lunedì 1 gennaio 2024

In edicola: Dylan Dog #448 - Anatomia dell'anima

 

C’è Harry, che sembra vivere al di fuori del tempo; c’è un sicario dall’inaudita ferocia, che miete vittime per le strade di Londra; c’è Lila, che è convinta di essere la sua prossima vittima... e c’è Dylan, che si è messo in testa di poterla proteggere. Una storia struggente, di orrore e di sentimenti, ambientata in quel confine dell’esistenza in cui per i sentimenti non dovrebbe esserci posto.

Da quest’anno, come avevo preannunciato tempo fa, proverò a commentare le ultime uscite dylaniate in edicola, oltre ovviamente a proseguire il mio percorso storico, giunto ormai alle soglie del 2000. Avvio quest’iniziativa come un esperimento che potrebbe anche finire nel nulla già da domani. La recensione che segue è totalmente no spoiler.

Con Anatomia dell’anima si conclude la trilogia idealmente dedicata all’Intelligenza Artificiale, partita un paio di mesi fa con il n. 446 L’altro lato dello specchio e proseguita con il n. 447 Hazel la morta. Si tratta di tre albi autoconclusivi che si possono gustare tranquillamente in maniera indipendente l’uno dall’altro, dal momento che ciò che li lega è il tema, declinato in tre modi altrettanto differenti. Ero molto curioso per il debutto di Alessandro Russo sulla serie regolare, perché è un autore che nelle sue storie apparse sull’ Old Boy (in particolare nella notevole Il diavolo in paradiso, pubblicata su OB n. 18) ha dimostrato di avere una buona padronanza del personaggio e di saperlo raccontare in maniera interessante. Le mie attese non sono rimaste deluse perché ho riscontrato queste qualità e questa sintonia anche nel suo esordio sulla testata ammiraglia. In particolare ho apprezzato moltissimo ritrovare l’ironia di Dylan che sembrava essersi esaurita da parecchi anni e spero venga mantenuta anche nei prossimi numeri. Per quanto riguarda la storia, l’incipit richiama in effetti il giallo all’italiana come suggerito da Baraldi nell’editoriale di apertura, che giustamente menziona Bava, Argento e lo Sclavi di Memorie dall’invisibile, un omaggio puramente formale legato al look dell’assassino, al rituale dell’arma bianca e all’efferatezza degli omicidi, piuttosto che ai contenuti della trama. D’Altronde Russo decide di giocare a carte scoperte fin da subito, già dal cognome della prima vittima sparato in bella vista nella seconda vignetta di pagina 2, tenendo però nascosti un paio d’assi nella manica. Se si intuisce il riferimento, sarebbe anche facile concludere come questo n. 448, almeno come base di partenza, sia di gran lunga il meno moderno del trittico dedicato all’AI; tuttavia questo materiale un po’ retrò viene plasmato e attualizzato per poter essere adattato alla società in cui viviamo oggi, rimanendo al contempo legato ai classici tòpoi dylaniati. Russo gestisce bene tutti i personaggi - protagonisti, comprimari e comparse - e le loro interazioni, scandendo bene i tempi della sceneggiatura e divertendosi a “giocare” con il lettore. Non c’è nulla di veramente nuovo, come ammette lo stesso Dylan a pag. 27 (“Persone che scompaiono e ritornano cambiate… ho già affrontato casi simili, in passato…”), ma ciò che davvero importa è che è raccontato bene. Non posso nascondere di essermi un filino afflosciato nel finale con il richiamo a un vecchio, mitico, albo e con il sorprendente ritorno di un certo personaggio. Intendiamoci, si tratta di espedienti assolutamente giustificati, che ci stanno appieno nell’economia della storia, ma che mi sono sembrati ridondanti e (magari sbaglio) messi lì per rafforzare l’operazione nostalgia che Baraldi sembra voler portare avanti da quando ha assunto l’incarico di curatrice. Passando ai disegni, trovo azzeccatissima la scelta di Gerasi per un albo che fa leva sulle emozioni. Nell’attuale roster dylaniato, non credo ci sia un disegnatore che meglio di lui sappia far trasparire i sentimenti dei personaggi non solo dalle espressioni del viso, ma anche attraverso la gestualità e gli sguardi. Forse alcune volte esagera (la tristezza per il destino dei pesci rossi, anche se l’effetto buffo è probabilmente voluto), ma la sua tecnica risulta estremamente efficace in questo senso. Si parla spesso di vita e vitalità nella sceneggiatura e lui riesce a comunicarla attraverso i sorrisi di Lila, dando vita a un’altra grande storia d’amore per Dylan (come di recente fatto nello Speciale n. 37), ma stavolta con una “ragazza della porta accanto”. Una relazione fatta di cose semplici, fondata semplicemente sullo stare assieme, in cui tutti più o meno possiamo ritrovarci. Trovo infine molto accattivante la copertina dei Cestaro che attraverso l’occhio di un novello “Hal 9000” si riallaccia all’omaggio all’Italian Giallo di cui parlavo prima, citando la locandina dell’edizione francese di Quattro mosche di velluto grigio di Argento e proseguendo così la linea già tracciata con la cover del precedente Hazel la morta ispirata alla locandina di Shock di Mario Bava. L’impostazione richiama indirettamente alla mente anche quella della collana di narrativa “Il giallo Mondadori”, virandone lo sfondo sul nero.

In estrema sintesi, una piacevole lettura e il miglior albo del trittico dedicato all’Intelligenza Artificiale.

BODYCOUNT: 5

TIMBRATURA: Sì (1, Lila)

CITAZIONE: “Anche le piccole cose hanno un’anima... e siamo noi a donargliela.”

VOTO: 7,5

Soggetto: Alessandro Russo

Sceneggiatura: Alessandro Russo

Disegni: Sergio Gerasi

Uscita: Gennaio 2024


 

5 commenti:

  1. Ti leggerò volentieri (tra l’altro, di queste schede leggerò anche la trama, cosa che di solito non faccio): spero che continuerai l’esperimento 😃 !

    Adoro le copertine dei Cestaro!

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    1. E io che pensavo non ti interessassero le ultime uscite! Bene, magari ti invoglio a tornare a leggere anche quelle! Comunque buon anno! 😀

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    2. Buon anno anche a te 😃 !

      La voglia di tornare in edicola già c’è, ma il prezzo mi frena. Credo che farò eccezione per casi particolari, come “La Dama Bianca” e “I racconti di domani”.

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  2. Concordo, il migliore della trilogia come storia. (Per i disegni invece la tripletta inedita Nizzoli/Mari e il divino Furno’ nel 446 e Antonio Marinetti nel 447 per il sottoscritto batte a mani basse il sin troppo presente e celebrato Gerasi). Un piacere leggere anche i nuovi numeri oltre quelli passati. Spero l’esperimento continui. Buon Anno, Antonio
    Ps io trovo soddisfacente il finale e avrei concesso anche un 8, anche se non tutto mi torna (evito di dilungarmi per evitare spoiler)

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    1. Grazie Antonio! Buon anno anche a te. Per gli spoiler è un peccato che i commenti di blogger non prevedano una "tendina" per nascondere il testo. Speriamo in futuro ci pensino. Sui disegnatori anche io a mio gusto perdonale preferisco quelli che riversano fiumi di china sulle tavole, tipo Roi e Armitano. Però dipende anche dal tipo di storia.

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