venerdì 29 gennaio 2021

Dylan Dog #58 - La clessidra di pietra

 

Essere liberi, mentre il tempo scorre... Liberi da tutto, da ogni legge e regola, da ogni realtà, da ogni opprimente frammento di vita. Intorno a Dylan, il mondo impazzisce, mentre i sogni di libertà si mutano in mostri di vendetta.È un viaggio dentro gli stati più profondi della mente quello che l'Indagatore compie insieme alla bella Sinead. Un viaggio in una perfetta, eterna allucinazione

Secondo capitolo della c.d. “trilogia dello spazio-tempo”,  dedicato stavolta al tempo, nonchè sottovalutatissima storia di Chiaverotti, che personalmente reputo invece tra le top 3 della sua produzione dylaniata. Il soggetto è liberamente ed esplicitamente ispirato a Stati di allucinazione, film di Ken Russell del 1980, con l’aggiunta del la geniale idea del loop temporale, abbondantemente prima che divenisse di moda nei film e nelle serie TV come negli ultimi anni, e di numerosi riferimenti alla “Zona del crepuscolo”. Grazie al soggetto molto particolare, Chiaverotti può muoversi liberamente tra omicidi a ritmo di metal, trasformazioni, allucinazioni e deliri, infarcendo la sceneggiatura di una pioggia torrenziale di citazioni e omaggi senza precedenti, ma egregiamente inserite nel contesto. Tra le tante frasi “celebri”, quella più suggestiva è “Le illusioni sono i sogni del demonio”, che dovrebbe essere inedita e quindi attribuibile allo stesso Chiaverotti. L’orrore per la vita che si ripete uguale all’infinito è invece un tema classicamente sclaviano, che l’autore torinese stavolta fa suo. La voglia di sfuggire dalla banalità dell’esistenza, dalla ripetizione dei giorni tutti identici è il comune denominatore, non solo metaforico, che lega tutti i personaggi coinvolti nella vicenda, compreso il nostro Dylan, che più volte, anche in passato, ha auspicato l'esistenza del soprannaturale e dell'incubo come liberazione dalla noia quotidiana. Forse è questa anche la natura del legame tra lui e Sinead, il "richiamo", che rimane la parte più debole della trama. Si inserisce perfettamente, in quest’ottica, anche il finale che ridà uno slancio onirico alla vicenda dopo che la soluzione del caso aveva riportato i lettori coi piedi per terra. Vero fiore all'occhiello dell’albo è però La persistenza della memoria, il quadro di Dalì omaggiato anche nella copertina di Stano, che prende vita con l’inedito spettro del personaggio mai dipinto. Da segnalare il cameo “cartoonesco” di Wells. Roi qui divino, nonostante l’ambientazione quasi esclusivamente diurna a lui non proprio consona. Un’ ottima storia, a mio giudizio la migliore della "trilogia dello spaziotempo".

Curiosità: (1)Il Bafometto raffigurato sulla copertina del disco che compare nell’albo non corrisponde all’iconografia classica di questo demone esoterico. Non so, invece, se la scritta Baphomet si riferisca al titolo dell’album o alla band. Nella musica metal è un nome che ricorre spesso sia come titolo di canzone che all’interno dei singoli testi, ma non ho trovato corrispondenze specifiche con la cover realizzata da Roi, pertanto potrebbe essere farina del sacco di Chiaverotti. (2) Dopo il n. 42 si torna a nominare l’Istituto demoscopico Statis.  (3)Nella post dell’inedito viene annunciata l’uscita di una marea di nuovi gadget e oggettistica a marchio Dylan Dog, tra cui gli stickers.

BODYCOUNT:  0 (7 in sogno)

TIMBRATURA:  Sì (1, Sinead)

CITAZIONE:  “Incubo, sì.. una giornata vuota e inutile, ripetuta all’infinito. Conoscete un orrore più grande?”

VOTO:  8,5

Soggetto: Chiaverotti (9)

Sceneggiatura: Chiaverotti (9)

Disegni: Roi (14)

4 commenti:

  1. Su quest'albo la pensiamo proprio all'opposto: la ritengo una delle peggiori prove sia di Chiaverotti sia di Roi. La storia è abbastanza campata per aria (anche se all'ultima rilettura l'ho un po' rivalutata) e Roi mi è sembrato essere molto svogliato (terribile, in particolare, il volto squadrato di Dylan, che sembra essere stato disegnato con un righello). Più in generale, non mi è sembrata una storia con un'atmosfera adatta al tratto oscuro di Roi: l'avrei affidata a un illustratore più pulito.

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    1. Come detto nel commento, l'ambientazione era penalizzante per Roi(secondo me Chiaverotti l'ha scritta pensando a Dall'Agnol), tuttavia se l'è cavata benissimo e lo elogio proprio per quello.

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  2. Tra i riferimenti, citerei anche il film "Linea mortale" di Joel Schumacher, anche se è uscito nel 1990, negli Usa, e i tempi tecnici di produzione di una storia Bonelli (malgrado la nota velocità di Roi) rendono dubbia la possibilità che Chiaverotti s'ispirasse a quel film. Ma il mistero è un altro: la linea narrativa del loop temporale ha tutta l'aria di derivare da "Ricomincio da capo" ("Groundhog Day"), di Harold Ramis, specie se si pensa che la protagonista della storia di Dylan Dog si chiama Sinead McDowell, e Andie MacDowell è l'interprete del personaggio femminile dominante di "Ricomincio da capo". Ma c'è un "ma" grande come una casa: il film di Ramis è uscito - negli Usa - nel 1993, e "La clessidra di pietra" è del luglio 1991. Come si spiega il mistero? Prodigiosa previdenza di Chiaverotti, stile Mignacco nei "Conigli rosa uccidono"? Bisognerebbe chiedere a Chiaverotti...

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    1. Intanto grazie Riccardo per questo e gli altri commenti che hai lasciato. Quando scrissi il post feci anche una ricerca sui film che trattavano di loop temporali, ma come osservavi giustamente tu, non ve ne è antecedenti a Ricomincio da capo. O Chiaverotti ha letto il racconto "12.01 p.m." di Richard Lupoff (ma non ho trovato notizie su una pubblicazione italiana ante 90, né in antologie né su Urania magari in coda a qualche suo romanzo) oppure potrebbe aver attinto l'idea da qualche episodio di Ai confini della realtà, come successo in precedenza. Altrimenti l'unica spiegazione è proprio la "preveggenza" alla Mignacco.

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