sabato 6 dicembre 2025

Dylan Dog Gigante n. 14 - I cerchi nel grano

 

I "circlemakers" sono un gruppo di giovani artisti inglesi con il gusto dello scherzo. Sono loro a tracciare i famosi "cerchi nel grano", che le menti semplici attribuiscono, di solito, a presenze extraterrestri. Ma se i giovani burloni avessero, con le loro innocue messinscene, davvero scatenato la vendetta di una potenza che non è di questo mondo?

Seconda prova dylaniata per Bruno Enna che firma un Gigante a storia unica (il penultimo della testata) la cui piena riuscita è compromessa dall'eccessiva lunghezza. C'è un po' di tutto: dall'incipit in stile mockumentary, agli Ufo, ai demoni, alla magia della terra, ai flashback di horror rurale, al giallo. Testimonianza che la storia sia lievitata oltremodo rispetto a quelle che forse erano le intenzioni iniziali di Enna sono i tre epiloghi (di cui l’ultimo è quello che prediligo), preceduti da un lunghissimo spiegone finale. Insomma, quasi un'opera omnia sui “crop circles” che, a causa delle troppe pagine, si presenta sbilanciata e senza un vero climax, mostrando una pericolosa flessione nella rivelazione (occhio allo SPOILER) della geomante come killer di turno (FINE SPOILER). Eppure Enna dimostra di avere dimestichezza con le dinamiche del personaggio (come evidente già dal suo debutto dylaniato), anche se trovo delittuoso aver lasciato Groucho a Craven Road invece di portarlo in trasferta a dispensare ironia. Un Dylan ultrascettico si trova coinvolto in una rissa da bar e conteso tra una mora e una bionda, ma sceglie quest’ultima che aveva già in qualche modo conquistato nei suoi ricorrenti incubi. Stavolta tra l’altro è la cliente di turno, e non Dylan, ad essere tormentata dal “particolare che non riesce a mettere a fuoco” e che si rivelerà infine risolutivo. Malgrado il soggetto-minestrone che, visto il tema, sarebbe stato più adatto per Martin Mystère probabilmente, la sceneggiatura, pur appesantita, ha almeno il pregio di non annoiare. Se il focus fosse rimasto solo la "diavologia", tagliando la parte di esercito e ricerche pseudoscientifiche, avremmo probabilmente avuto storia di tutt'altra caratura, più compatta e onirica. Troviamo qui un Freghieri decisamente più in palla che nel contemporaneo L'inquilino misterioso, forse perché già rodato in materia di ambientazioni rurali e campi di grano con Il druido, pure quello un mix di horror e giallo (e c’era anche lì un tizio sulla sedie a rotelle!). ma anche qui mostra la corda a causa, credo, dell'elevato numero di tavole richiesto in un periodo per lui di sovrapproduzione. Se Dylan preferisce la bionda Alicia non vi è dubbio che Freghieri prediliga la mora Padma visto che ce la mette davvero tutta, riuscendovi, per esaltarne la sensualità. Il suo tratto, cui il grande formato giova, sa rendere molto affascinanti alcune tavole (es: pag. 78) e location (la chiesetta diroccata di San Michele) e sequenze (i fantasmi del passato). Gustosamente minaccioso il demone oversize che incombe su Dylan in copertina, peccato per i cerchi nel grano che risultano un po’ sacrificati.

Sufficiente.

BODYCOUNT: 12

TIMBRATURA: Sì (1, Alicia)

CITAZIONE: “Si è consumato lì, sotto i miei occhi. A volte mi sembra ancora di sentire il tanfo di carne bruciata. L’odore insopportabile della morte”.

VOTO: 6

Soggetto: Enna (2)

Sceneggiatura: Enna (2)

Disegni: Freghieri (43)

Uscita: novembre 2005


giovedì 4 dicembre 2025

Dylan Dog #230 - L'inquilino misterioso

 

Rhonda Mitchell è una bella ragazza con un grosso problema: è convinta che il Diavolo abiti nel suo condominio. In effetti, sotto l'apparente tranquillità di quell'anonimo palazzo di periferia, si nasconde qualcosa di tenebroso. Rhonda stessa è stata testimone oculare di inspiegabili avvenimenti: bambole che si animano, elettrodomestici che impazziscono... Ora, dopo il fallito intervento dell'esorcista di quartiere, Rhonda, a nome di tutti gli altri condomini, va a chiedere aiuto all'unica persona in grado di chiarire il mistero: Dylan Dog!

