Essere liberi, mentre il tempo scorre... Liberi da tutto, da ogni legge e regola, da ogni realtà, da ogni opprimente frammento di vita. Intorno a Dylan, il mondo impazzisce, mentre i sogni di libertà si mutano in mostri di vendetta.È un viaggio dentro gli stati più profondi della mente quello che l'Indagatore compie insieme alla bella Sinead. Un viaggio in una perfetta, eterna allucinazione…
Secondo capitolo della c.d. “trilogia dello spazio-tempo”, dedicato stavolta al tempo, nonchè sottovalutatissima storia di Chiaverotti, che personalmente reputo invece tra le top 3 della sua produzione dylaniata. Il soggetto è liberamente ed esplicitamente ispirato a Stati di allucinazione, film di Ken Russell del 1980, con l’aggiunta del la geniale idea del loop temporale, abbondantemente prima che divenisse di moda nei film e nelle serie TV come negli ultimi anni, e di numerosi riferimenti alla “Zona del crepuscolo”. Grazie al soggetto molto particolare, Chiaverotti può muoversi liberamente tra omicidi a ritmo di metal, trasformazioni, allucinazioni e deliri, infarcendo la sceneggiatura di una pioggia torrenziale di citazioni e omaggi senza precedenti, ma egregiamente inserite nel contesto. Tra le tante frasi “celebri”, quella più suggestiva è “Le illusioni sono i sogni del demonio”, che dovrebbe essere inedita e quindi attribuibile allo stesso Chiaverotti. L’orrore per la vita che si ripete uguale all’infinito è invece un tema classicamente sclaviano, che l’autore torinese stavolta fa suo. La voglia di sfuggire dalla banalità dell’esistenza, dalla ripetizione dei giorni tutti identici è il comune denominatore, non solo metaforico, che lega tutti i personaggi coinvolti nella vicenda, compreso il nostro Dylan, che più volte, anche in passato, ha auspicato l'esistenza del soprannaturale e dell'incubo come liberazione dalla noia quotidiana. Forse è questa anche la natura del legame tra lui e Sinead, il "richiamo", che rimane la parte più debole della trama. Si inserisce perfettamente, in quest’ottica, anche il finale che ridà uno slancio onirico alla vicenda dopo che la soluzione del caso aveva riportato i lettori coi piedi per terra. Vero fiore all'occhiello dell’albo è però La persistenza della memoria, il quadro di Dalì omaggiato anche nella copertina di Stano, che prende vita con l’inedito spettro del personaggio mai dipinto. Da segnalare il cameo “cartoonesco” di Wells. Roi qui divino, nonostante l’ambientazione quasi esclusivamente diurna a lui non proprio consona. Un’ ottima storia, a mio giudizio la migliore della "trilogia dello spaziotempo".
Curiosità: (1)Il Bafometto raffigurato sulla copertina del disco che compare nell’albo non corrisponde all’iconografia classica di questo demone esoterico. Non so, invece, se la scritta Baphomet si riferisca al titolo dell’album o alla band. Nella musica metal è un nome che ricorre spesso sia come titolo di canzone che all’interno dei singoli testi, ma non ho trovato corrispondenze specifiche con la cover realizzata da Roi, pertanto potrebbe essere farina del sacco di Chiaverotti. (2) Dopo il n. 42 si torna a nominare l’Istituto demoscopico Statis. (3)Nella post dell’inedito viene annunciata l’uscita di una marea di nuovi gadget e oggettistica a marchio Dylan Dog, tra cui gli stickers.
BODYCOUNT: 0 (7 in sogno)
TIMBRATURA: Sì (1, Sinead)
CITAZIONE: “Incubo, sì.. una giornata vuota e inutile, ripetuta all’infinito. Conoscete un orrore più grande?”
VOTO: 8,5
Soggetto: Chiaverotti (9)
Sceneggiatura: Chiaverotti (9)
Disegni: Roi (14)