Molti di noi, almeno una volta
nella vita, hanno sperimentato l'orrenda sensazione di non esistere agli occhi
degli altri, come se fossimo diventati improvvisamente invisibili e
intangibili. Ebbene, Dylan Dog e altri quattro casuali compagni di avventura si
trovano a condividere l'orrenda esperienza di essere vivi in un mondo che muore
lentamente, imprigionati in una zona della città dove la gente ripete
ossessivamente le stesse azioni senza fermarsi mai. Forse Dylan, senza volerlo,
ha attraversato un varco dimensionale? O forse sta soltanto scortando quattro
anime dannate verso il girone più terribile dell'Inferno, il settimo, quello
riservato agli assassini?
Paola Barbato aveva già realizzato
un soggetto su Dylan imprigionato in realtà alternative e circolari per il n.
163 della serie regolare, Il mondo perfetto, albo che però la
sceneggiatura minimalista ad opera di Sclavi rendeva molto diverso e più
accessibile di questo n. 202. Qui al contrario abbiamo un accumulo di
informazioni, alcuni delle quali tentano di depistare il lettore: dal serpente
Samael (rinvenuto sul libro di un chiromante!!), all’uroboro, al settimo
cerchio infernale dantesco degli assassini (che regala impropriamente il titolo
all'albo) fino ad arrivare alla mitologia greca con le Tre Parche. C’è anche l’immancabile Stephen King tra le
fonti di ispirazione della storia, come ci viene rivelato nell’Horror Club
(inedito), da individuarsi nel racconto I langolieri, contenuto nell’antologia
Quattro Dopo Mezzanotte (Four past midnight, 1990). Il mood
serio-tragico dell’albo viene rimesso in discussione dal finale che rivela la
sua natura di divertissement e propone qualcosa di nuovo rispetto al solito
inferno burocratico governato dal direttore “duefacce” che altri autori hanno
tirato fuori come deus ex machina quando non sapevano più dove
arrampicarsi. Il difetto arriva invece dove non te lo aspetteresti da Barbato,
ovvero nella caratterizzazione dei personaggi, che rimangono bidimensionali,
quasi più a rappresentare una categoria che a reclamare la propria
individualità di comprimari. Se non altro il ragazzino razzista rappresenta una
sorta di inedito nella serie. Roi ai disegni era ancora un bel vedere, ma il
suo tratto qui risulta standardizzato, privo dei picchi del passato: basti
vedere l'evocativa immagine grande a pag. 68 o la doppia tavola onirica alle
pagg. 44-45. Fossero state ai tempi di Mefistofele o anche, senza tornare
troppo indietro, de La morte rossa sono sicuro che sarebbero stare realizzate
in maniera diversa, molto più curata, con potenzialità da capolavoro su carta.
Però le Parche sono rappresentate in modo davvero inquietante (vedasi in
particolare ultima vignetta di pag. 97). Copertina pittorica di Stano
fuorviante come il titolo, ma molto bella, ispirato a I dannati, uno degli affreschi realizzati da Luca Signorelli nella cappella di San Brizio nel duomo di Orvieto.
Malgrado un certo fastidioso
moralismo di fondo la ritengo una storia pienamente riuscita, ma su temi
affini preferisco di gran lunga la libertà chiaverottiana di albi come Laclessidra di pietra o Il Confine.
Curiosità: Riporto da Wikipedia,
quindi con tutte le attenuanti del caso, che Samael o Samaele (in ebraico סמאל;
veleno di Dio) secondo la religione cristiana è un arcangelo; nella tradizione
Talmudica e post-Talmudica, ha il ruolo di accusatore, seduttore e distruttore,
spesso associato all'angelo della morte (Azrael). Per quanto riguarda la sua
forma di serpente, su diversi siti si legge che secondo alcuni studiosi fu proprio
Samael a tentare Eva.
BODYCOUNT: 5
TIMBRATURA: No
CITAZIONE: “Quattro angeli
della morte come compagni di viaggio… per il barcaiolo che li ha traghettati in
questo inferno”
VOTO: 7,5
Soggetto: Barbato (16)
Sceneggiatura: Barbato (15)
Disegni: Roi (39)

La seconda storia della serie mensile in cui non compare Groucho! Non la amo molto: citazioni sulla “Divina commedia” riportate in maniera approssimativa (per esempio, il settimo cerchio non è quello degli assassini, ma quello dei violenti in generale, di cui fanno parte anche altre categorie), personaggi mal caratterizzati (il ragazzino razzista appare persino innaturale nella sua esageratezza) e dialoghi piuttosto scialbi.
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