A un solo mese di distanza dalla sua peggior storia in assoluto, Masiero sorprende con quella che da molti, me compreso, è considerato il suo miglior lavoro dylaniato. E’ comunque un albo… strano, indefinibile, in cui la somma delle singole parti farebbe fatica a raggiungere la sufficienza. L'incipit, dopo la prima promettente pagina, sembra un'indagine come tante almeno fino a che Dylan non riesce a varcare la porta dell'appartamento del misterioso inquilino.  Da qui è come se il nostro entrasse in un’altra dimensione (più o meno è davvero così), con le maschere a rendere perturbante l'atmosfera settando il mood giusto per quel che succederà dopo. Tra l’altro quando Dylan ne indossa una è impossibile non pensare a La maschera del demonio. E’ però il lunghissimo flashback ambientato in una Londra vittoriana la vera carta vincente di Masiero, con rimandi indiretti alla leggenda di “Jack lo squartatore” e soprattutto a Lo strano caso del Dr. Jekyll & Mr. Hyde di Stevenson. Il culmine si raggiunge con l'arrivo del Dylan-Merrid a Gravy Lane e l'incontro-scontro con il Merrid-Dylan fino alla distruzione della maschera, tanto da rendere il finale banale e qui anticlimatico per quanto funzionale. Lo stesso Freghieri sembra credere di più nel flahback, dove riesce a tirare fuori alcune tavole notevoli come lo scorcio d’inferno a pag. 66 (guarda caso!). Nel resto invece l’artista piacentino pigia forte sull’acceleratore, quasi svogliatamente. Quella lì a pag. 26 sarebbe Madame Trelkovski??? Confrontandola con quella disegnata dallo stesso Freghieri in, che so, Frankenstein! non sembrano neanche parenti. Tra le sue prove peggiori. Invece Stano tira finalmente fuori una gran bella copertina, con l’inquietante Dylan senza volto e le maschere a riprodurre volti che lo osservano tra cui proprio il suo!

BODYCOUNT: 2

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Se non stessi per morire sarebbe buffo il fatto che non mi viene in mente nessun ultimo pensiero importante… Anzi non mi viene proprio da pensare… a niente…”

VOTO: 7

Soggetto: Masiero (5)

Sceneggiatura: Masiero (5)

Disegni: Freghieri (42)

Uscita: novembre 2005


martedì 2 dicembre 2025

Dylan Dog Fuoriserie - Dagli abissi del tempo

 

Quando la caccia si conclude, la minaccia pare scongiurata… tutto ritorna alla normalità e gli eventi riprendono il loro corso fino a quando, dalle profondità del tempo, riemerge l'orrore!

Ultimo appuntamento con gli inediti a colori pubblicati in coda alle ristampe degli Speciali su cartonato gigante Mondadori che, presumo per scarse vendite, non verranno più riproposte negli anni successivi. Come nella maggior parte degli appuntamenti immediatamente precedenti, questa breve storia rappresenta un seguito diretto, anzi direttissimo in questo caso, dello Speciale cui si accompagna, Sulla rotta di Moby Dick e vede il ritorno degli stessi autori, Faraci e Brindisi. Ritroviamo Dylan a bordo di una danneggiata “Pequod II”, insieme ai compagni di viaggio sopravvissuti, ma non è più la celebre balena bianca il pericolo che incombe, bensì un calamaro gigante. Sostanzialmente si tratta di una storia assolutamente pleonastica che però si lascia leggere. Per quanto riguarda i disegni, Brindisi sono meno incisivi rispetto a quelli dello Speciale n. 15, ma riescono comunque a riportarci alle stesse atmosfere.

