La vita scorre placida a Inverary, lenta e limacciosa come acqua di
palude. Mabel Carpenter vive un'angoscia silenziosa mentre i giorni si
inseguono pigri... È sempre uguale? Si ripete all'infinito questa stessa
recita di ogni giorno? Non è una personale ossessione la sua, perché
c'è qualcosa di strano nelle nebbie del paese. Qual è il segreto che il
dottor Hicks nasconde tra i suoi alambicchi? Perché nessuno nasce e
nessuno muore nell'eterna quiete di Inverary?
Primo viaggio
di Dylan nella Zona del Crepuscolo, il confine ove regna l’illusione che la
morte si possa fermare, l’ultimo alito di vita dilatato all’infinito. Sclavi
svela le carte fin dal prologo, un classico destinato a ripetersi nei sequel (evitabili)
di questo #7, con qualche piccola variante. Oltre alla cliente del mese, vi
compaiono infatti il Signor Belknap e la Signora Long, chiaro omaggio allo
scrittore americano Frank Belknap Long il cui romanzo breve In una piccola città, o meglio, la
copertina dell’edizione Urania dello stesso, realizzata dal grande Karel Thole è la
fonte di ispirazione per la rappresentazione grafica dell’”esfoliazione” degli
abitanti di Inverary (in particolare proprio del bibliotecario Belknap), su cui
peraltro M&G si erano già in qualche modo esercitati nel #3 . La storia è
liberamente (e pesantemente) debitrice del film Morti e sepolti (1981)di Gary Sherman, almeno fino a 2/3 dell'albo,
quando, capolavoro nel capolavoro, entra prepotentemente in scena il "Valdemar" illustrato di Poe,
preceduto da una lezione sul mesmerismo; Poe, che tra l’altro viene omaggiato dal
titolo del sub-capitolo finale I vivi e i
morti come l’omonimo film di Roger Corman, il regista-produttore che dedicò
un intero ciclo di pellicole alla trasposizione delle opere dello scrittore originario
di Boston . La parte finale è un po’ lenta, anche se il mega-spiegone conclusivo
non è di quelli che fanno addormentare il lettore, anzi, è uno dei momenti più
malinconici e drammatici della serie. Una vita eterna sempre uguale a se stessa
è forse ciò che a Sclavi fa più orrore, com’è intuibile dalla reazione sgomenta
di Dylan. Lo sosteneva già nel #1 e lo teorizzerà più volte in futuro. Inverary
non si discosta poi molto da uno dei tanti Inferni come quelli raccontati nel
#46, forse più un purgatorio in terra, ma la sostanza non cambia; d'altronde è
Charon/Caronte il traghettatore del lago che separa la civiltà dall’oasi di
non-morte. Viene citato ancora una volta
il “famoso” (così lo definisce Groucho che vorrebbe saperne di più) padre di
Dylan: fu lui a distruggere il laboratorio che Xabaras, sotto le pseudonimo di
Dottor Vergerus, aveva costruito a Inverary. Grandi premesse di un passato che
in futuro non sarà svelato così come si poteva ipotizzare all’inizio. Continua
quindi la sfida a distanza con Xabaras, le cui scoperte scientifiche sulla
conservazione delle cellule umane verranno utilizzate dal Dottor Hicks non per scopi
malvagi ma semplicemente per ricostituire i corpi dei suoi concittadini
mesmerizzati. Dylan fa la morale a Hicks, ma anche lui si
trova a dover affrontare un dilemma etico quando decide di abbandonare nel
gorgo il corpo apparentemente senza vita di Mabel; in compenso non si fa alcuno
scrupolo a farsi un doppio giro di scotch per il secondo albo consecutivo. Qui,
dopo l’esperimento estero del #3, assistiamo, inoltre, alla prima vera gita
fuori porta di Dylan e Groucho nella brughiera inglese ove si perderanno quasi
immancabilmente nel fitto della nebbia mentre sono alla ricerca di qualche
ameno paesello di provincia, pardon, contea. L’ambientazione strizza l’occhio
anche alle pellicole della Hammer, la famosa casa di produzione britannica
specializzata in gotic-horror, citata anche da Charon che afferma di aver
acquistato il suo vascello proprio da quest’ultima; depongono in tal senso la
torre di Vergerus, il pipistrello e lo stesso abitato di Inverary. Anche la
dissoluzione in polvere di Terence Carpenter richiama, alla lontana, la sorte
del conte interpretato dal mitico Christopher Lee, in Dracula il vampiro, uno dei più grandi successi della Hammer. Azzeccata
la scelta di Montanari&Grassani ai disegni: con loro lo splatter è sempre
(ben) servito, qui in dosi piuttosto massicce. Tra le sequenze migliori citerei
Mark trafitto dalle sbarre d’acciaio, i corpi martoriati degli abitanti di
Inverary che emergono dalla nebbia e soprattutto Terence che si strappa la
faccia (a pag. 55), come Freddy Kruger in Nightmare-Dal
Profondo della notte. Il dinamico duo si difende molto bene anche nei primi
piani. Copertina di Villa tra le più note della serie; il lembo di pelle
penzolante dal viso del Sig. Carpenter a un’occhiata distratta sembra quasi la sua
mano sinistra.
CURIOSITA’: (1)Per la prima volta
Dylan aggiorna il suo diario. (2)Il dottor Hicks ha un fratello di cui faremo
conoscenza pochi mesi dopo, anche se il grado di parentela verrà svelato solo
più avanti. (3) Lo pseudonimo di Dottor Vergerus adottato da Xabaras è preso in prestito dall'omonimo personaggio intepretato da Gunnar Bjonstrand nel film Il Volto di Ingmar Bergman, pellicola che non a caso affronta anche il tema del mesmerismo.(4) Il titolo dell'albo rimanda alla celebre serie TV The twilight zone da noi conosciuta come "Ai confini della realtà".
BODYCOUNT: 1
TIMBRATURA: No
CITAZIONE: “Solo che nella zona del crepuscolo non si muore.. E’ la banalità
sublime.. l’inutilità eretta a sistema.. il nonsenso totale.. l’idea di dover
morire fa sì che ci affanniamo per trovare uno scopo all’esistenza.. eliminata
quell’idea anche l’affanno scompare..”
VOTO: 10
Soggetto: Sclavi (7)
Sceneggiatura: Sclavi (7)
Disegni: Montanari&Grassani (2)
Sto rileggendo “In una piccola città”, di cui non ricordavo più nulla, e in effetti l’unico aggancio con quest’albo è la copertina: il contenuto del romanzo è totalmente differente. Mi sa che all’epoca lo avevo comprato pensando di ritrovarmi una storia sulla falsariga di “La zona del crepuscolo”, invece è un romanzetto di fantascienza scorrevole ma poco entusiasmante: mi mancano però una dozzina di pagine, vediamo come andrà a terminare.
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