche il più prolifico, sebbene se ci sarebbe voluto ancora qualche anno per vedere comparire il suo nome sulla serie regolare. Torinese, classe 1969, Marzano si era laureato al Dams in “Storia del cinema italiano” e negli anni ’90 aveva realizzato cortometraggi, videoclip, filmati istituzionali affiancando progressivamente alla sua attività di filmaker la passione per il mondo del fumetto. Prima di approdare su Dylan Dog si era cimentato, in qualità di sceneggiatore-disegnatore, in una sua serie autoprodotta (Gekman), collaborando poi con fanzine locali e partecipando ad altre iniziative fumettistiche locali. In questo suo esordio Marzano decide di giocare abbastanza sul sicuro, puntando su una avventura on the road per Dylan, una formula rodata e in passato anche fortunata per altri autori, che però, essendo stata usata molte volte, deve scontare necessariamente una certa prevedibilità. Si parte con un prologo interessante con gli zombi che emergono da una fitta nebbia; quello vestito da soldato a pag. 38, tra l’altro, ha fatto sobbalzare il mio cuore da horrorofilo ricordandomi non so perché, visto che non c'entra nulla, i nazi-zombi de L'occhio nel Triangolo (Shock Waves, 1977, di Ken Wiederhorn). E' palese però che il riferimento cinematografico più diretto nel concepimento del soggetto qui sia Fog (The Fog, 1980) di John Carpenter. Nel seguito della narrazione Marzano mostra però di non essere subito entrato in piena sintonia con il personaggio. Troviamo qui un Dylan piuttosto passivo e “ingessato”, incredibilmente compassato nel suo studio mentre ascolta il racconto della sua cliente, a tratti spettatore più che attore della vicenda, salvo risvegliarsi nella parte finale. Non lo aiuta l'interazione con i comprimari vuoi perché stereotipati, vuoi perchè anonimi (Luna). Da notare che il caso rimane sostanzialmente irrisolto, forse perchè all'autore interessava di più creare un'atmosfera horrorifica (intento lodevole ma) a costo di sacrificare coerenza di sceneggiatura. Ad affiancare l'esordiente Marzano, ritroviamo ai disegni un veterano come Roi che qui ci offre una prova molto buona. Da citare in particolare tutte le tavole avvolte nella nebbia con zombi e mastini (su tutte quella grande a pag. 113 o 79° tavola), Dylan insonne e gli incubi di Luna da fine pag. 59 a pag. 62 (da 25° a 28° tavola) in una notte buia buia, i primi piani della mamma di Luna nel prologo. Nelle tavole "diurne", invece, il grande Corrado purtroppo palesava di aver perso qualcosa rispetto al suo glorioso passato. Se presa nella sua totalità (fronte e retro), trovo apprezzabile anche la copertina di Stano che dimostra ancora una volta di aver ben pochi rivali in Bonelli quando si tratta di disegnare zombi.

Accettabile.

Dei dossier dell’Almanacco non so se parlerò ancora in futuro, perché ormai finisco ogni volta per ripetere più o meno le stesse cose. “Dame in nero”, “La mummia”, “Wes Craven”, “Frankenstein” sono tutti argomenti che avrebbero meritato molto più spazio ed approfondimento; vanno giusto bene per i neofiti. Le panoramiche su libri e film sono forse un filo più condite che negli anni immediatamente precedenti, ma sono sempre troppo scarne. Non ricordavo venisse menzionato il film Below di David K. Thwoi, horror ambientato in un sottomarino, che peraltro non ho mai visto (e leggendo le recensioni in rete temo di non essermi perso nulla).

Curiosità: Strano che una storia ambientata la notte di Halloween sia stata pubblicata nel mese di marzo. Che fosse originariamente destinata a qualche altra testata?

BODYCOUNT: 5

TIMBRATURA: Sì (1, Luna)

CITAZIONE: “Le uniche costanti di questa storia sono il luogo, Holmwood, la notte di Halloween, i corpi non rinvenuti e il fatto che gli scomparsi sono tutti forestieri”.

VOTO: 6

Soggetto: Marzano (1)

Sceneggiatura: Marzano (1)

Disegni: Roi (41)



sabato 27 settembre 2025

Dylan Dog #210 - Il pifferaio magico

 

Torna in scena Safarà. La bottega che vende l'impossibile può contare su clienti speciali, ma speciali davvero, di quelli che è meglio non deludere mai... Ebbene sì, esiste un tipo di cliente in grado di terrorizzare persino Hamlin, lo spettrale gestore di Safarà!, costretto per questo ad assumere Dylan Dog chiedendogli di ritrovare, costi quel che costi, un oggetto molto, molto prezioso: il leggendario Piffero reso famoso dalla fiaba dei fratelli Grimm.

Come ci viene ricordato nell’Horror Club, che cita come esempi Il battito del tempo, C’era una volta…, L’antrodella belva, Marionette e Attraverso lo specchio, non è la prima volta che una storia di Dylan Dog prende spunto dalle fiabe. In questo albo Paola Barbato vi attinge a piene mani non limitandosi al pifferaio magico del titolo, ma inserendo tanti piccoli omaggi espliciti e non. E sforna una storia strepitosa almeno fino a metà lettura, con la coppia Dylan-Groucho in gran spolvero come non si vedeva da anni. Una Barbato quasi sorprendente per come riesce a creare gag divertenti al ritmo giusto, non proprio il suo pane su Dylan Dog ai tempi nonostante il suo esordio fosse avvenuto con un “Grouchino” (il non troppo riuscito Il cavaliere di sventura). Torna Hamlin (notare l’assonanza del nome con Hamelin) addirittura in veste di cliente di Dylan e il nostro finalmente si ricorda di lui e del suo negozio Safarà. All’epoca dell’uscita inorridii scioccamente per la battuta di pag. 22 in cui Dylan dice a Groucho di aver chiuso con le donne, accecato dall’idea che Barbato potesse cambiare troppo il personaggio, quando invece è evidente che la battuta viene pronunciata in modo ironico. Per non sbagliarsi comunque Paola lo tiene “a stecchetto” anche in quest’occasione. La seconda metà della storia è invece più canonica e decisamente meno divertente della prima, con l’ormai trito tema dei sognatori, le paturnie adolescenziali di Polly e la presenza di Hamlin che si fa fin troppo invasiva. L’ultima pagina ci regala però una sorpresissima, con l’apparizione di un noto personaggio che sapevamo essere cliente di Safarà già da Il numero duecento. Ai disegni ritroviamo un Piccatto sempre più spigoloso e stilizzato, uno stile che comunque ben si adatta all’atmosfera della storia. Stano torna a sfornare una pregevole copertina che vede Dylan incantare un esercito di non-morti.

