Crossbones, un piccolo paese
tra Londra ed Edimburgo. Un piccolo paese dove sono scomparse già tre persone.
Ferito e confuso dopo un incidente d'auto che stava per costargli la vita,
Dylan viene raccolto da due strane gemelle, diversissime per carattere ma unite
dallo stesso tragico passato. Daisy e Queen lo hanno salvato, certo, ma neppure
il nostro Indagatore saprebbe dire se è loro ospite o loro prigioniero.
Intanto, un bizzarro giornalista tedesco sta indagando sul mistero del Mostro
di Crossbones…
Dopo aver
superato anche il traguardo dei duecento albi, Dylan Dog non si ferma (non come
il sottoscritto le cui pause sono sempre imprevedibili) e lo fa con una storia che
vede De Nardo abbandonare momentaneamente le atmosfere fantasy a lui familiari
per esplorare i territori del giallo. Il modello di riferimento dichiarato dall’autore
per il soggetto è “La notte brava del soldato Jonathan” (The Beguiled,
1971), diretto da Don Siegel, con protagonista un ancora giovane Clint
Eastwood. Si avverte però distintamente anche una possibile influenza da Misery,
il romanzo di Stephen King trasposto per il grande schermo nel 1990 da Rob
Reiner. Tale fonte di ispirazione è stata tuttavia sorprendemente disconosciuta
da De Nardo (*), il quale ha negato di aver visto al tempo il film di Reiner o
letto il libro del “Re del Maine”, nonostante proprio nell'Horror Club del n.
201 (inedito) si legga che la storia “sembrerebbe ispirata a uno dei più bei
romanzi scritti dall’inarrivabile Stephen King, e precisamente Misery [..], ma
non lasciatevi ingannare: è assolutamente vero!”. E nell’Horror Club del n.
202 viene pure ribadito che “la volta scorsa l’omaggio di Peppe De Nardo a
Misery era lampante e tuonante”. Al
di là di queste diatribe, ci troviamo di fronte a una sceneggiatura dal ritmo
serrato, che scorre via liscia e sulla quale aleggia un certo dejà vù che
rievoca analoghe o simili situazioni dylaniate sul tema del doppio, anche se De
Nardo ce la mette tutta per distinguersi, riuscendovi solo in parte. Bisogna
però rendergli merito che il dubbio Daisy-Queen resiste fino alla fine. Il
personaggio del giornalista tedesco (il cui nome Zifferblatt in tedesco
significa “Quadrante”) me lo sarei tenuto in serbo per altre occasioni. Qui pare
un pesce fuor d'acqua, considerato che non è più di una macchietta che introduce
momenti di comicità in un mood che dovrebbe restare il più teso e drammatico
possibile. E poi perché non fare accettare a Dylan il suo incarico per poi
farcelo finire dentro per puro caso? Mari ai disegni meno convincente di altre
occasioni per quanto riguarda le proporzioni dei corpi dei personaggi che qui
sono "ballerine" più di Giuda: vedasi Stone che in alcune vignette
appare magro e in altre obeso. Ottimo come sempre invece quando si tratta di esprimere
la follia sui volti o far risaltare sguardi allucinati (al netto di inguardabili
frangette). Molto bello il primo piano di Dylan in copertina.
BODYCOUNT: 3
TIMBRATURA:
No
CITAZIONE: “Ci
siamo solo tu e io. Queen è un’invenzione della tua mente… O, forse, tu lo sei
della sua…”
VOTO: 6,5
Soggetto: De
Nardo (8)
Sceneggiatura:
De Nardo (8)
Disegni:
Mari (11)
(*)Sul
forum di cravenroad7.it l’utente elcruzado nella discussione dedicata all'albo cita come fonte il “MAKING OF n. 4”,
collana Dylan Dog, pubblicato nel 2007 dalla IF Edizioni, su cui è riportata
una dichiarazione di De Nardo in tema di citazioni dylaniate.

Urca, mi sono accorto solo ora che hai ripreso il blog: io, nel frattempo, sono arrivato al n. 252!
RispondiEliminaA me questa storia è tutto sommato piaciuta: non ho mai fatto caso alle proporzioni sbagliate di Mari (andrò a rivedermele), ma ho apprezzato davvero tanto l’espressività dei volti.
Non ti ho avvisato stavolta. Aspettavo di vedere se te ne accorgevi 😀
RispondiEliminaOgni tanto controllavo se avessi ripreso: la fede non è mai venuta meno 😁 .
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