Difficile per il giovane John
Stanford inserirsi tra i suoi nuovi compagni di scuola, nell'esclusivo
Stratford College. Soltanto uno studente gli tende la mano, Boris Warshavsky, e sarà l'inizio
di un incubo lungo tutta la vita, un incubo contro il quale lo stesso Dylan Dog
sembra non poter far molto!
Con quest’albo Claudio
Chiaverotti si apprestava a salutare Dylan Dog per lungo tempo. Ci sarebbero
voluti sei anni per rileggere una sua storia dylaniata (Il buio nell’anima,
pubblicata sul terzo Color Fest) e addirittura 17 per rivederlo sulla serie regolare
(con il n. 409, Ritorno al buio). Saluto che lascia con l’amaro in bocca
perché Il compagno di scuola non è purtroppo a livello dei migliori
lavori del maestro con gli occhiali da sole. La storia però, almeno
inizialmente, parte bene. il buon Claudio qualche chicca delle sue ce la regala:
nel "coreografare" gli omicidi se la cava sempre e ci sono alcune inquietanti
sequenze oniriche (l’incubo nell’incubo alle pagg. 18-19, John arso dalle
fiamme alle pagg. 47-48). Di contro troviamo un Dylan insolitamente spento coadiuvato
da un Groucho in pessima forma a livello di battute; mai visto il duo così
scialbo in un albo del Chiave. Si salva almeno Jenkins come portatore sano di
umorismo. Se Boris Warshavsky è senza dubbio un personaggio carismatico, lo
stesso non si può dire per il vessato John con cui non si riesce mai ad empatizzare
e il cui atteggiamento fa intuire troppo presto come stanno realmente le cose.
La trama gialla d’altronde è costruita su un’impalcatura a dir poco traballante
e davvero non si può credere che qualcuno venga condannato all’ergastolo senza
prove, soltanto per una spilla ritrovata sulla scena del delitto. Ma è il
finale a sferrare il colpo di grazia al lettore. La scena in cui John crede di
aver ereditato dei poteri da "Ancient Tortures" è semplicemente
assurda, così come inverosimile è Il preside che muore dopo anni e anni
consumato dai rimorsi per la vicenda del gatto. Perdonabile nella sua divertita
modalità trash-horror la scena del tizio che si accorge solo dopo un botto di
tempo di essere stato accoltellato a morte. Di tutto rispetto invece il
comparto disegni che ho rivalutato alla grande in quest’ultima rilettura. Il
tratto vintage di Rinaldi, nettamente più “sporco” e grezzo rispetto a quello
del suo esordio con La fata del male, è perfetto per l’atmosfera della
storia. Il suo Boris poi è reso, quando serve, particolarmente minaccioso e
sinistro. Quello raffigurato da Stano in copertina sembra invece un
indemoniato.
Curiosità: (1) Rinaldi torna qui
sulla serie regolare a dieci anni di distanza da Feste di sangue. (2) A
pag. 39 Dylan ricorda un suo amico italiano su cui hanno fatto un film. Il
riferimento è ovviamente a Dellamorte Dellamore, apparso sulla serie nello Speciale
n. 3 Orrore Nero e nella storia fuoriserie Stelle Cadenti. (3) Alle
pagg. 87-88 sono citati un po’ di classici cinematografici dell’orrore,
presenti nella videoteca di John Stanton: Fog, La Cosa, Il buio si avvicina, la
saga di Nightmare e quella di Venerdì 13.
BODYCOUNT: 3
TIMBRATURA: Sì (1, Gale)
CITAZIONE: “Questa notte verrò
a trovarti, John! Il tuo incubo non finirà mai!”
VOTO: 5
Soggetto: Chiaverotti (54)
Sceneggiatura: Chiaverotti (55)
Disegni: Rinaldi (6)

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