Curiosità: (1)Cameo per i Bug-Busters apparsi eoni prima in Ai confini del tempo. (2)L’Horror Club (inedito)ospita un disegno di Giorgio Cavazzano che ritrae Dylan e Groucho con il suo inconfondibile stile. Le strade dell’indagatore dell’incubo e del grande artista veneziano si sarebbero davvero incontrate qualche anno dopo.

BODYCOUNT: 0

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “C’erano una volta in un paese lontano lontano.. due fratellini molto poveri.. che vivevano al freddo.. non avevano nulla da mangiare.. e sognavano di trovare in mezzo a un bosco.. una casetta di marzapane

VOTO: 7,5

Soggetto: Barbato (18)

Sceneggiatura: Barbato (17)

Disegni: Piccatto (38)


giovedì 25 settembre 2025

Dylan Dog #209 - La bestia

 

Rick Samson è avviato a diventare un'autentica stella del cinema. Possiede qualcosa che agli altri manca... La "bestia", dice lui; una energia primordiale che dona alla sua recitazione un'espressività senza pari. Peccato che questa energia non si limiti ad applicarla soltanto al suo lavoro! Eh già, perchè Rick è davvero un brutto tipo, soggetto a spaventosi accessi di collera, tanto repentini, quanto violenti. Che quella "bestia" non sia soltanto una metafora della sua arte? Dylan ne è convinto e cercherà, del tutto inutilmente, di mettere in guardia la compagna di Samson, l'adorabile, dolcissima Julianne...

Dopo aver rimestato nel torbido delle serie TV con La famiglia Milford, in questo n. 209 Medda sposta il suo ironico sguardo critico verso il dorato mondo del cinema. L’indagine di Dylan si concentra su Rick Samson ispirato (come ci viene rivelato nell’Horror Club), non tanto nell’aspetto fisico quanto caratterialmente, all’attore Russel Crowe e alle intemperanze che riempirono i rotocalchi nelle fasi iniziali della sua carriera ad alto livello. Altre citazioni plateali di esponenti dello star system hollywoodiano sono Leo De Carlo e Scott Ripley (con il suo film “Son of the Gladiator”) insieme ad altri omaggini sparsi qua e là.  Kostas Stavros, l’agente di Samson, ha invece un cognome di sclaviana memoria. Non troviamo guizzi o soluzioni particolarmente originali, ma ci sono i dialoghi che ti aspetteresti, e Dylan, Groucho e Bloch si comportano come dovrebbero (anche se il nostro non “timbra”); manca forse un po' di splatter, gli omicidi sono pochini, comunque il lettore "si sente a casa". Se devo trovare un difetto, non capisco perché Julianne insista a coinvolgere l’indagatore dell’incubo anche dopo la sfuriata del suo boy friend, tanto da invitarlo alla prima di “Of Mice and Men” (con Dylan e Groucho in improbabili abiti di gala) e poi addirittura a cena nella lussuosa villa di Samson. A Medda piace infierire sull'antipatico di turno con una certa soddisfazione, qui non si smentisce, rimediando a una risoluzione del caso fin troppo banale. Non è uno degli albi in cui il lavoro di Casertano riesce a fare la differenza come in altre occasioni, ma il buon Giampiero si conferma irraggiungibile quando si tratta di disegnare personaggi sotto la pioggia battente (anche se qui sono solo poche vignette). Ottima la realizzazione dell’effetto “film” nella sequenza al cinema e notevole il volo di De Carlo a pag. 50. Non mi convince invece la bestia confezionata da Stano in copertina, né per la colorazione (troppo scura), né per la sovrapposizione di Dylan che ha un effetto che pare posticcio.

In conclusione, un'indagine standard, quasi di routine per il nostro Old Boy, che si attesta su livelli di sufficienza.

Curiosità: (1) Se Samson nell’albo riesce sempre a scampare dai guai con la giustizia, non altrettanto fece la sua controparte reale Russel Crowe che nel 2005 venne arrestato a New York per aggressione dopo avere colpito in faccia, con un telefono, un impiegato dell'albergo dove alloggiava. (2) Dylan torna ad avvalersi dell’aiuto di Stan, l’archivista esperto informatico conosciuto nel n. 198 La legge della giungla. (3) Il romanzo Uomini e topi di John Steinbeck, omaggiato da Medda nell’albo, è stato realmente trasposto per il grande schermo due volte: la prima nel 1939 (con Lon Chaney Jr. nei panni di Lennie), la seconda nel 1992 (con John Malkovich nelle vesti del protagonista).  (4) Nell’Horror Club (inedito) viene pubblicato un bel disegno di Fabio Celoni che raffigura Paperino in versione Dylan Dog.

BODYCOUNT: 3

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “L’ho guardato negli occhi e non ho visto un essere umano… Ho visto lo sguardo di una bestia assetata di sangue”.

VOTO: 6

Soggetto: Medda (12)

Sceneggiatura: Medda (12)

Disegni: Casertano (27)


martedì 23 settembre 2025

Dylan Dog #208 - Un mondo sconosciuto

 

Una grande e antica famiglia, quella dei Barathon. Ma una famiglia che sembra condannata all'estinzione, da quando Jeff Barathon, l'ultimo della sua stirpe è scomparso insieme a tre amici. Il vecchio lord Barathon, suo nonno, è convinto che il segreto della sua sparizione sia custodito nella misteriosa e sinistra magione in cima alla collina che fronteggia la residenza padronale, ma chi, eccettuato Dylan Dog, sarebbe propenso a prendere in esame l'ipotesi di una casa maledetta?