Curiosità: La storia è stata ristampata su Super Book n. 47 e nella collana “Il nero della paura”, pubblicata in collaborazione con la Gazzetta dello Sport, nel mese di gennaio 2017.

BODYCOUNT: 1

TIMBRATURA: No (quasi)

CITAZIONE: “Ho ritrovato qualcosa che appartiene a me… al mio tempo. Qualcosa che mi fa sembrare giusto trovarmi qui, adesso… E placa la mia rabbia… Il mio nemico”.

VOTO: 6

Soggetto: Faraci (14)

Sceneggiatura: Faraci (14)

Disegni: Brindisi (29)

Uscita: ottobre 2005


domenica 30 novembre 2025

Dylan Dog #229 - Il cielo può attendere

 

Non è affatto facile il mestiere di angelo, stiamo parlando di un vero angelo, con ali, tunica e aureola, specie se ci si ritrova a vivere in un mondo malvagio come il nostro. Puo' persino accadere di essere rapito e mutilato delle preziose ali. Insomma, al di fuori del paradiso è un vero inferno! A chi puo' rivolgersi un angelo per tornare a casa se non all'Indagatore dell'incubo?

Il titolo dell’albo è un esplicito omaggio all’omonimo titolo italiano del film Heaven can wait (1943) di Ernst Lubitsch, tuttavia la storia non ha nulla a che vedere con la pellicola del cineasta tedesco. In compenso Dylan ha avuto a che fare già in altre occasioni con angeli, presunti e non, alcuni pure con le ali tagliate come sostiene di esserlo l’Angel di questo n. 229 e come Saul, il biondo vendicatore co-protagonista de L’angelo sterminatore (e poi apparso in altre storie). Purtroppo se in Istinto Omicida Masiero era riuscito ad amalgamare discretamente (soprattutto per merito di Casertano) elementi ripresi da albi del passato, qui l’operazione nostalgia fallisce su tutta la linea. Non si salva niente, nemmeno il prologo. Troppo patetico il personaggio di Angel per suscitare qualunque reazione, figuriamoci compassione che vorrebbe essere lo scopo finale del soggetto. Solo l'ultima pagina, tra le peggiori di sempre, in cui Angel sembra un tizio qualunque seduto in contemplazione sulla tazza del cesso suscita al massimo grasse risate oppure, in alternativa, istiga alla distruzione fisica dell'albo. La sceneggiatura è senza coerenza, senza senso, mescola registri in totale contraddizione tra loro. Il "racconto nel racconto" con le cornicette, sperimentato con buon successo varie volte nella serie (a partire da Dal Profondo) è buttato lì giusto per fare il verso ai bei tempi che furono: è un vuoto tentativo di emulazione in cui neppure lo stesso Masiero sembra credere tanto appare fuori contesto. Sfogliando le pagine dell’albo ho ritrovato un Roi svogliatissimo, pallida imitazione di sè stesso, forse a causa di iperproduzione in quel periodo.  La pessima copertina di Stano mette la definitiva pietra tombale su un albo da dimenticare.

BODYCOUNT: non quantificabile

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Un demonio terribile che, attraverso me, voleva impossessarsi dei segreti degli angeli…”

VOTO: 4

Soggetto: Masiero (4)

Sceneggiatura: Masiero (4)

Disegni: Roi (44)

Uscita: ottobre 2005


venerdì 28 novembre 2025

Dylan Dog Special #19 - La Peste

 

Londra è impazzita! Un misterioso virus che provoca orribili trasformazioni fisiche sta mietendo numerose vittime. Corpi che si gonfiano come mongolfiere, che si liquefano come ghiaccio al sole, che rimpiccioliscono alla grandezza di un insetto. Il panico regna sovrano, la peste del terzo millennio è cominciata!

