mercoledì 13 ottobre 2021

Dylan Dog #76 - Maledizione nera

 

Kirk Bowers è un ricco e rispettato professionista, al sicuro da ogni sospetto. Per questo, quando la sua automobile investe un bambino di colore, troverà il giudice disposto a chiudere un occhio. Ma da quel giorno, il senso di colpa non è il suo unico tormento, perché il padre di quel bimbo è Jamais Nonplus, potente sacerdote vudù. Forse neppure Dylan Dog può fermare la forza della sua maledizione, visto che nasce da un odio antico, nutrito dall'oppressione!

Numero che avevo ingiustamente sottovalutato in passato, ma che poi ho sempre apprezzato un po’ di più ad ogni rilettura. Scontato il pesante debito con L'occhio del male di King/Bachman, ci troviamo di fronte a un albo che rievoca i dubbi etico/morali/sociali già sollevati con Il marchio rosso, indagando maggiormente la componente razzista, ma senza riuscire a sfuggire del tutto alla facile retorica (in particolare a pag. 81). La storia rimane comunque di stampo classico: è una vendetta condita con il vudù “bonelliano” (Guido Nolitta aveva dedicato al tema un albo di Zagor già nel 1973) che irrompe anche in Dylan Dog e l'antagonista Jamais Nonplus che è un cattivo che sembra un buono che sembra un cattivo. Avremo modo di rivederlo. Ottime le sequenze splatter in particolare quella dell’avvocato prima bollito e poi bruciato, ma mi piace un sacco anche quella dell'altro avvocato-zombi che banchetta con la sua amante bianca nell’ennesima rivisitazione di un cannibalismo amoroso che evidentemente piaceva a Sclavi (cfr. nn. 43 e 67). Eppure è la maledizione che colpisce il giudice a rimanere più impressa nella memoria del lettore, senza bisogno di sangue e frattaglie. La vicenda si chiude con un finale cinico e (s)corretto. Glenn Bowers usa disinvoltamente più volte l’epiteto “negro” nel corso dell'albo, senza che Dylan faccia una piega o dica qualcosa: un chiaro indizio su chi i sospetti avrebbero dovuto essere indirizzati e forse una pecca di prevedibilità ma il Tiz è bravo comunque a depistarci.

Tacconi, all’epoca settantenne e di nuovo all’opera su Dylan Dog dopo quasi tre anni, viene definito nel Club dell’Orrore dell’inedito come “uno dei disegnatori più lenti”. Questo sarà il suo penultimo lavoro per la serie, poi sarebbe passato a Nick Raider. Peccato non abbia prodotto altro in seguito per Dylan. Lo consideravo uno dei migliori, nel team dylaniato, a disegnare donne provocanti e scene di sesso “pepate”. Qui è bravissimo ancora una volta, ma le vette splatter-sadomaso di Lama di rasoio restano insuperate. Citato, anche se di sfuggita, Xabaras giusto per gettare qualche semino in vista del n. 100. Nella copertina di Stano, con il “tempio” di Nonplus che si rifà all’immaginario collettivo dei riti vudù, spicca la creatura metà donna e metà pipistrello di cui ignoro la simbologia (sempre ne abbia una).

Curiosità: (1)A pag. 54 Dylan legge un libro scritto dall’amico Martin Mystere, nominato subito dopo apertamente. Eravamo ancora in pieno periodo di febbre da team-up (era appena uscito La fine del mondo). Questi ammiccamenti alla serie di Castelli, piuttosto frequenti nei primi anni di vita di DD, in seguito diventeranno rarissimi fino a scomparire del tutto. (2)Per il secondo albo consecutivo Dylan torna ad Harlech, con incluso benvenuto di Lord Chester. (3) Sul “Giornale di Sergio Bonelli” appare una vignetta inedita disegnata da Roberto Rinaldi (che ancora doveva esordire nella serie) in cui compaiono Dylan, Groucho, Bloch, Xabaras, Lord Wells e Madame Trelkovski, con cui la casa editrice faceva idealmente gli auguri di buon anno ai lettori. (4) Questo è il 50° soggetto di Sclavi per la serie regolare.

BODYCOUNT: 6

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Solo alla morte non c’è rimedio, è così che si dice, no? E alla vita? C’è un rimedio alla vita?”

VOTO: 8,5

Soggetto: Sclavi (72)

Sceneggiatura: Sclavi (69)

Disegni: Tacconi (3)

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