L’annata 2004 è inaugurata da una delle storie considerate tra le peggiori (se non la peggiore) di sempre dai lettori dylaniati. Non sarò certo io a farvi cambiare idea, perché la penso allo stesso modo. Tanto per cominciare la trama non ha nulla a vedere con Dylan Dog e la sceneggiatura rende ancora più evidente quanto lontanissimo sia quest’albo dalle atmosfere della serie e dal personaggio. Siamo in pieno territorio fantasy (il tema della casa maledetta è solo un pretesto, subito abbandonato), trattato oltretutto con una faciloneria disarmante. Un Dylan irriconoscibile è attorniato da personaggi inutili (gli amici di Jeff), macchiettistici (il militare, la sensitiva), irritanti (il finto mago, il nonno) e si muove in un mondo che vorrebbe essere un mix tra Zed e uno degli Inferni, senza lontanamente possederne il fascino o l’ispirazione. L’azione si trascina tra improbabili incantesimi, insensate sparatorie (ci va di mezzo pure un topo!), dialoghi sconcertanti (cult la sensitiva che spara a un demone gridando “va all’inferno mostro”). Pessime anche le batture di Groucho, che almeno si ricorda dove si trova facendo il verso alla sopracitata battuta di Ethel (“Va all’inferno! Non questo, un altro!”). L’albo penso detenga anche il record per numero di volte in cui viene nominato il “quinto senso e mezzo” di Dylan. Neanche come trashata involontaria può essere rivalutato questo n. 208, considerato che Faraci impone colpevolmente un registro serio alla vicenda e non si ride neanche per sbaglio. La definitiva pietra tombale è posta dai disegni di Cossu: i mostri e i demoni paiono inoffensivi, gli umani, quando dal testo dovrebbero apparire terrorizzati dalla paura, restano invece impassibili. Si salva la copertina di Stano, Dylan stilizzato a parte, con quelle pennellate in bella vista che a me piacciono tanto.

Indifendibile sotto qualsiasi punto di vista. Un mondo che non avrei mai voluto conoscere

BODYCOUNT: 2 (oltre a un numero imprecisato di demoni)

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Sì, è lei… La casa maledetta! Se ne sta lassù, in cima alla collina a guardami giorno e notte.. e a sfidarmi!”

VOTO: 4

Soggetto: Faraci (9)

Sceneggiatura: Faraci (9)

Disegni: Cossu (15)


domenica 21 settembre 2025

Dyd Awards 2003 - Il meglio dell'annata dylaniata

 


Cari resuscitati,

anzi il vero resuscitato è il blog! Dopo mesi di latitanza eccomi a mettere agli archivi un'altra annata, la seconda consecutiva in cui non ci fu traccia di Sclavi. Un assenza che in quel 2003 si avvertì in maniera più prepotente che nell'anno precedente perché la qualità media delle storie scritte dagli altri sceneggiatori calò un po'. Tra l'altro il 2003 vide congedarsi, per un tempo che si rivelerà piuttosto lungo, anche lo "zio" di Dylan, Claudio Chiaverotti, ai tempi ormai totalmente impegnato con il suo Brendon.

Ma diamo un'occhiata alle statistiche dell'annata.

Sceneggiatore più prolifico: Pasquale Ruju rallenta un attimo la sua produzione rispetto agli anni precedenti, fermandosi a 4 storie, le stesse sfornate da Paola Barbato, che però ha scritto 4 storie lunghe, mentre il collega ne ha 3 più una breve. Se adottassi il numero di tavole come "metro di misurazione" sarebbe però Tito Faraci a trionfare, visto che Speciale+Gigante+n.204 contano complessivamente 490 pagine, contro le 376 di Barbato.

Disegnatore più prolifico: Continua l'alternanza al vertice tra gli immarcescibili Montanari&Grassani (con le consuete 282 tavole del Maxi) e Giovanni Freghieri, che torna a trionfare e alla grande con 424 tavole disegnate (!!): le 236 del Gigante + le 188 della doppia dei nn. 198-199.  Completa il podio Celoni che piazza 254 tavole.

Timbrature: Sempre più in caduta libera rispetto alle prime annate. Il nostro Dylan fa sesso solo in 4 occasioni su 18 storie uscite.

Bodycount complessivo: Qui invece cali non ce ne sono e la media continua a viaggiare sopra i 100 decessi  (126 per l'esattezza), oltre ai quali c'è il solito numero non quantificabile di altre vittime.

***

Ma il momento più atteso (non si sa da chi) è sempre quello dei premi. E allora smoking e busta in mano eccomi a proclamare i vincitori dell'annata.

MIGLIOR COPERTINA Nomination (tutte di Stano): Chi ha ucciso Babbo Natale, Nebbia, Il settimo girone

..and the winner is: Angelo Stano per Il settimo girone


Quando si ispira a dipinti più o meno celebri, trovo che Stano riesca sempre a dare il suo meglio e lo conferma anche in quest'occasione. Da ricordare, oltre a quelle nominate, anche la cover de Il numero duecento per il suo significato storico-celebrativo.

MIGLIORI DISEGNI Nomination: Fabio Celoni (I quatto elementi), Bruno Brindisi (Nebbia), Daniele Bigliardo (Resurrezione)

..and the winner is: Fabio Celoni per I quattro elementi

Anche stavolta questa è stata la categoria su cui ho avuto più dubbi. Brindisi ci offre una prova magistrale, una delle migliori della sua carriera dylaniata, ma l'esordio di Celoni sulla serie regolare è semplicemente sbalorditivo, non potevo non premiarlo. Chiaro, siamo nel campo dei gusti più personali.

MIGLIOR STORIA Nomination: La legge della giungla/Homo Homini Lupus, Nebbia, Il tempio della seconda vita

..and the winner is: Nebbia (Barbato-Brindisi)

Per chi ha letto le mie ultime schede nessuna sorpresa credo, visto che avevo già spoilerato la mia preferenza per l'annata 2003. Tra l'altro è ancora una volta Brindisi a disegnare quella che è per me la miglior storia dell'anno. Coincidenze? Non credo proprio.



***

E questa è la mia personale classifica finale dell'annata 2003:


1.       Nebbia

2.       Il tempio della seconda vita

3.       La legge della giungla/Homo Homini Lupus

4.       Il settimo girone

5.       Il numero duecento

6.       Chi ha ucciso Babbo Natale?

7.       Resurrezione

8.       La famiglia Milford

9.       La fortezza del demone

10.   Daisy & Queen

11.   I quattro elementi

12.   Il dittatore

13.   Futuro imperfetto

14.   Elke

15.   Il capobranco

16.   Il compagno di scuola

17.   La donna venuta dal nulla

18.   Piovuto dal cielo


venerdì 19 settembre 2025

Dylan Dog #207 - Il tempio della seconda vita

 

Consulente in uscita, così si qualifica Larry Robson nel presentarsi a Dylan Dog. Più precisamente, il lavoro di Robson consiste nell'aiutare chiunque cada sotto l'influenza di una setta, e voglia liberarsene, a inserirsi nuovamente nella normalità. Non si tratterebbe, di rigore, di un campo d'azione consueto per il Nostro, ma non si può negare che il Tempio della Seconda Vita, fondato dal Redento Hogan, non sia secondo a nient'altro in fatto di incubi.

