sabato 31 ottobre 2020

Dylan Dog #24 - I conigli rosa uccidono

 

Un'incudine lanciata dal decimo piano, un candelotto di dinamite, uno schiacciasassi... Che razza di assassino può usare armi simili? Una catena di omicidi bizzarri si stringe intorno alla Sandy Sidney, potente multinazionale dei cartoon e il colpevole continua a scivolare tra un fotogramma e l'altro, incorporeo come… un cartone animato!

Primo soggetto interamente non Sclaviano, I conigli rosa uccidono deve buona parte delle sue fortune al titolo geniale, alla copertina cartoonesca e ai disegni di un Piccatto ispiratissimo nel rappresentare le folli imprese dello "schiacciateste". C'è poi l'inedita parte nel mondo dei cartoni animati o meglio sarebbe dire, anticipando il sequel, nel paese delle ombre colorate, realizzata con il fondamentale contributo di Cesare Valeri. A Mignacco va riconosciuta l'originalità dell'idea, una gestione molto buona della componente umoristica, non solo affidata al solito Groucho ma anche a un Dylan particolarmente brillante e ironico, e la creazione di un personaggio, Pink Rabbit, che ha saputo rimanere, a suon di motosega, nel cuore dei lettori. Questo #24 può essere infatti anche considerato il primo capitolo di una vera e propria mini-saga all’interno della serie. La sceneggiatura scorre sui binari della tradizionale trama gialla con piccolo colpo di scena finale, anche se la soluzione del caso non convince del tutto, forse perché viene lasciato volutamente il dubbio che alcuni dei delitti potrebbero essere stati in effetti commessi dal Coniglione rosa. Divertenti e ben orchestrati gli omicidi che richiamano alla memoria le disavventure del simpatico Wile E. Coyote; spicca su tutti la lunga sequenza della morte di Frank Barkers ambientata nel palazzo in costruzione. Abbastanza improbabile la stretta collaborazione Scotland Yard-Dylan Dog nella gestione del caso. Dylan e Bloch sono quasi sempre assieme, solo che a progredire nelle indagini e a scoprire il colpevole è il buon ispettore, mentre il nostro indagatore non fa sostanzialmente nulla a parte broccolare la vedova Barkers e (SPOILER)fare a pezzi, inconsapevolmente, l’assassino (FINE SPOILER). Il soggetto non pare avere debiti da Chi ha incastrato Roger Rabbit?  (di cui Pink Rabbit sembra il cugino cattivo) Il film di Robert Zemeckis, campione di incassi nel 1988, uscito in Italia a fine anno, anche se la citazione della ACME farebbe ipotizzare il contrario. Anche se Mignacco fosse andato a vedere la prima in USA il 22 giugno, non ci sarebbe stato comunque il tempo materiale di realizzare l’albo e distribuirlo nelle edicole a fine agosto. A meno che abbia letto il romanzo, che però è inedito in Italia. Rimane una bella coincidenza e il film farà comunque da spunto, grazie al personaggio di Jessica Rabbit, per il sequel apparso sul n. 107. E’ evidente, invece, la critica della violenza propinata, senza filtri, dalla televisione; mezzo pericoloso in quanto accessibile a tutti. Superbo, come già detto, il lavoro di Piccatto che ci regala anche un Bloch più smagrito del solito. L’unico piccolissimo neo è la quarta vignetta di pag. 24 in cui non si riesce a capire bene la dinamica della risalita di Pink Rabbit sulla trave d’acciaio. Ma è il classico ago nel pagliaio. Il resto è egregio.

In conclusione, uno degli albi migliori di Mignacco, anche se i meriti vanno divisi come detto in premessa.

Curiosità: (1)Per la prima volta Dylan afferma di odiare i computer.  (2)Bloch chiama Dylan “vecchio”, ma non ancora “old boy”. In compenso il galeone continua a essere definito “veliero”. (3) Vengono citati i casi che il nostro ha risolto nei n. 12 e 15. (4) Sidney, il cognome del produttore di Pink Rabbit, è l'anagramma di Disney.

