lunedì 4 dicembre 2023

Maxi Dylan Dog n. 2 - Ho ucciso Jack lo squartatore

 

Un codice medievale pieno di formule magiche, una cospirazione strisciante e quegli strani sogni… Quali bizzarre forze trascinano Dylan nella Londra del secolo scorso? Qual è il segreto della signorina Rutherfork? Un groviglio di indizi inquietanti che porta nella tana di potenti satanisti. Il loro sogno sfida le leggi del tempo e della morte, la loro folle speranza è riportare in vita… Jack lo Squartatore!

Il secondo Maxi si apre con una celebrazione in pompa magna del primo che, come ci viene rivelato nell’editoriale, è stata la pubblicazione extra-regolare più venduta nel 1998. Per cavalcare l’onda di questo successo si punta su Sclavi, che si trova ad aprire questo Maxi con una storia che resterà anche la sola da lui scritta per questa collana. Il Tiz si trova dopo tanto tempo (quasi sette anni, dal n. 72) a collaborare con Montanari & Grassani e, purtroppo, sarà anche l’ultima volta.  Il dinamico duo per l’occasione sforna una prova più che discreta, a tratti buona, facendosi apprezzare soprattutto per il dettaglio con cui disegnano la Londra “dickensiana” di fine ‘800, fatta di edifici “spigolosi”, di gusto simil espressionista, che sembrano incombere sui personaggi. Anche quando Jack/leader della setta entra in azione con le sue allucinanti e allucinate apparizioni i loro disegni riescono ad essere particolarmente incisivi (v. ad es. pagg. 16-17 o 12°-13° tavola). Non convince appieno solo il Dylan-ragazzino, che ha una fisionomia quasi femminile. Neppure Stano riesce a rendere giustizia al giovincello nella sua copertina che per il resto è ben fatta, con il faccione di Dylan sullo sfondo e la figura dominante di “Jack” ripresa dal basso in alto. Passando ai testi, l’incipit sembra preso paro paro da Il lago del cielo, uscito appena un paio di mesi prima. Vi ritroviamo un Dylan a interrogarsi metafumettisticamente sulla sua esistenza e sul suo passato diviso tra i ricordi di Xabaras e Morgana da un lato e i suoi genitori “normali” dall’altro.  Una dicotomia che nella serie non verrà mai a ricomporsi. Prendendo il via da questo prologo Sclavi sviluppa la sceneggiatura non in una, non in due, ma in ben tre direzioni diverse. Si parte con il flashback nel passato alla Oliver Twist (citato espressamente) con il vero Jack lo squartatore in action a caccia del piccolo Dylan (che da adulto, tornando al Museo delle Cere, ricorda di averci già avuto a che fare nel n. 2). Un’ossessione che finisce con il legarsi al caso della setta satanica, ripresa dal n. 143 Apocalisse e che ricorda vagamente il film horror Vivere nel terrore (Bad Dreams, 1988, di Andrew Fleming), ingiustamente finito nel dimenticatoio, andando poi a parare da tutt’altra parte. A cercare di tenere insieme il tutto, infine, ci sono le teorie cospirazioniste della signorina Rutherfork che riesce a scoprire i collegamenti tra le vittime facendo più bella figura di Bloch e dell’intera Scotland Yard. Il finale dovrebbe chiudere il cerchio, certificando il complottismo come tema portante della storia, ma l’intento non riesce appieno. La trama manca di coesione, prosegue per eccesso, intrecciando le varie parti di cui è composta, senza davvero riuscire mai a fonderle. Vi sono alla base idee innegabilmente accattivanti, a cominciare dal titolo, ma forse sono troppe. il Tiz punta più sui risvolti onirici della vicenda che sulla coerenza della sceneggiatura, portando a casa la pagnotta e poco più. Da ricordare comunque perché è la prima storia (dopo 12 anni, dice lo stesso Dylan) in cui in teoria apparirebbe il soprintendente, anche se in realtà...

Curiosità: (1) La “vera” infanzia di Dylan sembra qui essere collocata negli anni ’60. Ne danno testimonianza la locandina di The Reptile (film della Hammer da noi conosciuto con il titolo La morte arriva strisciando) e il poster di Help! dei Beatles, album pubblicato nel 1965, in bella mostra nella seconda vignetta di pag. 8 (4° tavola). (2) Si conferma l’importanza del galeone nella vita di Dylan dato che compare nel mini-flashback dedicato alla sua “vera” infanzia (vedasi la già citata vignetta di pag. 8) in formato modellino, e a grandezza naturale nel maxi flashback dedicato a quella immaginata nella Londra di fine ‘800 (presumibilmente nello stesso luogo in cui lo avevamo già visto nei nn. 43 e 100).

BODYCOUNT: 8

TIMBRATURA: Sì (1, Marybel)

CITAZIONE: “Comunque a volte mi veniva quel pensiero, appunto… che fosse tutto immaginazione… un sogno…

VOTO: 6,5

Soggetto: Sclavi (114)

Sceneggiatura: Sclavi (121)

Disegni: Montanari & Grassani (31)

3 commenti:

  1. Per me, questa finisce sul podio delle peggiori di Sclavi: il soggetto è un guazzabuglio senza capo né coda, la sceneggiatura è di una prolissità allucinante: non sono mai riuscito a leggerla tutta in una volta, ma credo di non esserci riuscito nemmeno in due volte; ci vogliono almeno tre sessioni. Gravemente insufficiente, però è stata l’ultima volta che Sclavi mi ha deluso: da qui in poi, colloco le sue storie tra il discreto e l’ottimo. Per M&G, si tratta probabilmente del miglior lavoro sulla collana “Maxi”.

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    1. Concordo su quasi tutto, ma per me la storia la sufficienza la porta a casa.
      Invece per esclusione direi che la tua storia preferita dell'annata dovrebbe essere Il gigante.

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    2. Esatto: ovviamente non la metto al livello di “Golconda” e “La quinta stagione”, ma la considero comunque una valida chiusura di trilogia 😃 !

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