Speciale infinito, lunghissimo, a tratti insormontabile. Partendo dai disegni, qui Roi conferma il trend negativo imboccato negli albi immediatamente precedenti, anche se qualche zampatina di classe qua e là ancora la piazza, vedasi le vignette grandi di pag. 144 e pag. 156. Troppo poco per non rimanere delusi, considerato che con la peste, quella “vera” ci aveva saputo fare alla grande con La morte rossa, che aveva delle immagini evocative potentissime. Qui dato che la peste c'è praticamente solo nel titolo (il contagio è di tutt’altro genere), sarebbe stato forse più adeguato il tratto di Piccatto. Passando ai testi, carina l'idea (di Marcheselli e non di Barbato come invece detto nell’editoriale dello Speciale) di adattare “I promessi Sposi” al formato Dylan o viceversa e, pur con qualche forzatura, anche la chiosa finale della "Verità". Ma in verità vi dico che per un tema simile, mutazioni connesse, la storia avrebbe dovuto sbilanciarsi verso un tono più ironico e grottesco, forse anche più fantasioso a livello iconico (e grafico). Paola invece è più interessata a una sceneggiatura dylan-referenziale, anche quando il nostro non è in scena, recuperando all'uopo una coppia di personaggi (Murray e Amber) che francamente non avrebbero più dovuto avere nulla da dire dopo Il seme della follia per non rovinarne la resa drammatica, cosa che qui puntualmente avviene. Ciò non mi ha impedito comunque di apprezzare il giochino della riproposizione della reiterata e fondamentale scena dello Speciale precedente. Cameo di Xabaras inutile, se non per il discorso dell'applicazione della "Verità" anche a Dylan, in un finale che pare già un presagio di quello che ci saremmo dovuti sorbire nel ventennale. Anna Never, che torna nella serie dopo quasi sette anni (l’ultima apparizione, se non sbaglio, era in Polveredi Stelle), trattata malissimo per gran parte dell'albo, si riscatta solo parzialmente nel finale. In compenso alcuni personaggi di contorno si perdono completamente nella narrazione. Alla sufficienza la storia arriva, ma nulla più. Discreta la copertina di Stano a tema epidemiologico "classico".

Rileggendola oggi, tra contagio, strade deserte, balloon che parlano di mascherine, guanti e disinfettanti, è una storia che appare quasi tristemente profetica.

Curiosità: La filastrocca iniziale parafrasa in parte quella mitica di Attraverso lo specchio (vedasi citazione sotto).

BODYCOUNT: inquantificabile

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “La Peste che insidia, la Peste che agguanta, la Peste rivela e d’orrore t’ammanta. La Peste schifosa, la Peste lasciva, la Peste, la Peste che arriva!”

VOTO: 6

Soggetto: Barbato (24)

Sceneggiatura: Barbato (23)

Disegni: Roi (43)

Uscita: settembre 2005


mercoledì 26 novembre 2025

Dylan Dog #228 - Oltre quella porta

 

Nella sala d'aspetto di un ospedale Dylan Dog sta affrontando la sua prova più dura. Questa volta non si tratta di liberare una casa infestata, né di neutralizzare una legione di zombi e nemmeno di esorcizzare un demone infuriato. Questa volta l'indagatore dell'incubo non puo' fare altro che aspettare... Aspettare che la persona che giace sul lettino della sala operatoria, martoriata dai ferri di un chirurgo, vinca o perda la sua lotta per la sopravvivenza.