BODYCOUNT: 6

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Il mondo degli uomini di carne non è fatto per gli eroi di carta..”

VOTO: 8

Soggetto: Mignacco (1)

Sceneggiatura: Mignacco (2)

Disegni: Piccatto (4) e Valeri (1)

venerdì 30 ottobre 2020

Dylan Dog #23 - L'isola misteriosa


 

Isola di Egg, l'uovo del mondo... Circondato dai flutti, lontano dal rumore della terraferma, vive un mistero della vita. Chi sono gli uomini-animale, le pazzesche chimere che abitano quella scheggia di roccia in mezzo al mare? Quali mostruosi esperimenti conduce l'inquietante dottor Lancaster? Per scoprirlo, Dylan Dog deve alzare gli occhi al cielo: duecento miliardi di stelle illuminano la notte, e forse una di loro è caduta tanto tempo fa… sull'isola di Egg!

Pura poesia, dal prologo all'epilogo (che sono di fatto una trasposizione del racconto Fiori per Algernon di Daniel Keyes), passando per citazioni più o meno esplicite  e sfondi gotici, immersa in un'atmosfera lunare dolente. Nell’incipit, al posto dell’inserviente Charlie dell’opera di Keyes, troviamo il contadinotto Stephen disegnato a immagine e somiglianza del personaggio interpretato da Stephen King  in Creepshow di Romero, da cui viene mutuata anche l’idea del meteorite. La parte centrale della storia si rifà, invece, direttamente al romanzo di H.G. Wells L’isola del Dr. Moreau, omaggiato a più riprese. Mentre però l’intento dello scrittore britannico, al di là del contesto fantascientifico della vicenda, era quello di criticare la società in cui viveva e al conflitto scienza-morale, quello di Sclavi è di portare avanti la sua tematica del disagio esistenziale: in questo caso, la consapevolezza della mortalità e le domande sul significato della vita come fonte dell'infelicità umana (“il pensiero non può capire sé stesso[..] la consapevolezza di vivere e pensare è atroce se ti assale all’improvviso”). Anche il personaggio di Lancaster appare molto più complesso e controverso di quanto non sia il Dr. Moreau nel libro: divorato dall’angoscia di vivere e pensare, tra profezie evangeliche (“In verità vi dico..”) ed esperimenti sui propri simili destinati a rimanere inspiegati. La tematica animalista resta comunque sfumata o, in ogni caso, in secondo piano. Ancora una volta Sclavi è il cantore dei diversi, trattati con delicatezza e rispetto, senza futili moralismi, né retorica o ruffianaggine. Del tutto logica, dunque, la reazione di Dylan, che non avrebbe mai ucciso in perfetta coerenza con il suo personaggio, al salvataggio da parte di Groucho. A non essere credile, forse, è la sottotrama del tradimento di Robin e Groucho, anche se non viene mai esplicitamente ammesso che si sia consumato davvero e che magari sia stato Dylan ad equivocare. Dopo Cagliostro, altro viaggio in nave piuttosto traumatico per il nostro indagatore dell’incubo e non solo a causa del mal di mare. Il finale è derivativo sì, ma riesce comunque ad essere toccante. Per quanto riguarda i disegni, Ambrosini meraviglioso alla luce (è il suo pane) e sorprendente al buio. Il suo tratto è perfetto nel rappresentare la malinconia sui volti dei personaggi. A pag. 59 (ultima vignetta) si fanno le prove generali per una rivisitazione del Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo, che anni dopo, rielaborato e disegnato da Stano, verrà ospitato per lungo tempo nel frontespizio a pagina 3. La copertina al chiar di luna quasi non sembra di Villa, tra le sue meno riuscite a mio gusto.

Annata splendida e irripetibile il 1988 per Dylan Dog.

