mercoledì 15 novembre 2023

Dylan Dog #147 - Polvere di stelle

 

Il calore dei riflettori, il ronzio della cinepresa, l'emozione del primo ciak. Tutto questo è perduto in una nube di polvere scintillante. Per Vera Vallemberg rimane soltanto la memoria di una fama ormai dimenticata e il terrore di vederla distrutta. Ma Vera non ha perduto la sua bellezza, le sue mani sono ancora forti, la sua giovinezza è nutrita dal sangue. Tornerà per prendere ciò che le spetta, sfidando la morte stessa!

Convincente rilettura in chiave vampiresca di Sunset Boulevard (1950), capolavoro noir di Billy Wilder con protagonisti Gloria Swanson e William Holden, da noi noto con il titolo Il viale del tramonto. Siamo qui al cospetto di uno dei migliori albi scritte per Dylan Dog da Pasquale Ruju, che anche in seguito dimostrerà di possedere un buon feeling con le storie di vampiri. Manfredi, con Il masticatore di sudari, aveva già fatto da apripista per un ritorno al classico del mito dei succhiasangue e l’abbandono della visione sclaviana che guardava invece a Essi vivono di Carpenter. Mentre Manfredi attingeva dal folklore, Ruju recupera brillantemente la versione più romanzesca del vampiro, quella “stokeriana” o “byroniana”, il nobile bello e dannato con le sue molteplici declinazioni cinematografiche, dando vita ancora una volta ad una storia corale. Non vi è alcun dubbio però che la protagonista assoluta dell’albo sia lei, Vera Vallemberg, ossessionata dalla bellezza e dal suo status di diva, carnefice e allo stesso tempo vittima, a cui Ruju aggiunge il “carico” degli abusi sessuali subiti durante l’infanzia. Di contro troviamo un Dylan in veste, più che di indagatore, quasi di spettatore a tratti passivo, con un risveglio repentino nella parte conclusiva. Un difetto peraltro già rilevato in precedenti sceneggiature rujane, vedasi ad esempio Scanner che ha una struttura simile a quella di quest’albo. Particolarmente affascinante il prologo, con l'agghiacciante filastrocca "gatto, gattino", la sottomissione dell’infermiera e lo specchio che avrà notevole rilevanza nel bellissimo finale. I Pinewood Studios, dopo il #4, tornano ancora protagonisti di una storia lugubre e orrorifica e di un mancato film per Anna Never. Chissà se riuscirà mai a girarne uno intero?! Esilarante Dylan che si incazza proprio con Anna perché… non gliela dà!! Scene di questo tipo non se ne sono più riviste nella serie. Roi maestoso tanto nell'esaltare la figura tragica di Vera, quanto nel raffigurare alla perfezione i vampiri sia in versione eterea ed attraente sia animalesca ed assetata di sangue, ammantando le tavole di una malinconia di fondo, di un senso di perdita (di innocenza, bellezza e celebrità) che si trasmette istantaneamente al lettore. Strepitose, tra le tante, le pagg. 69 e 70: la prima per l’omaggio diretto a Sunset Boulevard con il “morto narrante”, la seconda per l’agghiacciante sequenza del seppellimento “prematuro” e successivo risveglio. Suggella il tutto la splendida copertina di Stano, anche se non mai ben capito che cos’ha Vera sull’anulare… un anello chiodato?

Curiosità: (1) Il titolo dell’albo, come specificato nel Club dell’Orrore (inedito), è un omaggio alla celebre canzone Stardust composta da Hoagy Carmicheal nel 1927. (2) Roi tornava sulla serie regolare dopo un anno di assenza, anche perché contemporaneamente impegnato a disegnare storie per Julia, Brendon (di cui era anche copertinista) e Magico Vento. Un Corrado multitasking.  (3) Nell’Horror Post viene pubblicizzato il libro “Dylan Dog – Indocili sentimenti, arcane paure” a cura di Alberto Ostini. Quasi vent’anni dopo lo stesso Ostini esordirà come sceneggiatore dylaniato con ben due storie (Il mostruoso banchetto e Ricordi di un’estate) pubblicate entrambe sul Dylan Dog Magazine n. 2.

BODYCOUNT: 7 (oltre a un numero imprecisato di membri della troupe impegnati nella scena 97)

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Gatto gattino, ti butto nel camino… ti ci butto a testa in giù… e il gattino non c’è più”.

VOTO: 8,5

Soggetto: Ruju (16)

Sceneggiatura: Ruju (16)

Disegni: Roi (32)

6 commenti:

  1. Ottima recensione per un altrettanto ottima storia crepuscolare, che io considero l’ideale chiusura della “golden age” dylaniata: per molti la “golden age” corrisponde ai numeri 1-100, per me corrisponde alle annate 1986-1998. Sì, anche dopo il 1998 sono uscite alcune bellissime storie, forse addirittura dei capolavori (penso a “Il sorriso dell’oscura signora”, “Sciarada”, “L’eterna illusione”, “Necropolis”, “L’ospite sgradito”), ma quella magia che ho trovato nelle prime dodici annate (e tre mesi) non l’ho mai più percepita.

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    1. Comunque per me la Golden Age finisce con l'abbandono dell'esistenzialismo quale tema portante della serie. Quindi sostanzialmente anche prima del n.100.

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    2. Sui complimenti, te ne faccio troppo pochi: hai messo su un bellissimo blog 😃!

      Quello delle ere “dylaniate” sarebbe un discorso interessante, ma bisognerebbe ragionarci meglio. Faccio fatica a utilizzare le categorie di “Zagor” (pre golden age, golden age, medioevo, rinascimento), perché sostanzialmente la golden age è iniziata col n. 1 e poi perché un vero rinascimento non c’è mai stato (almeno sin dove ho letto io) e quindi non avrebbe senso parlare nemmeno di medioevo. Se invece vogliamo utilizzare altre categorie, potrei dire a grandi spanne: 1-147 golden age, 148-250 silver age, 251-336 bronze age, dal 337 in poi (ma qui ne ho letti pochissimi) death age. Magari con la Baraldi è iniziata la resurrection age 😁. Però il mio è un discorso a spanne: bisognerebbe rifletterci più a fondo.

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    3. E allora rinnovo i ringraziamenti! Spero di tenere botta. Purtroppo entro nel mio periodo più caldo lavorativamente parlando, infatti anche l'anno scorso mollai a novembre. Memore delle mie pause negli anni passati, sto cercando di tenere un "tesoretto" di recensioni in anticipo sulla pubblicazione in modo da evitare di rimanere scoperto.

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    4. Per quanto riguarda il discorso ere dylaniate, di solito si ragiona in termini di curatela. Quindi gestione Sclavi, gestione Marcheselli, gestione Gualdoni, gestione Recchioni e ora gestione Baraldi. Poi in ognuna di queste ere si possono anche individuare dei sottogruppi. Per ora un discorso "macro" l'ho fatto solo dopo i primi dieci anni di vita editoriale dylaniata e mi regolerò così, in termini "storici", anche per le prossime decadi.

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