Albo anomalo questo. Se ci basassimo unicamente sul soggetto non sarebbe nulla di che. Viene affrontato il tema della sette già visto in passato nella serie, il cliente di turno scompare misteriosamente, Dylan indaga fingendosi interessato a unirsi agli adepti, alla fine scopre che in realtà è tutta una truffa. Ma la sceneggiatura   ha ben altro passo, spostando più volte il racconto in una dimensione da incubo. De Nardo si affida ancora una volta alle didascalie che in questo caso producono un effetto straniante per il lettore grazie al racconto fuori campo di Dylan che trasforma l'albo in una sorta di lungo flashback. Anche il personaggio impalpabile di Nadine, forse parzialmente incompiuto, finisce per essere paradossalmente un altro elemento perturbante: di lei non sappiamo nulla in pratica, quasi non fosse mai davvero esistita, nè perché avesse quel sogno di vita normale insieme a Dylan. Mancate spiegazioni che sono un punto a favore, fossero queste o meno le intenzioni dell'autore. Per questo alcuni personaggi, definiamoli "più realistici", come Lucille e gli scagnozzi di Hogan stonano con il resto, mentre la storia avrebbe ulteriormente giovato di maggiori innesti oppressivo-surreali. I disegni di Roi completano l'opera contribuendo a creare un'atmosfera crepuscolare e claustrofobica, quasi da vecchio horror espressionista, esaltando le sequenze oniriche, vero punto di forza della storia, compresa la stupenda pagina finale e l’incipit con il “seppellimento prematuro” (omaggio a Poe). Il buon Corrado aveva un po’ perso il lustro dei primi anni, ma le sue tavole sprigionano sempre inquietudine. Apprezzabile anche la copertina di Stano, di cui mi piacciono in particolare le pennellate azzurre in evidenza sul soffitto del tempio.

Curiosità: 40° storia dylaniata disegnata da Roi.

BODYCOUNT: 4

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Non oso. Il terrore mi paralizza. Vorrei urlare. A che servirebbe? Nessuno può sentirmi sottoterra”

VOTO: 8

Soggetto: De Nardo (9)

Sceneggiatura: De Nardo (9)

Disegni: Roi (40)


mercoledì 17 settembre 2025

Dylan Dog Gigante n. 12 - Piovuto dal cielo

 

Quella che Dylan Dog vede sfrecciare nel cielo non è una comune stella cadente, bensì una capsula spaziale. E dentro c'è un piccolo ET bisognoso di affetto e protezione, che Dylan ribattezza Roger. Se non fosse per la sua enorme testa, Roger sembrerebbe proprio un bambino come gli altri… Ma se invece non fosse neppure un alieno come tutti gli altri?

Sull’Horror Club del n. 206 (inedito), la redazione informava i lettori che il 12° Gigante avrebbe dovuto originariamente ospitare una storia disegnata da una guest star: il martinmysteriano Giancarlo Alessandrini. Tuttavia l’artista non era riuscito a completare il lavoro in tempo per la pubblicazione e così la storia (che sarà poi intitolata Il senza nome) veniva rimandata al Gigante in uscita nel 2004. A metterci una pezza nel 2003 sono quindi chiamati Tito Faraci, già reduce dalle lunghe fatiche dello Speciale n. 17, e Giovanni Freghieri che in quanto a velocità di esecuzione non era secondo a nessuno in quel periodo. Se Piovuto dal cielo fosse un rincalzo allungato per l’occasione o fosse già in caldo per altra pubblicazione in altro periodo probabilmente non lo sapremo mai. Quello che è certo è che ho sempre avuto serie difficoltà a terminarlo, perché sembra non finire mai. Il che non è esattamente un pregio. L’inizio non è neanche da buttare, anche se si tratta di roba vista e stravista su Dylan Dog, vedasi in particolare il ragazzino "diverso" a cui il nostro si affeziona fin dai tempi di Johnny Freak passando per la Pearl di Scanner (il modello più vicino a quello del piccolo Roger), l’”incontro ravvicinato” nella campagna inglese e le solite schermaglie con l'esercito britannico. Faraci tenta qualcosa di nuovo omaggiando i comics americani: le origini di “Steel Man” sono un evidente richiamo a Superman (“Man of steel”), la trappola in cui finisce Dylan ricorda quelle complicatissime in cui è spesso costretto Batman, ecc… Una spruzzata di E.T.  e un tocco di Unbreakable condiscono il tutto. Nella parte finale però la storia scivola spedita in zona trash con il robottone cui viene impiantato il cervello del serial killer (!!! Quale scienziato lautamente pagato da un governo non lo farebbe??) e Dylan e Lord Wells che entrano agilmente nella base militare come novelli James Bond, con il nostro addirittura in volo (!!!) a bordo di un tandem-dirigibile! Discreto il lavoro di Freghieri, tenuto conto che probabilmente ha avuto meno tempo del solito per illustrare le 236 pagine di questo Dylandogone. Si fanno apprezzare soprattutto le tavole di “Steel Man” e le grazie di Karen, con seno in bella mostra come non si vedeva da tempo nella serie; diverse altre vignette, invece, sono proprio “tirate via”. La copertina di Stano è terribile, tra le sue peggiori in assoluto.

Curiosità: (1) Nella seconda decade dylaniata Lord Wells è comparso ben poco, ma nell’annata 2003 sono ben 3 le sue apparizioni, due addirittura nello stesso mese: oltre che qui aveva infatti fatto un cameo anche in Nebbia, mentre qualche mese prima ne Il dittatore aveva avuto anche un ruolo discretamente rilevante. (2)A pag. 39 (35° tavola) vediamo una Craven Road che non ricordo essere mai stata così trafficata. (3) A pag. 13 (9° tavola), 3° vignetta in alto, una nuvoletta scura sembra uscire dalla bocca di Dylan. Difetto della mia copia? O inserto errato rimasto lì?