Curiosità:  (1)nell’arcipelago delle Ebridi in Scozia esiste davvero un’isola con un nome simile, ma si chiama Eigg, mentre l’isola di Egg più famosa si trova vicino all’Alaska. (2) Dopo parecchio tempo Dylan torna ad aggiornare il diario. (3) Dylan afferma di avere un solo vizio, quando capita. Abbastanza scontato intuire a cosa si riferisca. Non era ancora il “perennemente innamorato” all’epoca.

BODYCOUNT: 1

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “C’è chi dice che veniamo proprio di là, dalle stelle.. e forse là torneremo.. Sapete che dall’inizio dell’umanità si calcola siano morte duecento miliardi di persone?.. E guarda caso, sembra che duecento miliardi sia anche, più o meno, il numero delle stelle in cielo.. Son cose che danno da pensare, queste..”.

VOTO: 9

Soggetto: Sclavi (25)

Sceneggiatura: Sclavi (21)

Disegni: Ambrosini (2)

mercoledì 28 ottobre 2020

Dylan Dog Special #2 - Gli Orrori di Altroquando

 

Quali sono i confini dell'orrore? Non puoi saperlo prima, devi lanciarti in una folle esplorazione e scoprirli un poco alla volta. Se arrivi fin nello spazio, potresti incontrare uno strano, piccolo pianeta che può aiutarti. Si chiama Terra ed è abitato da creature che con l'orrore hanno una speciale confidenza. Ascolta le loro storie: voci senza corpo, ritorni dalla morte, vampiri e mostri. E se tutto questo non ti basta, non preoccuparti: per la tua ricerca ci sarà sempre un altro "dove" e un… Altroquando!

Secondo speciale dylaniato con allegato il secondo volumetto dell’Enciclopedia della Paura, dedicato questa volta al Diavolo. Ritorna la formula a episodi, già sperimentata con successo nel Club dell’Orrore. Cambia però la location della cornice: non più l’accogliente salotto della sede del club, ma un misterioso palazzo sperduto nel cosmo dove a raccontare le storie è il simpatico Azazelo a uso e consumo del suo monarca popputo (Dio?). Il filo conduttore stavolta è proprio.. Dylan Dog. E' grande Fumetto, capolavoro creato da mente e mani di due giganti, Sclavi e la guest star Attilio Micheluzzi, prematuramente scomparso un paio d’anni più tardi. Il lavoro del disegnatore nato in Istria, che firma qui la sua unica opera dylaniata (escludendo l'unica tavola realizzata per l'albetto Femmine Fatali*), è un valore aggiunto inestimabile, anche se il suo stile molto particolare ha reso inviso a molti lettori questo Speciale. Io, invece, non riuscirei a immaginarlo disegnato da altro autore. Tavole e sceneggiatura mi ricordano, per certi versi, anche il fumetto horror degli anni ‘60-‘70, tipo Creepy, non so se per omaggio voluto o mia idea. Sclavi ci regala 8 gemme in cui ritroviamo tutti i suoi temi caratteristici: la teoria del “multiverso”, il rispetto per il “diverso/deforme”, il concetto dei “mostri siamo noi” e l’angoscia esistenziale che qui tocca vette di pessimismo (e nichilismo) assolute, in particolare nell’episodio conclusivo ..la Fine? con il monologo della Morte che cito integralmente più sotto. Morte che non ama e non odia, ma fa il lavoro alla quale è destinata, un caposaldo sclaviano di cui Bilotta farà tesoro nella sua saga del “Pianeta dei morti”. Il nichilismo o più corretto sarebbe dire l’impermanenza la troviamo anche in La voce (“ecco.. sento già la fine.. e in questo momento perde significato la mia esistenza anteriore.. e come se non fossi mai vissuto, e avessi ora la coscienza atroce di non essere..”) la cui origine è rinvenibile nel romanzo Tre dello stesso Sclavi. La sfiducia cosmica verso il genere umano la fa da padrone, invece, nello splendido Patto con il Diavolo in cui non solo scopriamo che il demonio non è così brutto come lo si dipinge ma è addirittura inutile visto che sono gli uomini stessi a distruggersi tra loro e a rovinare il mondo, tant’è vero che “diavoli non si nasce.. si diventa”. L’episodio più celebre è però Ghor, trasposizione fumettistica del racconto Nato d'uomo e di donna del mai troppo lodato Richard Matheson, che Sclavi ha omaggiato in più occasioni. Commovente da star male, personalmente ora che sono padre, l’ho trovato ancora più crudele e allo stesso tempo toccante rispetto alle precedenti letture. Il piccolo Ghor diventerà un po’ il simbolo dylaniato di tutti i “diversi” rifiutati dalla società, tanto da guadagnarsi per lungo tempo un posto d’onore nella cover di pagina 3 degli albi della serie regolare. Meno ambiziose e più grottesche le restanti storie, che intrattengono e divertono contribuendo (assieme alla cornice) a spezzare il mood negativo del resto dello speciale. In La notte nella casa dei fantasmi (in cui intravedo un piccolo omaggio a Shining) troviamo un imprevedibile capovolgimento di fronte, o se vogliamo di prospettiva, stratagemma subito riproposto nel successivo Zombi!, in cui viene citato dopo parecchio tempo anche Xabaras. In Ritorno dalla morte si respirano echi “hitchockiani” immersi in una volutamente esagerata e massiccia dose di splatter; qui Dylan afferma che i suoi genitori litigavano sempre, ma considerata la natura surreale che permea tutti gli episodi, è una frase che lascia il tempo che trova. Plenilunio, infine, è la storia più classica del lotto, ma anche quella che mi dice meno.

