La solita vecchia storia. Una
ragazza ingenua, una canaglia senza scrupoli, un mucchio di banconote. Però,
stavolta c'è di mezzo Dylan Dog, e potete stare certi che l'indagine che gli
affida Georgine Timper perché le ritrovi il fidanzato, scomparso con tutti i
suoi risparmi, non è esattamente come una di quelle classiche avventure in
bianco e nero che hanno reso celebre la scuola dei duri alla Sam Spade e Philip
Marlowe. Qui, tra scommesse alle corse, debiti di gioco, gorilla spietati e
vicini di casa impiccioni, si annida il seme di un antico orrore. Un orrore che
è tornato, dopo secoli, a esigere il suo tributo di sangue!
Ecco una di quelle storie che ho
rivalutato in positivo con quest’ultima rilettura. Già con la precedente l’avevo
“promossa” con la sufficienza, ma ora mi sento di alzare ancora un po’ il voto.
Faraci si fa parzialmente perdonare dopo i tonfi di Un mondo sconosciuto
e Fantasma cercasi con una sceneggiatura leggera e frizzante che rende
piacevole la lettura. Le atmosfere “hard boiled” in Dylan Dog ci sono state
sempre bene (a partire dal mitico n. 6) forse perché Sclavi, quando ancora
stava progettando le basi della serie, aveva inizialmente pensato a un
detective stile “scuola dei duri”; mescolarle con l’horror fantasy/esoterico
(che invece è rimasto spesso indigesto ai lettori) sulla carta pareva un azzardo
che incredibilmente funzionicchia perché Faraci ha la saggia intuizione di spostare
il tutto sul piano dell’ironia, senza prendersi sul serio. I comprimari sono
azzeccati (su tutti, quella simpatica canaglia di Bart Starrell) e i tempi
giusti. Certo, per un ritorno in pompa magna di Stano ai disegni dopo quasi tre
anni di assenza mi sarei aspettato un albo “speciale”, ma con il precedente I misteri di Venezia al buon Angelo era andata anche peggio. Per me che adoro
il suo tratto “Schiele style”, rimasto sostanzialmente inalterato nel corso
degli anni, è comunque sempre una festa. Qui fa un ottimo lavoro sulle
espressioni dei personaggi e sui primi piani, perde invece qualcosa nella parte
finale con l’entrata in scena di Orkam e delude per la copertina, sempre a sua
firma.
Curiosità: (1) Sono tantissimi gli omaggi alla letteratura pulp-noir inserite da Faraci nella storia, a partire
dal titolo dell’albo che è lo stesso del primo romanzo di Raymond Chandler e dagli
“intertitoli” Finestra sul vuoto e Addio, mia amata che
corrispondono a quelli dei romanzi successivi dello scrittore originario di Chicago. (2)Si dice che il personaggio di Georgine Timper sia ispirato a… Paola Barbato!
BODYCOUNT: 6
TIMBRATURA: No
CITAZIONE: “E’ uno sporco
lavoro… ma qualcuno deve pur farlo”.
VOTO: 7
Soggetto: Faraci (11)
Sceneggiatura: Faraci (11)
Disegni: Stano (12)

Sta sulla falsariga di "La casa dei fantasmi": il soggetto non è per nulla interessante, ma poi la storia è scritta benissimo e quindi la lettura si rivela moderatamente gradevole.
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