martedì 11 febbraio 2020

Dylan Dog #2 - Jack lo squartatore



È tornato! Il più celebre dei serial killer, il più sfuggente degli incubi cammina ancora nella nebbia londinese… e ancora uccide! Jack lo Squartatore risorge come uno spettro evocato da incauti occultisti e l'ispettore Bloch non sa che pesci prendere. Come fermare la mano di un fantasma? Dylan Dog indaga sospettoso… Dietro la maschera di Jack si nasconde forse un assassino in carne e ossa?


Albo di importanza seminale con cui Sclavi traccia le basi del manuale per elaborare una perfetta storia gialla per Dylan Dog: 

-       prendi un pugno di personaggi, usane uno come capro espiatorio e allontana i sospetti del colpevole;
-         suggerisci una pista soprannaturale, vera o presunta (meglio se vera);
-    usa elementi del giallo classico alla Agatha Christie (omaggiata anche dal cognome di uno dei personaggi), compreso fornire al lettore gli strumenti per risolvere il caso;
-       inserisci componenti dello spaghetti-thriller di (non solo) argentiana memoria (i guanti di pelle, le armi bianche, le uccisioni efferate e la “coreografia” delle medesime, il particolare/colpo d’occhio rivelatore che il protagonista non riesce a mettere a fuoco, l’omicidio in apertura di una medium come in Profondo Rosso) lo spiegone finale (meglio se per bocca dell’assassino).
 
Un canovaccio apparentemente semplice, in seguito abusato soprattutto nel periodo “rujano”, ma che in mano ad altri autori non ha (quasi mai) funzionato. Abuso che è la probabile causa della sottovalutazione dei meriti di quest’albo che invece è lodevole sotto diversi aspetti. La sceneggiatura, oltre ai sopraindicati elementi, rispetta dei tempi pressoché perfetti nello scandire la narrazione ed è arricchita da classici elementi squisitamente horror: fulmini, presunti fantasmi, decapitazioni, statue di cera che prendono vita e un serial killer che imperversa per le strade di Londra come non accadeva, appunto, dai tempi di Jack lo Squartatore. Nel movente dell’assassino è invece possibile rinvenire una, forse non casuale, analogia con quello del romanzo La serie Infernale della già citata Christie: una “catena di omicidi senza senso per nasconderne uno solo sensato”. Sclavi ripropone ancora uno dei suoi cavalli di battaglia, “l’ultimo pensiero” di una delle vittime di turno: dopo Archibald Potter, lo sfortunato anatomo-patologo del #1, stavolta tocca alla ricca e annoiata Elizabeth Dewey rivelare l’ultima cosa che le passa per la testa in punto di morte (paradossalmente “il calore della vita”). Nel contempo si affina la caratterizzazione di Dylan, più vicina a quella odierna rispetto a quella un po’ grezza dell’esordio, e si arricchisce il suo background: scopriamo il suo passato da ex agente di Scotland Yard e (finalmente) la sua amicizia con Bloch. Qui lo vediamo investigare attivamente, anche con metodi poco ortodossi (rompe i sigilli della polizia), dimostrando però solo in parte che, come sostiene Bloch, anche come normale detective “poteva diventare il migliore” visto che all’identità del colpevole arriva quasi fuori tempo massimo. Lo vediamo tornare al cinema a vedere un horror, per onorare la tradizione inaugurata con il primo numero, ma anche bere la birra, poi sostituita nelle ristampe recenti, ahimè, da un’innocua aranciata; onestamente mi piaceva che negli albi più vecchi Dylan non fosse un astemio così integerrimo. A proposito di Bloch, il suo personaggio viene qui introdotto definitivamente nella serie, dopo la comparsata dell’”Alba”. Ci appare in forma smagliante, come pochissime altre volte. Un gigante. Viene definito un ottimo poliziotto e non a caso Lord Dunsany lo ritiene degno di rispetto. Si dimostra più incline al sentimento che alla ragione e, per la prima di innumerevoli volte, perdona a Dylan qualcosa, pur non mostrando ancora apertamente la sua “debolezza” nei confronti dell’indagatore dell’incubo. Per la prima di centinaia di altre volte vengono, inoltre, tirate in ballo la pensione minacciata dall’ira del soprintendente, l’ avversione per il sangue (al di là di quella già palesata per i cadaveri) e la cosa X che Bloch non fa dall’anno 19XX (in questo caso non ride dal ’48!). In formissima anche Groucho, tra improbabili travestimenti da donna e battute a raffica (alcune delle quali celeberrime, come quella della pipì della farfalla); dal #1 importa ancora un po’ di lucidità: verso la fine, il precipitare degli eventi gli fa passare l’ispirazione comica). Merita una menzione la disinibita cliente di turno, Jane, apparentemente “stupidina” e svampita, ma in realtà cinica e spietata; personaggio riuscitissimo a confronto delle sbiadite sciacquette viste in tempi più o meni recenti. Vero fiore all’occhiello della storia è però il gran finale al museo delle cere, con la statua di Jack che prende vita, tra i migliori dell’intera serie. Notevoli i disegni dell’argentino Gustavo Trigo che realizza un Dylan dai lineamenti marcati, un filo meno snello del solito, regalando tre sequenze claustrofobiche di grandissimo impatto: il primo omicidio tra riflessi di specchi e vetrine, la morte di Elizabeth con stanza deformata “alla Casertano” e il pirotecnico finalone con Jack che si squaglia. Copertina di Villa, piuttosto esplicita e d’impatto con Jack armato di mannaia pronto ad assalire Dylan e il cadavere di una donna riverso sui bidoni della spazzatura, tra le mie preferite in assoluto; parecchio distante dai canoni bonelliani, così come il  gore e le nudità di cui Sclavi ha impregnato le tavole sin dal numero 1. 

Curiosità: (1)in quest’albo appare per la prima volta la targa del maggiolone Dyd666. (2)All'inizio della storia si potrebbe ravvisare un flebilissimo accenno di continuity quando Groucho regala il clarino nuovo a Dylan; tuttavia, nel #1 è solo la custodia ad essere andata distrutta, mentre il nostro eroe è fuggito dalla villa di Xabaras portandosi via lo strumento sano e salvo.* (3)Sul Dylan Dog Diary è stata pubblicata una tavola di prova realizzata da Luigi Piccatto per questo #2 (l'omicidio di Sarah Sarandon). Evidentemente poi gli venne preferito Trigo. (4) La sequenza dell'omicidio di Lord Dunsany è un omaggio/riproposizione diretta di un'analoga scena presente nel fumetto L'appuntamento a Sevenoaks (1977) di Floc'h e Riviere.**

BODYCOUNT: 6

TIMBRATURA: Sì (1: Jane)

CITAZIONE: “…Fantastico! Il mio nome.. è.. Jack!.. Io ero… sono… e sarò… sempre!”

VOTO: 8,5

Soggetto: Sclavi (2)
Sceneggiatura: Sclavi (2)
Disegni: Trigo (1)

*Si ringrazia Leprecano per la segnalazione. 

**Si ringrazia Riccardo Stracuzzi per la segnalazione.

3 commenti:

  1. Anche a me il secondo DyD piace molto. E' purtroppo un po' bistrattato ovunque, non ho mai capito il perché, anche nelle recente "ristampa" de Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi è stato "misteriosamente" saltato, quando alla fine sono stati pubblicati tutti i primi (fondamentali) 10 numeri...

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    1. Onestamente non capisco come mai sia sottovalutato. Tra i primi 10 gliene metto dietro altri nella mia ipotetica classifica.

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