Tra le tante chicche di questo speciale mi piace ricordare il cameo di Tom Savini e la sceneggiatura "in tempo reale" sullo schermo del computer di Stephen Maze in La voce.
Della copertina, questa volta squarciata da una scheletrica mano armata di coltello, non mi ha mai convinto del tutto Dylan in primo piano, ma tant'è, il prodotto finale è ottimo, da 10 e lode.
Consiglierei di leggerlo anche nella versione gigante cartonata Mondadori: Micheluzzi a colori e con tavole più grandi, non solo non sfigura ma rende ancora di più.

Curiosità: (1) Viene citata qui la stessa formula di evocazione del demonio utilizzata nel #6. (2) La Morte ricorda ancora una volta a Dylan (era già accaduto nella doppia Il castello della Paura/La dama in nero) che si sarebbero rivisti dopo il loro primo incontro del #10.  

BODYCOUNT: 6

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Tra miliardi di anni l’universo fosse cesserà di espandersi, comincerà a contrarsi e tornerà in sé stesso, fino a un nuovo Big Bang iniziale.. O forse no, forse le galassie continueranno ad allontanarsi l’una dall’altra.. non si formeranno più nuove stelle e quelle vecchie una a una si spegneranno .. E le molecole di ogni corpo vagante si disgregheranno allontanandosi a loro volta una dall’altra, e così faranno le particelle di ogni atomo, i protoni decadranno in raggi gamma e positroni, i quali si annichiliranno con gli elettroni, trasformandosi in altri raggi gamma.. finché resteranno radiazioni che nessuno capterà, sempre più deboli, sempre più lontane.. e poi più nulla..”

VOTO: 10

Soggetto: Sclavi (24)

Sceneggiatura: Sclavi (20)

Disegni: Micheluzzi (1)

(*)Si ringrazia il sempre attento Leprecano per la segnalazione

martedì 27 ottobre 2020

Dylan Dog #22 - Il tunnel dell'orrore

 

Clint Callaghan non è pazzo. Non del tutto, per lo meno. I suoi fili sono tirati da un burattinaio invisibile che gli ordina di uccidere senza pietà e senza scopo. Ora l'esercito lo assedia e la sua vita è al capolinea... Soltanto Dylan Dog può aiutarlo a scoprire cosa si nasconde nel suo passato di orfano. È un tunnel pieno di ombre quello in cui l'Indagatore deve infilarsi, un tunnel di orrori che porta dritto a una sua vecchia conoscenza: il professor Hicks!