BODYCOUNT: 10

TIMBRATURA: Sì (1, Karen)

CITAZIONE: “Sì, sono maledetto… il male è entrato in me! L’ho accolto come si fa con un vecchio amico…”

VOTO: 5

Soggetto: Faraci (8)

Sceneggiatura: Faraci (8)

Disegni: Freghieri (38)


lunedì 15 settembre 2025

Dylan Dog #206 - Nebbia

 

Un tipico parco londinese, un'oasi di pace e tranquillità nella confusione della metropoli. O, per lo meno, è così che dovrebbe essere. In realtà, in quel parco accadono cose inspiegabili, da quando un bambino vi è stato ucciso. Alcune persone vengono letteralmente inghiottite dalla nebbia, una cortina spessa e densa che sembra trarre alimento dai segreti più inconfessabili dell'anima, per poi riemergerne ottenebrati per sempre, oppure morti. Anche Dylan vi si smarrisce e proprio in quell'istante scorge il cuore della Verità.

Se qualcuno all’epoca avesse ancora avuto bisogno di una conferma della piena maturità di Paola Barbato come fumettista, l’avrebbe trovata in questa storia, scritta in modo quasi perfetto fin dall’incipit e con notevoli progressi anche nell’utilizzo di un personaggio “ostico” come Groucho. Non vedo alcun difetto poi nel puntare i fari sul colpevole già a metà albo, l’albo fortunatamente non è un banale gialletto: il mistero che avvolge la vicenda non è legato all'identità del presunto serial killer, ma alla nebbia che avvolge l’inquietante parco. Lodevole che Barbato non si abbandoni né agli eccessi “spiegazionisti” del passato né a facili moralismi, tenendo delicatamente in ombra l'argomento pedofilia. Quello che però non sono mai riuscito a digerire è il comportamento di Dylan nel finale. Quando leggo l'ultima battuta sulla "giustizia che è stata fatta" (che riporto anche in citazione) mi chiedo sempre chi sia il personaggio che la pronuncia, perché davvero non può essere Dylan Dog. Un'uscita del genere me l'aspetterei dal Dylan ancora in divenire degli Uccisori, non da quello che ho conosciuto nei 200 albi che stanno in mezzo. Non critico la scelta in senso assoluto, anzi, per come si sviluppa l'albo la soluzione ci sta, ma a me non piace, è un Dylan in cui non mi ritrovo. E’ vero che il nostro subisce una sorta di costrizione, ma la scelta alla fine è tutta sua e credo che in altre circostanze non si sarebbe arreso così facilmente a una soluzione tanto drastica pur potendo contare su pochissime prove per incastrare il colpevole. In ogni caso, al di là dei gusti personali, resta poco credibile che sei persone rimangano omertose davanti a un crimine di quel genere, se veramente se n'erano accorte. Passando al comparto disegni, siamo forse di fronte se non al capolavoro dylaniato di Brindisi, sicuramente ad una delle sue prove di eccellenza assoluta. Alcune delle sue tavole, in particolare quelle avvolte dalla nebbia che sembra quasi fuoriuscire dalla pagina, sono da slogamento di mascella. Nebbia ben resa anche da Stano in copertina, anche se non con la stessa vitalità del collega.

In sintesi una storia ottima sotto quasi tutti i punti di vista, a mani basse la migliore dell'annata 2003, che però non sono mai riuscito ad amare.

Curiosità: Comparsata di Madame Trelkovsky e Lord Wells.

BODYCOUNT: 6

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “A volte mi chiedo ancora se ho fatto la scelta giusta, e non so darmi una risposta… ma sono sicuro che giustizia è stata fatta…

VOTO: 8

Soggetto: Barbato (17)

Sceneggiatura: Barbato (16)

Disegni: Brindisi (28)


sabato 13 settembre 2025

Dylan Dog Fuoriserie - Elke

 

Una creatura assetata di vite umane sembrava sconfitta. Invece il mostro vive ancora, sepolto nelle profondità marine, ed è pronto a tornare per riscuotere il suo tributo di sangue!

Tredicesimo appuntamento con gli inediti a colori pubblicati in coda alle ristampe degli Speciali su cartonato gigante Mondadori. Come negli appuntamenti immediatamente precedenti questa breve storia rappresenta un seguito dello Speciale cui si accompagna, in questo caso Goliath e vede il ritorno degli stessi autori, Ruju e Mari. Anzi, più che un seguito, in questo caso una vera e propria appendice che avrebbe potuto fungere da finale vero e proprio. Già in coda dello Special n. 16 infatti era già stata avanzata da Dylan l’idea, suggerita da Jenna (qui richiamata per l’occasione a ripetere la sua teoria), che Urizen potesse avere delle “metastasi”, previsione che trovava conferma nell’ultima pagina. Ruju concede spazio ai demoni interiori di Elke, che diventeranno subito minacciosamente concreti. Dylan dal canto suo afferma di riuscire a dimenticare in fretta tutti gli orrori cui ha assistito, bollandoli come un incubo, caratteristica che sappiamo essere presente fin dalle origini e che da sempre alimenta il suo scetticismo. Per quanto riguarda i disegni, Mari offre una prova in linea con quella di Goliath e in generale non posso che assegnare a questa breve storia lo stesso voto della sua “progenitrice”: un 6, che ripensandoci un attimo, gli sta pure un po’ stretto.

Curiosità: (1) Oltre che in Goliath, il personaggio di Elke era già precedentemente apparso anche in Il prezzodella morte, albo le cui vicende vanno però temporalmente collocate dopo questa storia. (2) La storia è stata ristampata su Super Book n. 36 e nella collana “Il nero della paura”, pubblicata in collaborazione con la Gazzetta dello Sport, nel mese settembre 2016.

BODYCOUNT: 1

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “E’ un ipotesi naturalmente.. ma quella che noi abbiamo distrutto potrebbe essere parte di una creatura molto più grande!”

VOTO: 6

Soggetto: Ruju (51)

Sceneggiatura: Ruju (51)

Disegni: Mari (12)


giovedì 11 settembre 2025

Dylan Dog #205 - Il compagno di scuola

 

Difficile per il giovane John Stanford inserirsi tra i suoi nuovi compagni di scuola, nell'esclusivo Stratford College. Soltanto uno studente gli tende la mano, Boris Warshavsky, e sarà l'inizio di un incubo lungo tutta la vita, un incubo contro il quale lo stesso Dylan Dog sembra non poter far molto!

