lunedì 11 settembre 2023

Dylan Dog #124 - Il picco della strega

 

Tre ragazze scomparse nel nulla, e, all'improvviso, Darkness diventa il centro dell'universo. Un paese dimenticato tra i boschi della Cornovaglia ha trovato la sua sinistra gloria grazie a Witch Peak, una guglia di roccia circondata da forze maligne. Intorno al Picco della Strega, si consumano omicidi, fantasie perverse, inganni e sparizioni. Ma la verità si perde nelle crepe della pietra, come il mormorio del vento...

Il 1997 si apre nel segno di Chiaverotti, anche se l’apporto del buon Claudio alla causa dylaniata risulterà drasticamente ridotto rispetto alle annate immediatamente precedenti; d’altronde un anno e mezzo dopo avrebbe visto la luce una serie tutta sua, il fantasy post-apocalittico Brendon, cui dedicherà tempo e sforzi lavorativi.

Passando all’albo in questione, anticipo subito che la sceneggiatura soffre dello stesso difetto già riscontrato nel #96 La sfida, sempre a firma Chiaverotti. Tutto quanto di positivo c’è nello script (un incipit costruito davvero bene, un’atmosfera intrigante, tante possibili soluzioni suggerite per stimolare l'interesse del lettore) viene infatti vanificato da un finale insostenibile. Non che sia l'unico difetto. Ad esempio, ho trovato del tutto fuori contesto l'incontro nell'aldilà tra Ingrid e il macellaio (quasi un’autocitazione di Partita con la morte) e poco corretti nei confronti del lettore i finti flashback e la sequenza del giornalista attaccato dal "vento". Ma resta quello più macroscopico e fastidioso. Rischiava di finire banalmente come un tradizionale slasher e invece finisce peggio. Fortunatamente sono presenti anche cose decisamente più riuscite come gli agnellini, le frasi delle ragazze, le ipotesi pensate da Dylan, le battute di Groucho a distanza e soprattutto l'inquietante Picco della Strega ben rappresentato da Freghieri tra vento, ombre, pietre antropomorfe e misteriosa nube purpurea (omaggio al romanzo The Purple Cloud di P.M. Shiel). Al disegnatore piacentino, che firma qui, in my honest opinion, una delle sue prove dylaniate migliori, va l’enorme merito di essere riuscito a trasporre su carta quell’aura di magia, mistero e fascino che caratterizza il modello cinematografico di riferimento (dichiarato) dell’albo, ovvero Picnic ad Hanging Rock (1975, di Peter Weir), chiudendo il suo splendido lavoro con un’ultima pagina malinconica e suggestiva. Sulfurea e minacciosa, invece, la copertina di Stano il cui concept ammicca più al titolo che al contenuto dell’albo.

Facendo una media tra pro e contro lo giudico sufficiente. La prima volta che lo lessi mi piacque molto di più forse influenzato dalla citazione del film di Weir, che è tra i miei favoriti. E’ forse superfluo ribadire che un finale diverso avrebbe aumentato vertiginosamente il mio livello di gradimento.

Curiosità: (1)A pag. 48, terza vignetta, il macellaio sembra essersi fatto la barba rispetto alle apparizioni precedenti. Ma nella pagina successiva l’ha di nuovo incolta! (2) A Chiaverotti in quel periodo piaceva evidenziare degli elementi apparentemente rilevanti e poi del tutto inutili ai fini della trama: dopo gli occhiali ne Il Monastero, ecco qui i guanti a pag. 56 (penultima vignetta). (3) Sulla Post (inedito) viene annunciato il calendario 1997 di Max dedicato a.. Dylan Dog! Impreziosito da 13 disegni di Angelo Stano e una canzone di Tiziano Sclavi.

BODYCOUNT: 4

TIMBRATURA: Sì (1, Ingrid)

CITAZIONE: “Il dolore è la sola cosa che avvicina al buio.. e io lo conosco, il buio.. è come il ventre del nulla.. dove si nasce e si muore.. sempre soli..”

VOTO:  6

Soggetto: Chiaverotti (45)

Sceneggiatura: Chiaverotti (46)

Disegni: Freghieri (16)

1 commento:

  1. Quest'albo mi fa impazzire, in senso positivo: lo adoro proprio.

    Mi è piaciuto tutto: la suggestiva ambientazione, l'aria di profonda malinconia che pervade tutta la storia, la caratterizzazione dei personaggi e pure la scena nell'aldilà (che a te non è piaciuta).

    Fantastico Freghieri, che rende graficamente concreta quella cappa di malinconia che citavo poc'anzi. Non da meno la copertina di Stano, che si giova di una colorazione sopraffina.

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