Non tra le mie preferite del primo triennio ma indubbiamente una buona storia. Il titolo “hooperiano”, salvo la location, è fuorviante, come a volte accadeva nei primi anni di vita dell’indagatore dell’incubo. Il soggetto è in realtà debitore del film (e dell’omonimo romanzo di Ira Levin) I ragazzi venuti dal Brasile (1978) di Franklin J. Schaffner. Nell’albo, al posto del diabolico Dr. Mengele, abbiamo il Professor Hicks che ritorna dopo il #14, quasi in sordina senza rullo di tamburi, riuscendo a uscirne pulito anche stavolta. Dylan grida vendetta, si spinge addirittura al tentativo di sparare a Hicks ma, anche se sporadicamente rivedremo ancora il malvagio luminare in futuro, non si è mai arrivati, finora almeno, a una vera resa dei conti nella serie regolare. Sclavi si destreggia bene nella gestione del classico assedio al sequestratore, anzi per bocca di Bloch si prende anche gioco dei cliché della situazione. Bloch che giganteggia sia come negoziatore che nel confronto con il fanatico e stereotipato generale Duval che si mostra più pazzo di chi dovrebbe combattere. Per la prima volta emerge prepotentemente nella serie il sentimento antimilitarista sclaviano. Dylan attivissimo, risolve il caso in pochissimo tempo ma arriva sempre al dunque quando ormai è troppo tardi. Personaggio riuscito quello del giovane e tormentato Clint Callaghan, il cui nome omaggia il grande Eastwood e il celebre ispettore dallo stesso interpretato. Come se non bastasse, scopriamo subito che i suoi genitori gestiscono un’armeria, giusto per fugare qualsiasi dubbio sul fatto che il suo destino preveda l’uso massiccio di armi da fuoco. Nella sua rappresentazione intravedo qualcosa anche di Charlie Decker, il protagonista del romanzo Ossessione di Stephen King/Richard Bachman. La sceneggiatura soffre di qualche sbavaturina. Possibile che in un luna park, a ora tarda (quasi mezzanotte) ci siano ancora in giro bambini di cui uno da solo? Dopo l’aggressione dell’infermiere di Hicks, Dylan non dovrebbe avere il polso fratturato? Quando lascia l’ospedale non sembrerebbe avere problemi invece. Il personaggio di John ricorda, infine, Otto del #3, per essere (fin troppo) deus ex machina nel salvataggio di Dylan, anche se giustificata nell’ottica della poetica sclaviana del “diverso”. Per quanto riguarda i disegni, il lavoro di Montanari&Grassani è nettamente superiore a quello dell’albo precedente: pirotecnici con la strage al luna park, tenebrosi e sinistri negli interni del tunnel dell’orrore.  La mia scena preferita rimane quella della suora in fiamme che prelude all'incendio finale.

Curiosità: (1) Nell’albo scopriamo che Hicks ha 47 anni. Per come è stato disegnato, sia da Picatto che da M&G, lo facevo decisamente più anziano. (2) Si perpetua qui la “leggenda”, così come accaduto nel numero precedente, che Dylan sarebbe morto oltre 300 anni prima. (3) E’ la prima volta nella serie regolare che un disegnatore (anche se M&G sono una coppia) realizza le tavole di due interi albi consecutivi che non sono storie "doppie". (4) A pag. 40 il generale Duval chiama Dylan “Dailan”, come Bree Daniels.

BODYCOUNT: 21

TIMBRATURA: No

CITAZIONE: “Oh sì ricordo la mia morte.. E ricordo anche il “dopo”.. quel “dopo” che non esiste, perché non c’è niente, niente dopo la morte!.. O forse sì?.. Forse c’è l’eternità.. una lama nel buio..”