Con quest’albo Claudio Chiaverotti si apprestava a salutare Dylan Dog per lungo tempo. Ci sarebbero voluti sei anni per rileggere una sua storia dylaniata (Il buio nell’anima, pubblicata sul terzo Color Fest) e addirittura 17 per rivederlo sulla serie regolare (con il n. 409, Ritorno al buio). Saluto che lascia con l’amaro in bocca perché Il compagno di scuola non è purtroppo a livello dei migliori lavori del maestro con gli occhiali da sole. La storia però, almeno inizialmente, parte bene. il buon Claudio qualche chicca delle sue ce la regala: nel "coreografare" gli omicidi se la cava sempre e ci sono alcune inquietanti sequenze oniriche (l’incubo nell’incubo alle pagg. 18-19, John arso dalle fiamme alle pagg. 47-48). Di contro troviamo un Dylan insolitamente spento coadiuvato da un Groucho in pessima forma a livello di battute; mai visto il duo così scialbo in un albo del Chiave. Si salva almeno Jenkins come portatore sano di umorismo. Se Boris Warshavsky è senza dubbio un personaggio carismatico, lo stesso non si può dire per il vessato John con cui non si riesce mai ad empatizzare e il cui atteggiamento fa intuire troppo presto come stanno realmente le cose. La trama gialla d’altronde è costruita su un’impalcatura a dir poco traballante e davvero non si può credere che qualcuno venga condannato all’ergastolo senza prove, soltanto per una spilla ritrovata sulla scena del delitto. Ma è il finale a sferrare il colpo di grazia al lettore. La scena in cui John crede di aver ereditato dei poteri da "Ancient Tortures" è semplicemente assurda, così come inverosimile è Il preside che muore dopo anni e anni consumato dai rimorsi per la vicenda del gatto. Perdonabile nella sua divertita modalità trash-horror la scena del tizio che si accorge solo dopo un botto di tempo di essere stato accoltellato a morte. Di tutto rispetto invece il comparto disegni che ho rivalutato alla grande in quest’ultima rilettura. Il tratto vintage di Rinaldi, nettamente più “sporco” e grezzo rispetto a quello del suo esordio con La fata del male, è perfetto per l’atmosfera della storia. Il suo Boris poi è reso, quando serve, particolarmente minaccioso e sinistro. Quello raffigurato da Stano in copertina sembra invece un indemoniato.

Curiosità: (1) Rinaldi torna qui sulla serie regolare a dieci anni di distanza da Feste di sangue. (2) A pag. 39 Dylan ricorda un suo amico italiano su cui hanno fatto un film. Il riferimento è ovviamente a Dellamorte Dellamore, apparso sulla serie nello Speciale n. 3 Orrore Nero e nella storia fuoriserie Stelle Cadenti. (3) Alle pagg. 87-88 sono citati un po’ di classici cinematografici dell’orrore, presenti nella videoteca di John Stanton: Fog, La Cosa, Il buio si avvicina, la saga di Nightmare e quella di Venerdì 13.

BODYCOUNT: 3

TIMBRATURA: Sì (1, Gale)

CITAZIONE: “Questa notte verrò a trovarti, John! Il tuo incubo non finirà mai!”

VOTO: 5

Soggetto: Chiaverotti (54)

Sceneggiatura: Chiaverotti (55)

Disegni: Rinaldi (6)


martedì 9 settembre 2025

Dylan Dog Special #17 - La fortezza del demone

 

È un’ autentica leggenda del cinema espressionista tedesco, "La fortezza del demone", di Dirk Skroge. Una leggenda fosca, però… Tanto della troupe quanto degli attori, infatti, si sono del tutto perse le tracce dopo la realizzazione del film. Ora, Blake Kline, regista di film horror e ammiratore incondizionato di Skroge, vuole girarne il remake, negli stessi luoghi della pellicola originale. Il tetro castello nei Carpazi (e dove, se no?) che fa da set sembra animato da inquietanti presenze. Ben presto, gli orrori della finzione e quelli della realtà si intrecciano in un groviglio inestricabile, nei cui lacci Dylan Dog e Groucho sembrano avvinti senza che s'intraveda alcuna via di scampo…

Il soggetto e la sceneggiatura di questo 17° Speciale non brillano certo per originalità. Senza andare tanto lontano nel tempo, l’anno precedente a un qualcosa di simile ci aveva pensato Ruju con il Gigante Horror Cult Movie, storia meglio riuscita di questa e che già aveva proposto parti di sceneggiatura cinematrografica in didascalia. Idee quantomeno affini si possono ritrovare anche in Horror Paradise o in Polvere di stelle. I personaggi inoltre sono poco caratterizzati, se non stereotipati, difetto a cui non sfugge nemmeno l’antagonista Blake Kline che non si fa mancare nessuno dei clichè del cattivone di turno. La parte finale è forse un po' banale nel voler seguire il classico iter: lo stesso autore d’altronde ci dice per bocca di Kline che non ci si può sottrarre alle leggi dello spettacolo. L’ultima pagina potrebbe far storcere il naso a qualcuno per il suo tocco metafumettistico che io personalmente non disdegno. Quello che Faraci azzecca davvero è l'atmosfera gotica e lugubre della location che esalta il lavoro di Celoni, nonchè alcune sequenze horror-splatter in cui si rivela sempre indispensabile il notevole apporto del disegnatore. Se questo Speciale si eleva dall’anonimato è proprio per merito del comparto grafico. Grazie allo strepitoso lavoro di Celoni, che attinge ispirazione anche dall’espressionismo tedesco gettando sulle pagine fiumi di china, la fortezza del titolo sembra celare una minaccia o un demone in ogni vignetta, anche quelle in cui la vicenda si fa apparentemente calma. Per alcuni il suo tratto potrebbe apparire ostico, poco decifrabile, ma se ci lascia immergere nelle sue tavole la lettura ne guadagnerà non poco. La copertina di Stano ha invece un tocco esotico non in linea con la trama.