Storia divisiva se ce n’è una. C’è chi la ama, c’è chi la odia, chi non la capisce, chi rimane indifferente, chi la ritiene superflua o priva di senso. Io appartengo alla prima categoria. Quando la lessi all'epoca dell’uscita fu come un cazzotto dritto e inaspettato nello stomaco. Non solo emoziona, coinvolge, sorprende e colpisce come poche altre storie dylaniate, ma alla fine lascia un senso di tristezza e di vuoto che è merce rara. Come fosse leggere l'ultimo albo di Dylan, una sorta di grande arrivederci. Autoreferenziale e metafumettistico all’ennesima potenza, certo, ma per me è e resta un capolavoro. Non c'è un dialogo, una battuta, una didascalia che non sia pregna di significato, non una tavola che sia fuori posto. Obbliga il lettore a sforzarsi di usare le celluline grigie, divide i pareri, può piacere o non piacere o anche farti indignare per aver buttato via i soldi, ma lo ricordi. Lo ricordi. Non ti lascia indifferente, come altri albi anonimi venuti prima e (soprattutto) dopo che si dimenticano subito dopo averli richiusi. Sul significato si è speculato tantissimo sulle pagine di internet, ma ho sempre ritenuto non necessario sapere chi davvero ci sia… oltre quella porta. Se poi vogliamo entrare nel campo delle ipotesi, io nel misterioso morente ci ho sempre visto un po' di Sclavi, molto di Barbato e un po' di un generico Autore-Creatore omnisciente del personaggio. Con la fantasia si può ipotizzare di tutto: Sclavi potrebbe essere tanto il morente in procinto di mollare quanto Xabaras che avrebbe il siero/la capacità per salvare la serie ma si tira indietro. Marcheselli potrebbe essere il chirurgo che cerca di tamponare il personaggio/la serie morente. E chi più ne ha più ne metta. L'importante è tutto quello che viene prima, le riflessioni sul protagonista, i comprimari, il loro modo di interagire, le meccaniche della serie ormai così consolidate dal "vivere" indipendentemente dalla volontà del proprio creatore e dagli sceneggiatori che vi mettono mano. Ma anche il modo incalzante in cui la sceneggiatura è scritta, che ti fa credere prima che sotto i ferri ci sia Groucho, poi Bloch… fino a quando entra in scena lei, il grande amore perfetto e definitivo di Dylan, ma anche la sua occasione persa… ovvero la ragazza vista nello Speciale n. 11 Il treno dei dannati (che non viene però espressamente richiamato). E’ qui che Barbato entra più esplicitamente nel personale, palesando la sua insofferenza verso la “donna di turno”, dopo aver già prima espresso la sua difficoltà nel comprendere e gestire Groucho (una difficoltà che hanno avuto un po’ tutti gli autori, Sclavi escluso) e il suo “debole” per Bloch. Passando ai disegni, per me Piccatto offre qui una delle sue prove più riuscite in assoluto, sicuramente la migliore tra quelle realizzate post primi 100. L’artista piemontese si dimostra capace di “cambiare pelle” ed adattare il suo stile alle esigenze dei diversi tipi di flashback che compongono l’albo come un mosaico, prendendosi alcune licenze nei confronti della “gabbia bonelliana” (stupenda pag. 95, con la composizione “fotografica” delle vignette in stile vecchie cartoline). Perfetto il lavoro sulle espressioni dei personaggi, fondamentale in una storia come questa che gioca molte delle sue carte sul piano emozionale. Solo la copertina non rende pieno omaggio a questo capolavoro che però non mi sento di consigliare a tutti, soprattutto a chi cerca avventure più "tradizionali" dell'indagatore dell'incubo.

Curiosità: (1)Sulla ristampa uscita nel 2008 è stato pubblicato un finale alternativo della storia, più ermetico, quello originariamente concepito da Paola Barbato (cambiano solo le didascalie dell’ultima pagina). La ristampa è ormai esaurita sul sito della Bonelli, il n. 228 è disponibile per la vendita solo in versione “Collezione Book”, ma ignoro quale dei due finali vi sia stato pubblicato.  (2) Le didascalie delle prime due tavole, fino a “ …questi suoni: nonostante la nebbia” sono una citazione-omaggio all’incipit del romanzo Misery di Stephen King. Una citazione che potrebbe costituire un’ulteriore chiave di lettura dell'albo, una delle tante: l"autore" (Sclavi?) che vuole abbandonare la creazione che l'ha reso celebre? (3)A proposito di Sclavi, nell’Horror Club (inedito) veniva annunciato che il Tiz era al lavoro su una nuova sceneggiatura di Dylan Dog.

BODYCOUNT: 0

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Di fronte a uno spettacolo meraviglioso pensiamo che questo lascerà un segno indelebile nella nostra anima… ma già al secondo sguardo riusciamo a cogliere solo metà della sua bellezza”.

