mercoledì 8 novembre 2023

Dylan Dog #146 - Ghost Hotel

 

Faccio il portinaio di un albergo a ore. È il Limbus, fatiscente dimora di spettri e anime perse che recitano all'infinito la loro farsa di dolore. Persino il Diavolo vuole liberarsene ma, per farlo, deve sciogliere un rebus impenetrabile, un segreto che sprofonda sotto le fondamenta dell'albergo, fin dentro un passato dimenticato. Per farlo, ha bisogno di un Indagatore paziente, scaltro e folle quel tanto che basta.

Capolavoro!

Ho sempre considerato quest’albo come una sorta di canto del cigno del Dylan Dog old-style per tematiche, atmosfera e tanta dolorosa malinconia, scritto però con la consapevolezza e lo stile beffardo, ironico, quasi sornione dello Sclavi post-100. Il soggetto potrebbe quasi apparire come una rivisitazione de Gli inquilini arcani, ma con intenti piuttosto diversi: più visivamente matura, cruda e tendente all'horror la storia pubblicata a puntate su Comic Art negli anni 90, più poetico, triste e con orrori più "terreni" (malgrado il contesto soprannaturale) questo n. 146. Un albo che torna ad affrontare ancora una volta un tema sociale, la pena di morte, ma senza scivolare nella retorica, con una presa di posizione piuttosto forte che viene manifestata progressivamente, in crescendo, man mano che l’indagine di Dylan prosegue fino all’amaro finale. Di fronte alla spietatezza e all’insensibilità degli uomini, persino il diavolo (qui incarnato dal simpatico Darknight) non è poi così brutto come lo si dipinge, anzi è addirittura capace di provare compassione. Certo, la sensazione di dejà vù (o meglio dejà lù) sembra sempre dietro l’angolo: le filastrocche, i fantasmi, le mini-storie dei vari personaggi, i mostri/freak… Non si avverte mai, però, la sensazione di minestra riscaldata. Semplicemente Sclavi utilizza alcuni elementi tipici della serie per veicolare il suo messaggio. Se proprio devo trovare qualcosa di cui ci può rammaricare è la collocazione di questa storia sulla serie regolare. La sua destinazione naturale per me avrebbe dovuto essere lo Speciale, come suggerito anche nel Club dell’Orrore (inedito) e giustificato dalla presenza di ben 6 capitoletti interni in luogo dei soliti due. Con più pagine a disposizione e la riproposizione della vincente formula a episodi, Ghost Hotel sarebbe stato probabilmente un albo da top ten dylaniata assoluta. E ricordiamo che lo Speciale di quell'anno ospitò, invece, il deludente La Preda Umana. Ad affiancare Dylan nel suo compito di liberare l’albergo dai suoi fantasmi, troviamo, oltre al solito Groucho, la dura e cinica reporter Rosaura Kowalsky, personaggio memorabile e davvero ben caratterizzato che si eleva ben al di sopra della media delle “normali” partner dylaniate. Riuscitissimo anche l’impassibile portiere dell’hotel che affida le sue memorie alle fiamme della stufa. Vincente la scelta di Brindisi ai pennelli, praticamente perfetto, che nella storia ha anche un suo alter ego nel personaggio di Bruno Salerno. Il disegnatore campano sembra divertirsi un mondo qui a realizzare rebus e giochi enigmistici, senza perdere mai di vista le emozioni sui visi degli ospiti dell’albergo. E l’effetto tridimensionale delle sue vignette sembra trasportare anche noi lettori negli infiniti corridoi del “Limbus”, immergendoci nei suoi orrori passati e tra gli spettri del presente. Stupenda pag. 90, da brividi l’apparizione di Dominic Ochs a pag. 62. Simpatica la copertina di Stano, anche se i fantasmi che vi sono ritratti appaiono molto più allegri di quelli che Dylan incontrerà nel corso della sua avventura.

Mi rendo conto che ho spesso criticato la verbosità di alcune storie e non posso nascondere che anche questa abbia lo stesso difetto che ne rallenta la lettura. Forse per questo motivo molti non riescono ad apprezzarlo   come meriterebbe. Io su questa prolissità mi sento di sorvolare stavolta, perché la trovo ampiamente compensata da tutto il resto.

Curiosità: (1) L’episodio intitolato Il ritratto ovale è un chiaro omaggio e una rilettura quasi al contrario dell’omonimo racconto di Edgar Allan Poe. Il nome del pittore richiama peraltro anche il collega Basil Hallward de Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde. (2) A pag. 40 viene citato il film L’uomo che visse nel futuro (The time machine, 1960) di George Pal. (3) La filastrocca del portiere dell'hotel è ispirata alla canzone "Albergo a ore" di Herbert Pagani, cover della canzone francese Les amants d'un jour (1952) di Marguerite Monnot. (4) Il quadro che Dylan ammira a pag. 50 (terza vignetta) è in realtà un rebus la cui soluzione è "Bruno Brindisi"! (5) A pag. 89 omaggio a Barton Fink, personaggio interpretato da John Turturro nell'omonimo film dei fratelli Cohen. (6) La cantina disegnata a pag. 24 è tratta da un'incisione di Giovan Battista Piranesi intitolata "La torre rotonda".

BODYCOUNT: 0 (i morti sono già morti)

TIMBRATURA: Sì (1, Kowalsky)

CITAZIONE: “Faccio il portinaio di un hotel che non esiste, e anch’io come tutti forse non son vivo, e per passare il tempo e non sentirmi vero e triste, sto qui e penso e sono un’ombra e scrivo...

VOTO: 10

Soggetto: Sclavi (112)

Sceneggiatura: Sclavi (117)

Disegni: Brindisi (18)

4 commenti:

  1. Io avrei dato 9, proprio per quella prolissità di cui parli alla fine, ma per il resto sottoscrivo tutto quanto hai scritto: davvero un grande albo.

    Un paio di anni dopo, nell’ottobre 2000, è uscito un episodio di “Angel” (il 2x02) che ricorda molto questa storia, ma penso che si tratti di una casualità: non credo che Joss Whedon e il suo staff leggessero “Dylan Dog”.

    P. s. Hai visto su Yt la conferenza lucchese su “Dyd”? Stavolta non sono stati abbottonati: hanno fornito un sacco di anticipazioni!

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    1. Si ho visto o meglio ho sentito. Fremo per la "Dama in bianco" e il nuovo Chiaverotti.

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    2. Hai capito se “La Dama in bianco” è un vero seguito di “La dama in nero” o è solo un modo per omaggiarla nel titolo? Se fosse un seguito, vincerei la mia taccagneria e tirerei fuori dal portafoglio i 5 euri (10 se è in due puntate) 😃 !

      Commovente Ambrosini, che nei giorni precedenti la morte è riuscito a terminare la storia per il “Color fest”.

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    3. Non credo sarà un seguito diretto, ma qualcosa che lo richiamerà. L'unica cosa che non mi convince è il numero bis dedicato ai "what if". Per me c'era già il Color Fest adatto a quello scopo.

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