Curiosità: Nella biblioteca di Dylan a pag. 8 spiccano le monografie dedicate a classici del cinema horror come Nightmare, Psycho, Nosferatu e Zombi (Dawn of dead)

BODYCOUNT: 8 (oltre a un numero imprecisato di altri membri della troupe)

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Mai conoscere di persona i propri idoli.. c’è il rischio di scoprire che sono soltanto uomini

VOTO: 6,5

Soggetto: Faraci (7)

Sceneggiatura: Faraci (7)

Disegni: Celoni (2)


domenica 7 settembre 2025

Dylan Dog #204 - Resurrezione

 

Henry Cornell è il classico sbirro che combatte il crimine con tutta la rabbia di cui un uomo torturato dalla vita può essere capace. Più che arrestare i cattivi, preferisce sbriciolarli. Purtroppo per lui, un brutto giorno, durante una delle sue folli missioni anti-crimine, Cornell finisce bruciato vivo in un incendio. In pochi piangono la sua morte, e anche Dylan, nemico giurato dei metodi di Cornell, non sa se rallegrarsi della dipartita. Ben presto, però, Henry Cornell torna dall'Aldilà per continuare a fare ciò che ha sempre fatto.

Storia gustosamente tamarra questa Resurrezione. Occhio agli spoiler da qui in avanti. Faraci consapevolmente e in maniera divertita attinge a piene mani dai violenti action polizieschi che tra la fine degli anni 80 e l'inizio dei 90 hanno fatto la fortuna dei vari Sly, Schwarzy & co., battute ad effetto comprese (vedi la frase in citazione sotto che è una parafrasi della celebre battuta di Cobra “Tu sei il male e io sono la cura”). L’idea del poliziotto che torna dalla morte per vendicarsi è però da rinvenire nel film Maniac Cop (1988, da noi conosciuto anche con il titolo Poliziotto Sadico); non a caso il cognome dello sbirro resuscitato è Cornell che richiama da vicinissimo il Cordell della pellicola diretta da William Lustig. La trovata di mescolare le carte sull'identità potrebbe invece ricordare alla lontana Face/Off (1997, di John Woo) anche se invece che una plastica facciale qui c'è di mezzo una bella abbrustolita. Il finale è in linea con la tamarraggine del resto. Tra citazioni-omaggi e con i suoi furbi e depistanti (grazie a una semplice omonimia) flashback, l’albo funziona, pur lasciando incompiuti alcuni personaggi: la bella criminologa, totalmente inutile e a cui è Dylan a insegnare il mestiere (!! senza neppure timbrarla!) e il poliziotto-talpa che a conti fatti altro non è che un riempitivo (o forse una citazione che mi sfugge). C’è spazio per una piccola critica sociale contro la volubilità delle opinioni di massa e ritroviamo un Grocho in gran forma a livello di battute. Stellari i disegni di Bigliardo, qui giunto alla sua terza prova sulla serie regolare. Molto del merito è anche suo se l'albo mi piace. Colpisce duro il “suo” Cornell, mezzo Teschio Rosso della Marvel, mezzo Freddy Krueger, con indosso lo spolverino di Detective Stone (film di Tony Maylam del 1992 il cui titolo originale è Split Second), che regala quel tocco di horror altrimenti sarebbe assente considerato che gli omicidi avvengono quasi tutti fuori campo. A voler trovare il pelo nell’uovo, Martha cambia un po’ troppe volte acconciatura tra un’apparizione (ma anche tra una vignetta) e l’altra, ma inezie in una prova da applausi. Anche il Cornell zombesco di Stano in copertina fa la sua (s)porca figura.

Promosso.

BODYCOUNT: 12 (oltre a un numero imprecisato di altre vittime)

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Tu sei la colpa, io la punizione”.

VOTO: 7

Soggetto: Faraci (6)

Sceneggiatura: Faraci (6)

Disegni: Bigliardo (4)


venerdì 5 settembre 2025

Dylan Dog #203 - La famiglia Milford

 

Impeccabile la famiglia Milford, protagonista di una famosa serie televisiva di qualche anno fa. Ora, però, dopo una puntata celebrativa, i suoi protagonisti cominciano a morire assassinati in modi tanto raccapriccianti quanto impossibili. Un implacabile contrappasso recide le loro esistenze, e Dylan, su richiesta della bella e recalcitrante Ellen, nipote dello sceneggiatore e regista della serie, indagherà gli effetti nefasti della fantasia frustrata.

Paradossalmente sembra quasi una critica all’andamento della testata quella fatta da Medda in quest'albo. Il politically correct tanto biasimato in questo n. 203 stava ormai prendendo sempre più piede anche su Dylan Dog, con splatter ormai quasi bandito, buonismo imperante, rispetto dei “paletti” bonelliani  e correlata presa di distanza da tutto ciò che poteva essere oggetto di censura. Al di là di coincidenze, fortuite e non, la storia regge ancora bene, anche se è molto meno originale de La prigione diCarta che idealmente potrebbe essere considerata come una sorta di ideale prequel di questa per quanto riguarda il discorso meddiano sul "talento" dello scrittore. Non a caso appaiono come comparse, in una sorta di trait d'union ideale, i barboni protagonisti del #114. Stavolta il focus è la frustrazione dell'autore, costretto a scendere a compromessi e ad assistere impotente (ma complice controvoglia) allo stravolgimento della propria opera. Un vero e proprio incubo che reclama una vendetta che arriverà in definitiva fuori tempo massimo. Tra l’altro Bloch, sbroccando nel pub a metà albo, aveva già inconsapevolmente individuato il colpevole! Come fonte di ispirazione, nell’Horror Club viene citata La famiglia Addams, mentre io avevo pensato alla sit-com concorrente I mostri (The Munsters), più simile, a partire dal titolo, ai The Moonster immaginati da Medda. Forse si può intravedere anche un piccolo debito nei confronti del racconto di King (ancora lui!) Il word processor degli dei. La sceneggiatura fila via liscia senza particolari sussulti né in positivo né in negativo, un po’ troppi balloon ma il finale si lascia apprezzare. Piccatto stava vivendo una seconda giovinezza artistica a partire da Il seme della follia e anche qui conferma la sua buona forma. Deludente invece la copertina di Stano, tra le peggiori a mio gusto, tra quelle da lui realizzate per la serie regolare: non mi piacciono né le scelte cromatiche, né il castello sullo sfondo, né la posizione delle braccia di Dylan. La famiglia di mostri è poco definita e sembra “galleggiare”.

Nel complesso un prodotto discreto.

BODYCOUNT: 7

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Qualunque cosa tu abbia visto.. non era reale.. era soltanto immaginazione..”

