venerdì 5 settembre 2025

Dylan Dog #203 - La famiglia Milford

 

Impeccabile la famiglia Milford, protagonista di una famosa serie televisiva di qualche anno fa. Ora, però, dopo una puntata celebrativa, i suoi protagonisti cominciano a morire assassinati in modi tanto raccapriccianti quanto impossibili. Un implacabile contrappasso recide le loro esistenze, e Dylan, su richiesta della bella e recalcitrante Ellen, nipote dello sceneggiatore e regista della serie, indagherà gli effetti nefasti della fantasia frustrata.

Paradossalmente sembra quasi una critica all’andamento della testata quella fatta da Medda in quest'albo. Il politically correct tanto biasimato in questo n. 203 stava ormai prendendo sempre più piede anche su Dylan Dog, con splatter ormai quasi bandito, buonismo imperante, rispetto dei “paletti” bonelliani  e correlata presa di distanza da tutto ciò che poteva essere oggetto di censura. Al di là di coincidenze, fortuite e non, la storia regge ancora bene, anche se è molto meno originale de La prigione diCarta che idealmente potrebbe essere considerata come una sorta di ideale prequel di questa per quanto riguarda il discorso meddiano sul "talento" dello scrittore. Non a caso appaiono come comparse, in una sorta di trait d'union ideale, i barboni protagonisti del #114. Stavolta il focus è la frustrazione dell'autore, costretto a scendere a compromessi e ad assistere impotente (ma complice controvoglia) allo stravolgimento della propria opera. Un vero e proprio incubo che reclama una vendetta che arriverà in definitiva fuori tempo massimo. Tra l’altro Bloch, sbroccando nel pub a metà albo, aveva già inconsapevolmente individuato il colpevole! Come fonte di ispirazione, nell’Horror Club viene citata La famiglia Addams, mentre io avevo pensato alla sit-com concorrente I mostri (The Munsters), più simile, a partire dal titolo, ai The Moonster immaginati da Medda. Forse si può intravedere anche un piccolo debito nei confronti del racconto di King (ancora lui!) Il word processor degli dei. La sceneggiatura fila via liscia senza particolari sussulti né in positivo né in negativo, un po’ troppi balloon ma il finale si lascia apprezzare. Piccatto stava vivendo una seconda giovinezza artistica a partire da Il seme della follia e anche qui conferma la sua buona forma. Deludente invece la copertina di Stano, tra le peggiori a mio gusto, tra quelle da lui realizzate per la serie regolare: non mi piacciono né le scelte cromatiche, né il castello sullo sfondo, né la posizione delle braccia di Dylan. La famiglia di mostri è poco definita e sembra “galleggiare”.

Nel complesso un prodotto discreto.

BODYCOUNT: 7

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Qualunque cosa tu abbia visto.. non era reale.. era soltanto immaginazione..”

VOTO: 7

Soggetto: Medda (11)

Sceneggiatura: Medda (11)

Disegni: Piccatto (37)


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