È tornato! Il più celebre dei serial killer, il più sfuggente degli
incubi cammina ancora nella nebbia londinese… e ancora uccide! Jack lo
Squartatore risorge come uno spettro evocato da incauti occultisti e
l'ispettore Bloch non sa che pesci prendere. Come fermare la mano di un
fantasma? Dylan Dog indaga sospettoso… Dietro la maschera di Jack si
nasconde forse un assassino in carne e ossa?
Albo di
importanza seminale con cui Sclavi traccia le basi del manuale per elaborare
una perfetta storia gialla per Dylan Dog:
- prendi un pugno di personaggi, usane uno come
capro espiatorio e allontana i sospetti del colpevole;
-
suggerisci una pista soprannaturale, vera o
presunta (meglio se vera);
-
usa elementi del giallo classico alla Agatha
Christie (omaggiata anche dal cognome di uno dei personaggi), compreso fornire
al lettore gli strumenti per risolvere il caso;
- inserisci componenti dello spaghetti-thriller di
(non solo) argentiana memoria (i guanti di pelle, le armi bianche, le uccisioni
efferate e la “coreografia” delle medesime, il particolare/colpo d’occhio
rivelatore che il protagonista non riesce a mettere a fuoco, l’omicidio in
apertura di una medium come in Profondo
Rosso) lo spiegone finale (meglio se per bocca dell’assassino).
Un canovaccio apparentemente semplice, in
seguito abusato soprattutto nel periodo “rujano”, ma che in mano ad altri
autori non ha (quasi mai) funzionato. Abuso che è la probabile causa della
sottovalutazione dei meriti di quest’albo che invece è lodevole sotto diversi
aspetti. La sceneggiatura, oltre ai sopraindicati elementi, rispetta dei tempi
pressoché perfetti nello scandire la narrazione ed è arricchita da classici
elementi squisitamente horror: fulmini, presunti fantasmi, decapitazioni,
statue di cera che prendono vita e un serial killer che imperversa per le
strade di Londra come non accadeva, appunto, dai tempi di Jack lo Squartatore.
Nel movente dell’assassino è invece possibile rinvenire una, forse non casuale,
analogia con quello del romanzo La serie
Infernale della già citata Christie: una “catena di omicidi senza senso per
nasconderne uno solo sensato”. Sclavi ripropone ancora uno dei suoi cavalli di
battaglia, “l’ultimo pensiero” di una delle vittime di turno: dopo Archibald
Potter, lo sfortunato anatomo-patologo del #1, stavolta tocca alla ricca e
annoiata Elizabeth Dewey rivelare l’ultima cosa che le passa per la testa in
punto di morte (paradossalmente “il
calore della vita”). Nel contempo si affina la caratterizzazione di Dylan,
più vicina a quella odierna rispetto a quella un po’ grezza dell’esordio, e si
arricchisce il suo background: scopriamo il suo passato da ex agente di
Scotland Yard e (finalmente) la sua amicizia con Bloch. Qui lo vediamo
investigare attivamente, anche con metodi poco ortodossi (rompe i sigilli della
polizia), dimostrando però solo in parte che, come sostiene Bloch, anche come
normale detective “poteva diventare il migliore” visto che all’identità del
colpevole arriva quasi fuori tempo massimo. Lo vediamo tornare al cinema a
vedere un horror, per onorare la tradizione inaugurata con il primo numero, ma
anche bere la birra, poi sostituita nelle ristampe recenti, ahimè, da
un’innocua aranciata; onestamente mi piaceva che negli albi più vecchi Dylan
non fosse un astemio così integerrimo. A proposito di Bloch, il suo personaggio
viene qui introdotto definitivamente nella serie, dopo la comparsata dell’”Alba”. Ci appare in forma smagliante,
come pochissime altre volte. Un gigante. Viene definito un ottimo poliziotto e
non a caso Lord Dunsany lo ritiene degno di rispetto. Si dimostra più incline
al sentimento che alla ragione e, per la prima di innumerevoli volte, perdona a
Dylan qualcosa, pur non mostrando ancora apertamente la sua “debolezza” nei
confronti dell’indagatore dell’incubo. Per la prima di centinaia di altre volte
vengono, inoltre, tirate in ballo la pensione minacciata dall’ira del
soprintendente, l’ avversione per il sangue (al di là di quella già palesata
per i cadaveri) e la cosa X che Bloch
non fa dall’anno 19XX (in questo caso
non ride dal ’48!). In formissima anche Groucho, tra improbabili travestimenti
da donna e battute a raffica (alcune delle quali celeberrime, come quella della
pipì della farfalla); dal #1 importa ancora un po’ di lucidità: verso la fine, il precipitare
degli eventi gli fa passare l’ispirazione comica). Merita una menzione la
disinibita cliente di turno, Jane, apparentemente “stupidina” e svampita, ma in
realtà cinica e spietata; personaggio riuscitissimo a confronto delle sbiadite
sciacquette viste in tempi più o meni recenti. Vero fiore all’occhiello della
storia è però il gran finale al museo delle cere, con la statua di Jack che
prende vita, tra i migliori dell’intera serie. Notevoli i disegni
dell’argentino Gustavo Trigo che realizza un Dylan dai lineamenti marcati, un
filo meno snello del solito, regalando tre sequenze claustrofobiche di
grandissimo impatto: il primo omicidio tra riflessi di specchi e vetrine, la
morte di Elizabeth con stanza deformata “alla Casertano” e il pirotecnico
finalone con Jack che si squaglia. Copertina di Villa, piuttosto esplicita e
d’impatto con Jack armato di mannaia pronto ad assalire Dylan e il cadavere di
una donna riverso sui bidoni della spazzatura, tra le mie preferite in
assoluto; parecchio distante dai canoni bonelliani, così come il gore e le nudità di cui Sclavi ha impregnato
le tavole sin dal numero 1.
Curiosità: (1)in
quest’albo appare per la prima volta la targa del maggiolone Dyd666. (2)All'inizio della storia si potrebbe ravvisare un flebilissimo accenno di continuity quando Groucho regala il clarino nuovo a Dylan; tuttavia, nel #1 è solo la custodia ad essere andata distrutta, mentre il nostro eroe è fuggito dalla villa di Xabaras portandosi via lo strumento sano e salvo.* (3)Sul Dylan Dog Diary è stata pubblicata una tavola di prova realizzata da Luigi Piccatto per questo #2 (l'omicidio di Sarah Sarandon). Evidentemente poi gli venne preferito Trigo. (4) La sequenza dell'omicidio di Lord Dunsany è un omaggio/riproposizione diretta di un'analoga scena presente nel fumetto L'appuntamento a Sevenoaks (1977) di Floc'h e Riviere.**
CITAZIONE: “…Fantastico! Il mio nome.. è.. Jack!.. Io
ero… sono… e sarò… sempre!”
VOTO: 8,5
Soggetto: Sclavi (2)
Sceneggiatura: Sclavi (2)
Disegni: Trigo (1)
*Si ringrazia Leprecano per la segnalazione.
**Si ringrazia Riccardo Stracuzzi per la segnalazione.
Anche a me il secondo DyD piace molto. E' purtroppo un po' bistrattato ovunque, non ho mai capito il perché, anche nelle recente "ristampa" de Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi è stato "misteriosamente" saltato, quando alla fine sono stati pubblicati tutti i primi (fondamentali) 10 numeri...
RispondiEliminaOnestamente non capisco come mai sia sottovalutato. Tra i primi 10 gliene metto dietro altri nella mia ipotetica classifica.
EliminaConcordo.
RispondiElimina