VOTO: 7,5

Soggetto: Sclavi (23)

Sceneggiatura: Sclavi (19)

Disegni: Montanari&Grassani (7)

lunedì 26 ottobre 2020

Dylan Dog #21 - Giorno maledetto

 

Il rombo di un motore nella campagna, la morte indossa i panni di un motociclista mascherato. C'è uno sguardo rabbioso dietro i suoi occhiali e un genio dell'omicidio si muove tra le sue dita. Hazel Dove è tormentata da sanguinose premonizioni, forse sa di essere la prossima vittima. Sa di essere il bersaglio di un'atroce vendetta, di aver nascosto in fondo alla mente la memoria di un… giorno maledetto!

Albo che segna l’esordio di Marcello Toninelli sulle pagine dylaniate e che ho rivalutato solo con le ultime riletture. In precedenza lo consideravo mediocre per l’eccessiva dipendenza dai modelli di riferimento ovvero i film francesi  La sposa in nero (1968) di Francois Truffaut e Una giornata spesa bene (1973) di Jean- Louis Trintignant. Da quest’ultimo (accreditato nel Club dell’orrore in seconda di copertina a differenza della pellicola di Truffaut), oltre al concept della vendetta sono stati ripresi il sidecar e il look da pilota indossato nell’albo dal killer. Non mi avevano convinto e ancora non mi convincono neppure i disegni del dinamico duo Montanari&Grassani, decisamente poco particolareggiati e più anonimi e “frettolosi” rispetto ai primi numeri da loro illustrati. Probabilmente questa realizzazione meno soddisfacente è dovuta alla massiccia produzione del periodo, visto che, considerando anche quello immediatamente successivo, i due veterani avevano disegnato ben sei albi su 22 usciti fino ad allora (e 5 degli ultimi 15, ovvero 1/3 delle uscite per la serie regolare).  Tuttavia, Il lavoro finale si attesta su livelli più che sufficienti, grazie alle scene splatter (su tutte quella della morte di Sorensen) per le quali M&G si sono sempre particolarmente distinti. Dove risiedono allora i pregi di questa storia? Innanzitutto l'escamotage della morte di Dylan, per quanto assolutamente non credibile nelle serie potenzialmente “infinite” come quelle Bonelli, è interessante per scoprire le reazioni degli altri comprimari: Bloch con risolutezza, Groucho molto, forse troppo, dimesso. C'è poi lo sclero di Dylan all'agenzia di pompe funebri, reazione esagerata, anche un po’ ingiustificata, ma umana. Il nostro non era comunque nuovo a scatti d'ira o incazzature a bestia, abbastanza frequenti nei primi numeri e oggi praticamente scomparsi. Tira fuori anche la sua miglior faccia da schiaffi (in senso letterale) nell’innamoramento lampo nei confronti della cliente di turno che non sembra esattamente il suo tipo. Lui stesso ammette, tra sé e sé, di non essere così sicuro dei suoi sentimenti (forse per l’orribile cappellino a busta indossato dalla bella manager?), salvo poi rischiare, evviva la coerenza, un viaggio aereo solo per incontrarla nonostante la paura ormai conclamata per il mezzo. A fronte di un soggetto così derivativo poi, la sceneggiatura è ben cadenzata e soprattutto riesce a supplire alla prolungata assenza dalle scene del protagonista. C’è anche un pizzichino di soprannaturale con le visioni di Hazel, che però altra funzione non hanno se non di apparecchiare il contro finale, bello e inatteso. Lo definirei quasi “chiaverottiano”. Apprezzabile anche la copertina (fuorviante) di Villa che omaggia Ai Confini della realtà.

BODYCOUNT: 48

TIMBRATURA: No

Curiosità:  Come già accaduto e come accadrà ancora nei primi anni di vita editoriale dell’indagatore dell’incubo, Montanari&Grassani disegnano Groucho con i pantaloni a righe e le scarpe anziché gli stivali.

CITAZIONE: “L’ho capito quando mi hai chiamato la prima volta, che oggi sarebbe stato un giorno maledetto

VOTO: 7

Soggetto: Sclavi (22)/Toninelli (1)

Sceneggiatura: Toninelli (1)

Disegni: Montanari&Grassani (6)