VOTO: 7

Soggetto: Medda (11)

Sceneggiatura: Medda (11)

Disegni: Piccatto (37)


mercoledì 3 settembre 2025

Dylan Dog #202 - Il settimo girone

 

Molti di noi, almeno una volta nella vita, hanno sperimentato l'orrenda sensazione di non esistere agli occhi degli altri, come se fossimo diventati improvvisamente invisibili e intangibili. Ebbene, Dylan Dog e altri quattro casuali compagni di avventura si trovano a condividere l'orrenda esperienza di essere vivi in un mondo che muore lentamente, imprigionati in una zona della città dove la gente ripete ossessivamente le stesse azioni senza fermarsi mai. Forse Dylan, senza volerlo, ha attraversato un varco dimensionale? O forse sta soltanto scortando quattro anime dannate verso il girone più terribile dell'Inferno, il settimo, quello riservato agli assassini?

Paola Barbato aveva già realizzato un soggetto su Dylan imprigionato in realtà alternative e circolari per il n. 163 della serie regolare, Il mondo perfetto, albo che però la sceneggiatura minimalista ad opera di Sclavi rendeva molto diverso e più accessibile di questo n. 202. Qui al contrario abbiamo un accumulo di informazioni, alcuni delle quali tentano di depistare il lettore: dal serpente Samael (rinvenuto sul libro di un chiromante!!), all’uroboro, al settimo cerchio infernale dantesco degli assassini (che regala impropriamente il titolo all'albo) fino ad arrivare alla mitologia greca con le Tre Parche.  C’è anche l’immancabile Stephen King tra le fonti di ispirazione della storia, come ci viene rivelato nell’Horror Club (inedito), da individuarsi nel racconto I langolieri, contenuto nell’antologia Quattro Dopo Mezzanotte (Four past midnight, 1990). Il mood serio-tragico dell’albo viene rimesso in discussione dal finale che rivela la sua natura di divertissement e propone qualcosa di nuovo rispetto al solito inferno burocratico governato dal direttore “duefacce” che altri autori hanno tirato fuori come deus ex machina quando non sapevano più dove arrampicarsi. Il difetto arriva invece dove non te lo aspetteresti da Barbato, ovvero nella caratterizzazione dei personaggi, che rimangono bidimensionali, quasi più a rappresentare una categoria che a reclamare la propria individualità di comprimari. Se non altro il ragazzino razzista rappresenta una sorta di inedito nella serie. Roi ai disegni era ancora un bel vedere, ma il suo tratto qui risulta standardizzato, privo dei picchi del passato: basti vedere l'evocativa immagine grande a pag. 68 o la doppia tavola onirica alle pagg. 44-45. Fossero state ai tempi di Mefistofele o anche, senza tornare troppo indietro, de La morte rossa sono sicuro che sarebbero stare realizzate in maniera diversa, molto più curata, con potenzialità da capolavoro su carta. Però le Parche sono rappresentate in modo davvero inquietante (vedasi in particolare ultima vignetta di pag. 97). Copertina pittorica di Stano fuorviante come il titolo, ma molto bella, ispirato a I dannati, uno degli affreschi realizzati da Luca Signorelli nella cappella di San Brizio nel duomo di Orvieto.

Malgrado un certo fastidioso moralismo di fondo la ritengo una storia pienamente riuscita, ma su temi affini preferisco di gran lunga la libertà chiaverottiana di albi come Laclessidra di pietra o Il Confine.

Curiosità: Riporto da Wikipedia, quindi con tutte le attenuanti del caso, che Samael o Samaele (in ebraico סמאל‎; veleno di Dio) secondo la religione cristiana è un arcangelo; nella tradizione Talmudica e post-Talmudica, ha il ruolo di accusatore, seduttore e distruttore, spesso associato all'angelo della morte (Azrael). Per quanto riguarda la sua forma di serpente, su diversi siti si legge che secondo alcuni studiosi fu proprio Samael a tentare Eva.

BODYCOUNT: 5

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Quattro angeli della morte come compagni di viaggio… per il barcaiolo che li ha traghettati in questo inferno”

VOTO: 7,5

Soggetto: Barbato (16)

Sceneggiatura: Barbato (15)

Disegni: Roi (39)

martedì 2 settembre 2025

Maxi Dylan Dog n. 6 - Futuro imperfetto

 

Uno strano personaggio detiene il potere di influenzare l'avvenire in modo irreversibile. Un dono del genere può rendere chi lo possiede simile a Dio... o al Diavolo!

La storia con le maggiori potenzialità di questo sesto Maxi, anche se le accattivanti premesse non vengono poi confermate. Abbiamo già avuto d’altronde modo di notare come spesso Ruju abbia avuto per le mani un buon soggetto, senza poi riuscire a valorizzarlo in sede di sceneggiatura. Certo che andare a ripescare uno Speciale tremendo come Il padrone della luce non è il miglior biglietto da visita, ma fortunatamente il risultato stavolta è migliore. D'altronde il riferimento a quella storia è per lo più limitato al personaggio di Frances Scott. Gli altri comprimari sono praticamente delle comparse monodimensionali utili a far salire il bodycount, a parte "i riparatori" che mi riportano alla mente i "dottorini calvi" del romanzo Insomnia di King. Funzionano particolarmente bene alcune sequenze in stile Final Destination e soprattutto il finale. Montanari & Grassani si confermano al risparmio, perché anche qui mi sembrano attingere da loro lavori precedenti, ma quando la trama abbandona i flashback a favore di un ritmo narrativo più sostenuto, anche i loro disegni sembrano giovarne. Accettabile, ma visto l’argomento c'era davvero margine per fare molto di più. In ogni caso la ritengo la storia più interessante di questo sesto “balenottero”.

Curiosità: (1) Con questa storia Ruju taglia il traguardo delle 50 sceneggiature dylaniate! (2) A pag. 269 citazione della celebre scena di Quando la moglie è in vacanza (The Seven Year Itch, film di Billy Wilder del 1955) con tanto di sosia di Marilyn Monroe.

BODYCOUNT: 10 (oltre a un numero imprecisato di altre vittime a bordo dell’autobus)

TIMBRATURA: Sì (1, Frances, ritimbrata)

CITAZIONE: “Pagine e pagine piene di roba… è il resoconto di una storia. Una storia che io non ho mai scritto!”

VOTO: 6

Soggetto: Ruju (50)

Sceneggiatura: Ruju (50)

Disegni: Montanari & Grassani (46)