VOTO: 10

Soggetto: Barbato (23)

Sceneggiatura: Barbato (22)

Disegni: Piccatto (42)

Uscita: settembre 2005


lunedì 24 novembre 2025

Dylan Dog #227 - Istinto omicida

 

Joe Storm è il conduttore del più seguito talk-show televisivo di tutta l'Inghilterra. Quello che i telespettatori non sanno è che Storm ha un hobby segreto: vivisezionare chiunque riesca a risvegliare in lui una accecante sete di sangue! Dopo ventisei barbare esecuzioni,, Storm viene scoperto, arrestato e condannato all'ergastolo, per poi morire misteriosamente nella cella in cui era rinchiuso. Ma quando un altro assassino inizia a mietere vittime seguendo lo stesso stile del serial killer scomparso, Dylan entra in azione per scoprire se Joe Storm sia davvero tornato dall'Aldilà...

L’usato sicuro su Dylan Dog non è mai mancato. Il riciclo di idee, situazioni, personaggi, atmosfere ed espedienti narrativi era d’altronde già una necessità quasi fisiologica all’approssimarsi dei vent’anni di vita editoriale della serie, soprattutto per gli autori meno in sintonia con il protagonista oppure per quelli eccessivamente prolifici. Laddove non si è tradotto in una mera imitazione, questo recupero ciclico non è di per sé un male. In quest’albo Masiero ci presenta un killer che ha molto in comune con Killex, esplicitamente citato con tanto di richiami ai nn.  80 e 129, e che quando entra in azione sfodera il look dell'Uomo Invisibile del mitico n. 19. Anche nel prologo, il ricorso “al fumetto nel fumetto” è qualcosa di già visto e l’andamento della sceneggiatura, con il suo oscillare tra possibili colpevoli, fa venire in mente soluzioni simili viste in altri albi. Ma al netto di questa scarsa originalità, la storia regge e se funziona lo fa principalmente grazie ai disegni di Casertano che con il suo tratto, se pur a volte tendente al caricaturale, riesce a trasportare il lettore “ai bei vecchi tempi”.  Il suo modo di rappresentare il sangue, denso, scuro e le armi da taglio è riconoscibilissimo ed è rimasto sostanzialmente intatto, nonostante l’evoluzione progressiva del suo stile. Notevoli tutte le tavole finali, dall’arrivo di Dylan al capannone in poi, con il ritrovamento del cadavere in formalina, il particolare delle labbra e l’oscurità che avvolge i personaggi. Il Giampo, però, non può nascondere i difetti. Troviamo qui un Groucho quasi inutilizzato e un Jenkins al minimo storico (penose le battute che lo coinvolgono). Il fatto che Joe Storm sia un presentatore televisivo non ha la benchè minima rilevanza nella vicenda se non per la sequenza dell’incubo di Dylan, ripresa anche nella bruttissima copertina di Stano. Il motivo per cui Dylan, che peraltro non risolve il caso, dubita del video in cui è stata registrata la morte di Storm è quanto mai opinabile: ok che le telecamere erano molteplici, ma ognuno sarà stata collegata a un monitor e a una propria registrazione, o forse Dylan si aspettava un nastro sottoposto a montaggio analogico come fosse un film?? Il finale amaro, che omaggia platealmente Seven (o Se7en, se preferite) di David Fincher, risulta invece azzeccato.

Puro mestiere, ma tutto sommato piacevole.

Curiosità: (1)Casertano si regala un ennesimo cameo a pag. 71, penultima vignetta. (2)A pag. 58 Martha fa ascoltare a Dylan il brano Good Woman di Cat Power. (3)Si rinnova la campagna dylaniata contro l’abbandono degli animali anche per l’anno 2005 con un bel disegno di Nicola Mari pubblicato nell’Horror Club (inedito).

BODYCOUNT: 6 (+26 già precedentemente uccisi da Joe Storm)

TIMBRATURA: Sì (1, Martha)

CITAZIONE: “All’inferno! E’ lì che andrò amico mio. Ma tu perché non mi precedi? Non è poi tanto male laggiù, sai?”.

VOTO: 6,5

Soggetto: Masiero (3)

Sceneggiatura: Masiero (3)

Disegni: Casertano (29)

Uscita: agosto 2005